di Annalisa Dordoni *

In Trentino erano stati avviati con successo e da diversi anni dei percorsi formativi sulle pari opportunità per insegnanti, genitori e ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori. Si tratta di un’offerta formativa a cui le scuole delle città e delle valli hanno potuto accedere fin dal 2010, grazie alla collaborazione tra diversi enti: Iprase – Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa; Centro studi interdisciplinari di genere dell’Università di Trento, Commissione pari opportunità della provincia autonoma di Trento, assessorati all’istruzione.

Il 28 dicembre questi percorsi sono stati sospesi dalla giunta provinciale, che dichiara: “Si ritiene necessario verificare la piena coerenza dei contenuti educativi con le aspettative delle famiglie rispetto ai valori che la giunta provinciale intende perseguire”. Nel frattempo le formatrici sono rimaste senza lavoro. Si trattava di contratti di collaborazione ancora non in essere, ma su cui le professioniste coinvolte facevano affidamento, dato che avevano già ricevuto dall’ente preposto i moduli da compilare per attivare i suddetti contratti.

Tali percorsi hanno fornito negli anni formazione di alto livello su tematiche molto importanti, quali la violenza contro le donne, il bullismo, la disparità di genere nel mercato del lavoro e la conciliazione lavoro-famiglia, gli stereotipi che influenzano scelte formative e lavorative dei giovani, la rappresentazione mediatica delle donne. Temi trattati con professionalità da esperte e sulla base delle indagini empiriche e delle analisi scientifiche più recenti.

Questi percorsi rappresentano un’eccellenza nazionale ed europea, ed erano stati impostati fin dalla loro attivazione in conformità agli obiettivi indicati dalle Nazioni Unite e dalla Comunità europea. L’importanza di percorsi di questo tipo, infatti, non è solo sottolineata nella letteratura sociologica del settore, ma ribadita dalla normativa europea e italiana.

In tutte le convenzioni internazionali viene indicata la scuola come sede privilegiata per la promozione delle pari opportunità e contro le disparità di genere. Come indicano le formatrici in un loro comunicato, “nel 1979 la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne promossa dalle Nazioni Unite indicò nel mondo della scuola e dell’educazione un ambito cruciale”. Inoltre, le formatrici esprimono il loro stupore poiché vi sono ovviamente anche norme provinciali che indicano tali finalità, in particolare alla legge provinciale n. 13 del 18 giugno 2012, nell’articolo 9, sulla “promozione della parità di trattamento e della cultura delle pari opportunità tra donne e uomini”.

Cito qui parti di un documento che le formatrici hanno divulgato sul tema del lavoro: “Il mercato del lavoro presenta in Italia disparità di genere in termini occupazionali, contrattuali e retributivi”, “in Italia meno di una donna su due è occupata (46,1%, Eurostat 2014)”, “per le donne italiane la maternità rappresenta ancora un rischio concreto di fuoriuscita dal mercato del lavoro: il 22,4% delle madri impiegate prima della gravidanza, intervistate dopo due anni, avevano perso il lavoro (Istat 2015)”. Si tratta di questioni molto importanti, supportate da dati provenienti da fonti di certo attendibili. Queste professioniste della formazione e della ricerca sottolineano infine che “i percorsi sono finalizzati a promuovere una cultura del rispetto reciproco e delle pari opportunità tra ragazze e ragazzi, donne e uomini: un lavoro educativo per eliminare le disuguaglianze sociali (…) e per agire in termini di prevenzione culturale rispetto al fenomeno della violenza di genere”.

È noto nel mondo dell’accademia e forense che il contrasto alla violenza sulle donne può essere efficace solo se declinato in molteplici pratiche: superamento delle disuguaglianze di genere e sviluppo delle pari opportunità di accesso nel mondo del lavoro, nella scuola e nell’università; promozione di relazioni di genere fondate sull’uguaglianza e sul rispetto fin dall’età giovanile; conoscenza delle criticità attuali e delle possibili buone prassi da attuare. Queste sono oggi obiettivi centrali nelle azioni pubbliche, politiche e normative a livello europeo, soprattutto nella formazione delle nuove generazioni.

È forse necessario sottolinearlo più spesso qui in Italia, per sviluppare un dibattito che sia realmente consapevole e per renderci conto che, anzi, la dinamica è ancor più grave: in alcuni Paesi si è iniziato a ragionare sul tema e realizzare soluzioni, mentre qui si sta tornando indietro. Nel frattempo, le formatrici sperano che la giunta ritorni sui suoi passi e attivi anche per quest’anno i percorsi formativi, anche per rendere il mondo del lavoro di domani più equo.

* Sociologa, esperta di processi economici e culturali, di lavoro e questioni di genere. Assegnista di ricerca presso il dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Trento, ha conseguito il dottorato di ricerca in Sociologia applicata e metodologia della ricerca sociale presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Collabora con diversi enti per incarichi di didattica e di ricerca ed è socia della libreria e associazione culturale Les Mots di Milano.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Pensioni, arriva proroga di Opzione donna e Ape sociale. Ridotti di cinque mesi i requisiti di anzianità contributiva

next
Articolo Successivo

Reddito di cittadinanza, l’addetto del Caf spiegava come accedere senza avere requisiti: è un consigliere del Pd

next