Davide Cocchiara, 32 anni, nel 2005 supera il provino per la scuola di danza più importante d'Europa a Rotterdam e parte. "Guadagnavo il triplo rispetto all'Italia". A 30 anni si reinventa copywriter, grazie agli accantonamenti del fondo per artisti, "un tesoretto da investire in formazione". E oggi dice: "A due ore da Napoli ho scoperto un altro mondo"
“Ero terrone, omosessuale e volevo fare l’artista. Insomma, in Italia avevo tutti i requisiti per una vita di serie C. Così sono partito. Ma un giorno il mio Paese mi dovrà chiedere scusa”. Davide Cocchiara, 32 anni, vive ad Amsterdam, dove ha da poco iniziato il suo nuovo lavoro di copywriter per un’azienda di pubblicità. Ma fino al 2016 ha fatto il ballerino, il mestiere che aveva sempre sognato e che gli ha permesso di girare il mondo, ottenendo riconoscimenti prestigiosi. “Fin dagli anni del liceo, al Vittorini di Napoli, sapevo di essere gay, e sapevo che avrei voluto ballare. Ma sapevo anche di vivere in Italia, e nello specifico a Napoli: un luogo dove la vita che volevo non rientrava nel catalogo dei sogni disponibili”. Quindi, abbandonata l’università senza aver dato nemmeno un esame, nel 2005 parte per Livorno dove supera il provino per entrare alla Codarts di Rotterdam, la scuola di danza più grande d’Europa. Un percorso di quattro anni, che in Olanda è equiparato a un vero e proprio corso di laurea. “Avevo 18 anni, non sapevo cucinare, pulire un pavimento, fare la lavatrice o la spesa. Non sapevo fare nulla, perché a Napoli la sola idea di andar via di casa a quell’età è inconcepibile – ricorda -. Quando sono partito i miei avevano gli occhi pieni di lacrime. A noi piace stare con mamma e papà fino ai 30, anche se ci prendono in giro in tutto il mondo poco importa”.
Eppure Davide non si fa spaventare e sale sull’aereo per Rotterdam. “Così, appena maggiorenne, ho scoperto che a poco più di due ore di volo esisteva un altro mondo. Un mondo dove potevo essere me stesso, vivere la mia passione senza vergognarmi e i miei amori senza essere condannato”. Gli inverni sono freddi, la lingua è difficile da imparare e il caffè non è buono come a Napoli, ma non importa: “La qualità della vita la fa la qualità delle persone. Qui mi sono sempre sentito a casa, e le rare volte che qualcuno mi ha insultato perché camminavo per mano con un altro ragazzo sono stato difeso, in modo istintivo e naturale, da chiunque avessi intorno. E lo stesso ho visto succedere quando ad essere attaccata era una persona di colore”. Già un anno prima di concludere il percorso formativo Davide ottiene il primo contratto da una compagnia di Amsterdam. Da lì e per i dieci anni successivi passerà da una compagnia all’altra trasferendosi prima a Groningen, poi ad Haarlem, ancora ad Amsterdam e infine ad Anversa, in Belgio. Si esibisce in centinaia di spettacoli nei teatri più prestigiosi al mondo, fino al Brasile ed al sud-est asiatico. Nel 2013 vince il premio di miglior ballerino dei Paesi Bassi, l’anno dopo diventa critico nel suo settore per un magazine specializzato britannico. Conosce Boris, olandese, anche lui ballerino, che da sei anni è il suo compagno. “Facevo la vita che avevo sempre sognato, e guadagnavo il triplo di ciò a cui avrei potuto aspirare in Italia. Da noi l’unico modo di sfondare con la danza è fare quei programmi tipo Amici, dove ti scaraventano un quarto d’ora sotto i riflettori e se hai fortuna diventi famoso. Ma se vuoi fare il ballerino di teatro e vivere della tua passione, è meglio rinunciare in partenza”, spiega.
Dopo tanti anni senza mai fermarsi, però, i ritmi stressanti della vita di un danzatore professionista iniziano a farsi sentire. “Dopo essermi rotto un piede e fratturato una vertebra, ho iniziato a scoraggiarmi”, racconta. “Inoltre, passati i 30 anni, sei già vecchio per fare questo mestiere, come i calciatori. Diventi costoso e poco conveniente, e fatichi a trovare nuove opportunità”. Ma Davide non ha fatto l’università, non ha alcun tipo di competenza diversa dalla danza. Insomma, in Italia sarebbe abbandonato a sé stesso, inappetibile per qualunque datore di lavoro. In Olanda, però, è diverso: “Qui esiste un fondo per gli artisti, una specie di pensione in cui versiamo l’1% del nostro salario. Dopo dieci anni la somma che abbiamo accumulato viene moltiplicata dallo stato olandese, e diventa un tesoretto che possiamo investire in formazione, per imparare un nuovo lavoro”. Così Davide e Boris, insieme, si iscrivono alla sede della Miami Ad School di Berlino, la più importante scuola di advertising al mondo. Una retta di 21mila euro, interamente pagata dallo Stato olandese. “Abbiamo sempre lavorato in team: io faccio il copywriter, lui l’art director. Io penso al contenuto, lui alla forma”. Nel corso dei due anni di scuola, sempre in coppia, fanno esperienze a Londra, Copenaghen, Madrid, Barcellona. Fino a che entrambi non vengono assunti a tempo determinato da un’agenzia di Amsterdam, tornando a vivere nel Paese in cui si sono conosciuti. “Prima o poi ci sposeremo, quando saremo più stabili. D’altra parte, qui, dopo due contratti a termine il tempo indeterminato scatta automaticamente. Adottare un bimbo? Io lo vorrei, ma Boris no, almeno per ora”, racconta Davide. E tornare in Italia? “Adesso non ci penso proprio – dice ancora – la mia nuova casa è qui. Se fossi rimasto in Italia sono sicuro che non avrei fatto il ballerino, non avrei potuto vivere il mio amore con pienezza, e sarei stato meno felice. Per fortuna ho scelto un’altra strada”.