“Non so se interverremo ma se mettiamo dei soldi, la banca diventerà dei cittadini”. Il vicepremier M5s Luigi Di Maio è intervenuto a Montecitorio per rispondere a una interrogazione dello stesso M5s su Banca Carige: ha ribadito la necessità dell’intervento del governo Lega-M5s per salvare l’istituto e ha accusato, tra i responsabili della crisi, anche alcuni esponenti di quella che ha chiamato “la vecchia politica“. La situazione attuale, ha continuato, è stata causata dalla ”gestione scellerata non solo per l’incompetenza dei manager, ma anche per le commistioni della politica”. Prima di elencare i nomi dei creditori che secondo il rapporto ispettivo di Bankitalia del 2013 non hanno restituito le somme ricevute in prestito, Di Maio ha parlato di “segreto di Pulcinella” con “vecchia politica e banche andate a braccetto”, citando alcuni ex componenti del cda: Alessandro Scajola, fratello dell’ex ministro, Luca Bonsignore, figlio di un ex eurodeputato, Giovanni Marongiu, sottosegretario di Prodi, e “Alberto Repetto”.
Repeto: “Io archiviato” – Poco dopo l’ufficio comunicazione ha precisato che Di Maio parlava di Alessandro Repetto, ex presidente della Provincia di Genova e parlamentare dell’Ulivo. Repetto ha peraltro spiegato che “è del 30 gennaio il decreto di archiviazione della procura di Roma per me e altri sei ex consiglieri di Banca Carige dove si riconosce che grazie ai miei interventi in cda, al fatto di avere votato contro le constatazioni di risposta alla Banca d’Italia e di avere presentato le dimissioni, si erano determinate le dimissioni dell’intero consiglio di Carige e dell’ex presidente Giovanni Berneschi. “Quando ero presidente della Provincia – ricorda Repetto – sono stato l’unico che si mise contro nella vicenda delle assicurazioni e nel 1994 diedi le dimissioni da direttore, unico dirigente nella storia della banca, perché non ero d’accordo con lui”. Il decreto di archiviazione riguarda il procedimento per ostacolo alla vigilanza nell’inchiesta della Banca d’Italia che diede il via all’inchiesta che portò all’arresto di Berneschi.
Gli emendamenti al decreto – Il decreto per Banca Carige è in discussione in questi giorni in Parlamento. I 5 stelle hanno presentato una serie di emendamenti in commissione per, tra le varie cose, inasprire le pene per i dirigenti di banca e mettere un tetto stipendi. Il Carroccio si è però, per il momento, opposto alle modifiche. “Mi auguro”, ha detto Di Maio, “che venga modificato, migliorato e si possano mettere norme anti-furbetti, per esempio una norma sui bonus dei manager che se li sono divisi in questi anni inspiegabilmente, visto che la banca è sull’orlo del default”. Giovedì sera però sono stati dichiarati inammissibili una trentina di emendamenti su 87 tra cui quello che vietava alle banche e a ogni altro intermediario finanziario vincolare parte della retribuzione dei dipendenti alla promozione e al collocamento di prodotti finanziari e applicare sistemi di incentivazione alla progressione di carriera dei dipendenti correlati alla vendita degli stessi prodotti. Saltato anche l’emendamento, a firma Maniero, che prevedeva disposizioni in materia di conflitto di interessi e incompatibilità dei componenti degli organi di vertice e dirigenti della Banca d’Italia e dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass). L’emendamento prevedeva che nei sei anni successivi questi dirigenti non potessero intrattenere rapporti di lavoro con i soggetti regolati. Un’altra proposta, a firma Ruggiero, imponeva a direttori generali, centrali e di filiale delle banche di stipulare un’apposita polizza assicurativa per l’intera durata dell’incarico, con un massimale di copertura non inferiore a 5 milioni di euro. L’assicurazione sarebbe servita a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività.
“Inchiesta seria su Carige” – “Guardando al futuro”, ha detto Di Maio, “faremo prima di tutto in modo che con la nuova Commissione d’inchiesta sulle banche venga avviata una inchiesta seria su Carige”. Ci saranno poi “nuovi vertici per Consob, una riforma della vigilanza bancaria a livello europeo, l’istituzione di un fondo di garanzia dell’Unione Europea per i risparmiatori”. Perché, ha detto Di Maio, “in passato i soldi andavano solamente a coprire chi aveva creato il danno. Noi eviteremo che questo pesi sui lavoratori e i cittadini del territorio. I risparmiatori non dovranno pagare le colpe dei manager”. “Per un lungo periodo Banca Carige ha assunto rischi troppo alti per operazioni diciamo discutibili come hanno portato la banca a perdite di crediti per diversi miliardi di euro”, ha continuato. “Tra questi troviamo un debito di 450 milioni di euro per finanziamenti erogati al Gruppo Messina, 250 milioni di euro concessi con estrema leggerezza, come sottolineato anche da Bankitalia, al Parco degli Erzelli, una cittadella tecnologica fortemente voluta dalla politica ligure e realizzata solo a metà sulla collina di Cornigliano”. Di Maio ha riferito ancora che Banca Carige ha erogato “35 milioni di euro per il mutuo concesso al gruppo Acquamarcia di Francesco Bellavista Caltalgirone, 20 milioni erogati al gruppo Beatrice Cozzi Parodi, prestiti o fidi in parte sanati ma che hanno causato sofferenze alla banca per decine di milioni di euro erogati ad alcune società riconducibili al dottor Enrico Preziosi e per 20 milioni alla Prelios di Pirelli Re del Gruppo Pirelli”.
Le risposte – Nelle ore successive all’intervento del vicepremier, sono arrivate le repliche delle società citate. Pirelli ha rimarcato di non aver “mai mancato di onorare i propri debiti e non ha quindi mai danneggiato alcuna banca, né ricevuto favori tantomeno di natura politica”. Per quanto riguarda Prelios, ricorda la nota, “dall’ottobre 2010 non è controllata da Pirelli e che oggi Pirelli non è più azionista della stessa. A quanto risulta, Prelios aveva ricevuto un finanziamento da un pool di banche tra cui Carige, ottenendo nel tempo un normale prolungamento della linea di credito”. Enrico Preziosi, imprenditore e presidente del Genoa, anche lui citato da Di Maio ha risposto di aver “saldato tutto” quello che doveva a Carige “il 23 novembre scorso”. “Non solo non devo più niente ma l’ho fatto con otto anni di anticipo visto che l’accordo prevedeva il saldo nel 2027”, ha aggiunto. Il gruppo Messina invece replica dopo l’intervento sottolineando che “ciò ci fornisce l’opportunità di precisare che quel finanziamento ipotecario di medio-lungo termine è tutt’oggi garantito da una delle flotte di navi, tutte di bandiera italiana, fra le più moderne del mondo”. L’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone risponde invece ricordando “al ministro che quando il gruppo Acqua Marcia chiese e ottenne i prestiti dalle banche si trovava in uno stato di assoluta solidità finanziaria, tanto da poter fornire le adeguate garanzie” ricordando che “il gruppo, che all’epoca dava lavoro direttamente a circa 2.500 persone e indirettamente a 10.000 persone, è andato in crisi, e poi in concordato preventivo, in conseguenza dell’inchiesta dei pm sul Porto di Imperia, in conclusione della quale sono stato assolto in via definitiva in tutti e cinque i procedimenti”.