Il piccolo Giuseppe si poteva salvare. Invece è stato lasciato sul divano, a consumarsi in una lenta agonia che l’ha portato alla morte. È quanto emerge dagli elementi raccolti dagli inquirenti nelle ultime ore. I primi risultati dell’autopsia eseguita sul corpicino del bambino di sette anni ucciso di botte domenica 27 gennaio da Tony Essobti Badre, il compagno della madre, a Cardito (Napoli), parlano di emorragia interna o frattura della base cranica. Queste sarebbero le cause del decesso, che si sarebbe potuto evitare se qualcuno avesse chiamato i soccorsi.

“AVEVO FUMATO DIVERSI SPINELLI” – Invece nessuno l’ha fatto, se non ore dopo. Quando per il bambino era già troppo tardi. La sorella Noemi, invece, 8 anni, è stata portata all’ospedale Santobono di Napoli, dove si trova tuttora. A confermare la ricostruzione è stato proprio Badre, assistito dall’avvocato Michele Coronella, nel corso dell’interrogatorio di convalida del fermo davanti al gip del Tribunale di  Napoli Nord. Il 24enne, accusato di omicidio volontario e tentato omicidio aggravato, ha aggiunto nuovi dettagli al racconto di quella maledetta domenica, ammettendo di aver assunto hashish. “Avevo fumato diversi spinelli, lo faccio ogni giorno” ha dichiarato. Sabato sera i bambini avevano rotto il letto della cameretta e lui li aveva già picchiati a mani nude. Domenica mattina Giuseppe e Noemi stavano facendo di nuovo confusione, lo disturbavano. Così, ancora una volta, è stato lui a intervenire. Come faceva di solito. L’ha raccontato anche al gip: “Valentina è troppo permissiva con i suoi figli, io volevo educarli”. Così li picchiava e lo ha fatto anche domenica: “Ho perso la testa”.

LASCIATO A MORIRE SUL DIVANO – Ad avvalorare la tesi che il bambino si poteva salvare sono proprio le parole dell’uomo che, se da un lato si assume tutta la responsabilità (“Valentina ha cercato di fermarmi”), raccontando anche di averle dato un morso in testa, dall’altro spiega che lei è stata presente al massacro ed è rimasta in casa con il bambino agonizzante, senza allertare i soccorsi. Lui ha picchiato i bambini intorno alle 9. Sono stati colpiti con calci, pugni e con il manico della scopa. Giuseppe è caduto. Sul pavimento ha cercato di parare i colpi con le mani, ma il 24enne ha continuato a infierire. Alla fine i fratellini erano pieni di lividi e ferite. Mentre Bedra è uscito per andare in farmacia a comprare una pomata (“volevamo medicarli”), lei ha adagiato il bambino sul divano. E il piccolo è rimasto lì, pieno di lividi e gonfio. Piangeva e non riusciva a muoversi. Eppure nessuno ha telefonato al 118, neanche la madre. Insieme al compagno ha tamponato il sangue con uno strofinaccio e ha spalmato una pomata sul volto tumefatto del figlio. Solo alle 10, il 24enne ha telefonato alla sorella e, un paio di ore dopo, la madre e il fratello son arrivati nell’appartamento e si sono resi conto della gravità della situazione. L’ambulanza è stata chiamata proprio dai familiari di Bedra alle 12.30, oltre tre ore dopo l’inizio del pestaggio. E anche in quel caso c’è stata un’omissione, perché agli operatori è stato detto che i due bambini erano stati investiti da un’auto. Una versione che da subito non ha convinto.

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