È imputato per la strage di Bologna ma ha annunciato l’intenzione di voler querelare le vittime della bomba alla stazione. Gilberto Cavallini ha scelto di comparire in questo modo per la prima volta al processo in corso davanti alla corte d’Assise del capoluogo emiliano. Barba brizzolata e occhiali, maglione beige su camicia scura, l’ex terrorista dei Nar è arrivato in aula accompagnato dai suoi avvocati Gabriele Bordoni e Alessandro Pellegrini: ha chiesto di poter usare un computer mentre hanno deposto, prima di lui, altri testimoni. Accusato di concorso nella strage che il 2 agosto del 1980 uccise  85 persone e ferendono 200, Cavallini è in regime di semilibertà a Terni.  Già condannati per la strage: Luigi Ciavardini, Francesca Mambro Valerio Fioravanti. 

La denuncia dei parenti delle vittime – L’incipit del suo intervento ha scosso l’aula di giustizia: “Mi riprometto di presentare denuncia per calunnia contro gli estensori della cosiddetta scheda Cavallini datata 22 maggio 2014, presente nel fascicolo della Procura per le falsità e le gravi accuse ivi contenute”, ha detto, leggendo in aula dichiarazioni spontanee. Il riferimento è all’esposto dell’associazione dei familiari delle vittime che ha dato il via alle nuove indagini sulla strage. Un’affermazione cha ha provocato la replica del sindaco di Bologna, Virginio Merola: “Il comune di Bologna – ha detto – è parte civile nel processo in corso contro Gilberto Cavallini e sarà sempre a fianco dei familiari delle vittime. Cavallini con le sue parole di oggi continua a offendere il sentimento di una città”. “Benissimo, se arriva la denuncia per calunnia risponderemo con i documenti. Perché noi, di solito, rispondiamo con i documenti”, ha commentato Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime.

“Non sono io il killer di Mattarella” – Secondo Cavallini, però, tra le false accuse ai suoi danni “la più macroscopica è che io sarei stato, senza dubbio, l’autore dell’omicidio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, per il quale si cerca ancora di accreditare la pista nera sulla base di una targa trovata a Torino che fin dalle premesse fa il paio con la valigia collocata sul treno dal Sismi, mentre chiunque sa che io e Fioravanti siamo stati assolti in tutti i gradi di giudizio”. Non è l’unica accusa smentita dall’imputato. Che, per esempio, ha negato qualsiasi qualsiasi rapporto con i servizi segreti. “Ma dai non scherziamo”, ha risposto l’ex Nar ai giornalisti che gli chiedevano della questione mentre lasciava il tribunale.”Ho fatto 36 anni di galera – ha aggiunto – ma cosa state dicendo”. Poi, a chi gli ha ricordato che Valerio Fioravanti durante la sua testimonianza nel nuovo processo ha detto di non “mettere la mano sul fuoco” per Cavallini in merito a suoi possibili rapporti con i servizi segreti, l’ex terrorista nero, che oggi ha 66 anni, ha risposto: “Fioravanti è meglio che la mano se la metta da un’altra parte“.

“Pista fascista dogmatica” – La difesa di Cavallini – che ha definito “una cosa umiliante” tornare in aula – è semplice: “Fin dall’immediatezza c’è stato il dogmatico convincimento che si trattasse di una strage fascista, di cui la mia presenta qua oggi è solo una tragica conseguenza. Dopo due archiviazioni, la terza richiesta di un pm colpevolista” è stata accolta “da un Gip che forse ha ritenuto troppo temerario sfidare il blocco dell’associazione dei familiari”. L’imputato ha citato più volte i parenti dei morti. “Quando sono cominciati i processi per la strage di Bologna – ha sostenuto – durante una pausa di un’udienza chiesi di parlare con il signor Secci, padre di una delle vittime e allora presidente dell’associazione familiari delle vittime, al quale rivolsi la domanda se credeva veramente fossimo stati noi gli autori della strage”, ha sostenuto- “Il signor Secci – ha proseguito l’imputato – rispose che la strage era sicuramente di matrice fascista, che noi eravamo fascisti e se anche noi non eravamo gli effettivi autori, comunque sapevamo chi era stato e perciò dovevamo essere comunque condannati. Ho citato questo episodio per ricordare una volta di più a questa Corte che ora giudica me, che fin dai primi momenti la strage del 2 agosto è stata decretata come fascista dalle informative del Sismi”, cioè da quelli che secondo alcune accuse “sarebbero stati i nostri protettori”. Secci è stato difeso da Bolognesi. “Quelle accuse che sono state fatte a Torquato (Secci, l’ex presidente dell’associazione, ndr) sono ridicole – ha detto il presidente dell’associazione dei familiari – anche perché se noi guardiamo i manifesti che l’associazione ha sempre fatto ogni 2 agosto, il fatto di inserire ‘strage fascista‘ lo abbiamo messo dopo la sentenza. Questo dà l’idea che, prima di fare una dichiarazione del genere, abbiamo aspettato la sentenza. Questo è un punto estremamente chiaro. Torquato non può né dire di sì né dire di no, è morto da un pezzo e il fatto che, adesso, venga fuori una dichiarazione del genere fa il paio con tutte le cavolate dette anche ieri in conferenza stampa da Fiore (il leader di Forza Nuova, ndr) e via di questo passo”.

“Sfido chiunque a produrre prove su rapporti con Gelli” – Le accuse di contiguità con i servizi sono un chiodo fisso per Cavallini: “Dopo l’inizio del processo è cominciato un tam tam mediatico per affermare prima che erano state trovate le prove dei pagamenti di Gelli al sottoscritto (sfido chiunque a produrle)”, e l’accusa di “essere stato un agente di Gladio e, per finire di avere avuto contatti con strani e equivoci personaggi che vanno dal cosiddetto ‘Faccia da mostro a un certo Titta. Il tutto condito con l’evocazione di un irreale e fantasioso colpo di Stato, senza mai precisare da chi, come e quando doveva essere realizzato in concreto”.

“Credo alla pista palestinese” – Ma dove si trovava l’ex Nar il 2 agosto del 1980? “Ero a Padova con Fioravanti, Mambro e Ciavardini, poi mi allontanai per incontrare un mio conoscente, detto ‘il Sub’, a cui dovevo far filettare delle armi, ma non intendo rivelare il nome. Tornai da loro dopo un’ora, un’ora e mezzo o due”. Cavallini ha negato che quell’uomo fosse Carlo Digilio – detto ‘zio Otto‘, l’armiere di Ordine Nuovo, segretario del poligono di tiro del Lido di Venezia, e di essersi allontanato da Padova quel giorno per andare proprio al lido. Una ricostruzione diversa da quella fornita da Fioravanti e Mambro che dissero che Cavallini aveva incontrato un certo ‘zio Otto’ il 2 agosto. “Conoscevo Digilio – ha spiegato l’ex Nar – aveva un nome di copertura che mi disse Roberto Raho era ‘Ottavio’, poi non sò come venne abbreviato in ‘Otto‘ o ‘zio Otto‘, credo fosse la stessa persona”. Da parte sua, comunque, l’ex Nar ha confermato che Digilio e ‘zio Otto’ fossero la stessa persona, mentre Fioravanti disse che Cavallini lo aveva sempre negato. Parlando del ‘Sub’, Cavallini ha poi aggiunto: “Andai da lui una prima volta, forse non c’era e ritornai dopo. Ci andavo in media una volta a settimana. Non ricordo se quella volta lo trovai oppure no”. Per  l’imputato, dunque, chi sarebbe il colpevole della strage di Bologna? “Credo molto alla pista palestinese e mi dispiace perché sono amico dei palestinesi”.

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