"Con questa proposta vogliamo scoraggiare fortemente chi agisce in giudizio contro i giornalisti con domande risarcitorie infondate o esorbitanti. Il prezioso lavoro del cronista è irrinunciabile, non è accettabile che in alcuni casi sia pesantemente condizionato da azioni intimidatorie", ha spiegato Di Nicola, primo firmatario
È iniziata in commissione Giustizia al Senato la discussione del disegno di legge contro le liti temerarie, ovvero le querele intentate con domande risarcitorie infondate o esorbitanti, un sistema utilizzato talvolta per intimidire i giornalisti e scoraggiare la pubblicazione delle notizie sgradite. “È un’ottima notizia”, ha commentato in una nota Primo Di Nicola, giornalista e senatore del Movimento 5 stelle primo firmatario del ddl n.835 insieme ai colleghi e compagni di partito Gianluigi Paragone ed Elio Lannutti.
“Il M5s considera da sempre la libertà di stampa un pilastro del buon funzionamento della democrazia. Con questa proposta vogliamo scoraggiare fortemente chi agisce in giudizio contro i giornalisti con domande risarcitorie infondate o esorbitanti. Il prezioso lavoro del cronista è irrinunciabile, non è accettabile che in alcuni casi sia pesantemente condizionato da azioni intimidatorie”, ha spiegato Di Nicola. I dati del ministero della Giustizia mostrano poi che negli ultimi tre anni le querele per diffamazione sono state circa 6 mila, il 90% delle quali non è andata a finire da nessuna parte: archiviate prima del dibattimento.
Il ddl prevede la modifica dell’art. 96 del codice di procedura civile stabilendo che, qualora risultasse la malafede o la colpa grave di chi ha sporto querela, il giudice non solo rigetta la domanda di risarcimento ma condanna il querelante a pagare, oltre alle spese processuali, anche una somma non inferiore alla metà della cifra richiesta inizialmente. In altri termini: se (per esempio) un dirigente d’azienda denuncia un giornalista chiedendo un risarcimento di 200 mila euro, e il giudice stabilisce che la querela è pretestuosa, alla fine è il dirigente stesso a dover pagare una somma di almeno 100 mila euro. “Non è una battaglia di casta, non si tratta di tutelare gli interessi della categoria dei giornalisti – ha spiegatp Di Nicola – ma di difendere la libertà di stampa, e di ogni cittadino a essere informato. Oggi intimidire costa zero, e le liti temerarie sono uno strumento che il potere può usare, e usa, senza alcun disincentivo”.