Gran festa per i risparmiatori vittime di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, per Banca Etruria, Marche, Cariferrara e Carichieti, saltate nel 2015, nonché per qualche altra banchetta: Crediveneto, Banca Alta Padovana, Bcc Brutia ecc. Non che conseguiranno inaspettati guadagni. Saranno solo indennizzati di perdite subite. Però la parabola evangelica insegna che è motivo di gioia anche il ritrovamento di una dracma smarrita.
La legge di bilancio 2019 ha infatti esteso gli indennizzi alle obbligazioni subordinate ed eliminato in generale l’obbligo di dimostrare nel singolo caso l’inganno da parte dell’emittente. Essa fa invece riferimento al “dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito” e a “violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza”. Insomma, un’ammissione implicita che la responsabilità dei danni subiti dai risparmiatori va cercata pure nell’inefficienza o peggio di vari organi di vigilanza e controllo: Banca d’Italia, Consob ecc. Anche per tutto questo, nonché per modifiche retroattive della normativa sui titoli subordinati, gli obbligazionisti si erano trovati con un pugno di mosche. Non perché privi della fantomatica educazione finanziaria. Per approfondimenti sulle vicende delle banche “fallite” nel 2015 e nel 2017 il sito www.ilrisparmiotradito.it riporta vari articoli e post.
Vengono considerati vittime d’inganno pure i risparmiatori acquirenti di obbligazioni già in circolazione, alcune fra l’altro a tagli inferiori ai mille euro. Anch’essi possono accedere agli indennizzi, finalmente chiamati col loro nome e non più col ridicolo termine di ristori. Manca ancora il decreto ministeriale, ma l’impianto del costituendo Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) è già delineato.
Peccato che tutto ciò faccia rabbia alla Confindustria, a giudicare dalle posizioni prese dalle sue testate. Non piace la difesa del risparmio da parte dell’attuale governo e in particolare del M5s; o forse semplicemente non piace il M5s. Già l’11 agosto 2018, il Sole 24 Ore con una sedicente analisi di Marco Ferrando aveva messo in guardia il governo “dal rimborsare per la prima volta a carico dello Stato chi ha acquistato titoli per definizioni rischiosi, cioè le azioni” evocando il rischio di “un precedente assai pericoloso”. Tutto sbagliato: nessuna prima volta e nessun precedente pericoloso, perché un rimborso di azioni a carico proprio del Tesoro c’era già stato per le Alitalia nel 2009 con Giulio Tremonti a capo del Mef.
Incurante delle diffide confindustriali, il M5s e in particolare il sottosegretario Alessio Villarosa hanno propugnato una soluzione non molto dissimile a difesa dei risparmiatori coinvolti. Si è arrivati così alla formulazione fissata nella legge di bilancio. Al che, apriti cielo! Subito sono partiti il Sole 24 Ore e Radio24, sostenendo che essa è incompatibile con le norme comunitarie e addirittura che i risparmiatori si illudono di avere l’indennizzo. Che ci sia violazione di tali norme è negato da altri e in ogni caso la regola dell’attuale governo non è certo obbedire supinamente a ogni richiesta proveniente da Bruxelles. In particolare non lo è per il M5s, come conferma la netta presa di posizione di Luigi Di Maio: “I rimborsi li facciamo e basta. Per noi i truffati dalle banche vanno risarciti. Punto”.
Comunque l’Unione europea non ha il potere di abrogare direttamente leggi nazionali, dettaglio che viene però accuratamente taciuto. Conclusione: i risparmiatori italiani possono solo rallegrarsi che il governo non obbedisca più agli ordini di Confindustria.