Per Alitalia “siamo già in prorogatio” come ha spiegato il vicepremier Luigi Di Maio e hanno confermato fonti del ministero dello Sviluppo economico. È scattata infatti oggi, primo febbraio, la proroga di 40 giorni chiesta dalle Fs ai commissari Alitalia Stefano Paleari, Enrico Laghi e Daniele Discepolo per un supplemento d’indagine. Tuttavia la strada è in salita: le proposte dei partner stranieri sarebbero di gran lunga al di sotto delle aspettative del governo: Delta-Air France avrebbe infatti messo sul piatto circa 400 milioni di euro, mentre la proposta di Lufthansa sarebbe ancora tutta da definire. Il problema è però che servirebbero almeno un paio di miliardi, anche perché il prestito ponte da 900 milioni è prededucibile. Ciò significa che la prima cosa che dovrà fare la nuova proprietà sarà restituire i soldi anticipati dalle casse pubbliche.

Così si fa sempre più concreta la possibilità che la scadenza prestito ponte, rilasciato dallo Stato e rinnovato a dicembre fino a giugno, possa nuovamente slittare a dopo l’estate. O, extrema ratio, che il governo debba da solo farsi carico dell’ex compagnia di bandiera trasformando il prestito in azioni sulla falsariga di quanto accaduto con il Monte dei Paschi di Siena. Intanto l’avvicinarsi delle elezioni europee non aiuta: il dibattito sul futuro di Alitalia potrebbe infatti entrare nel vivo solo dopo la chiamata alle urne facendo lievitare ancora il costo dell’operazione di salvataggio.

Per ora, insomma, l’unica certezza è che se Alitalia avesse dovuto restituire nei termini previsti il prestito ponte, non sarebbe stata in grado di farlo. Il resto è tutto in divenire. Inclusa l’istruttoria da parte di Bruxelles per verificare se il prestito in questione non possa configurarsi come un aiuto di Stato. Secondo i desiderata di Movimento 5 Stelle e Lega, le Ferrovie dello Stato, assieme al Tesoro, dovrebbero elaborare un nuovo pieno entro metà marzo. Un progetto che, secondo le prime indiscrezioni, prevede la costituzione di una nuova newco in cui Fs avrà fra il 30 e il 40% e il Tesoro dovrebbe mantenere il 14 per cento. Della partita potrebbe essere un socio straniero come Delta-Air France o Lufthansa, favorita dalla Lega. Indiscrezioni di palazzo riferiscono però che il ministro dell’economia, Giovanni Tria, avrebbe ancora delle perplessità sul progetto che peraltro ricalca a grandi linee il piano ideato tempo fa e promosso dal sindaco Pd di Fiumicino, Esterino Montino.

Inoltre il tempo però non gioca certo a favore dell’ex compagnia di bandiera, che già in passato ha pagato il pesante scotto di soluzioni varate nel bel mezzo di una campagna elettorale. Nel 2008 Silvio Berlusconi bloccò il tentativo dei francesi di Air France, sostenuti dal rivale Romano Prodi, facendo spazio alla cordata dei “capitani coraggiosi” che nulla poi riuscirono a risolvere. A giugno 2015 toccò a Matteo Renzi che chiuse l’alleanza con l’emiratina Etihad, senza riuscire a sbrogliare la matassa e suscitando un’eco negativa giunta fino alla tornata referendaria dell’anno dopo. Oggi, ancora una volta, il salvataggio Alitalia arriva nel bel mezzo di una campagna per le europee dall’esito tutto da scrivere. Con il rischio che le decisioni governative da prendere sul futuro dell’ex compagnia di bandiera siano rimandate alle calende greche con grave danno per la società e per le casse pubbliche.

Intanto i conti di Alitalia, che impiega 11mila persone, peggiorano inesorabilmente: secondo quanto riferito dai tre commissari, la società ha chiuso il 2018 con un margine lordo negativo per 154 milioni. Il rosso è dimezzato rispetto al 2017 quando la società aveva registrato un dato negativo pari a 312 milioni. Tuttavia la questione non conforta visto che la cassa disponibile si assottiglia progressivamente: secondo i commissari, riducendo i motori al minimo, la liquidità potrebbe bastare fino a settembre-ottobre. Escludendo però il rimborso del prestito ponte in scadenza a giugno.

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