Da cinque giorni non si presenta in commissariato e gli agenti hanno fatto ripartire la caccia. Si tratta di Paolo Lumia, un uomo che gli investigatori considerano un narcotrafficante: è stato condannato in primo e secondo grado e attendeva la sentenza della Cassazione. Per anni con base a Barcellona, in Spagna, Lumia è originario di Mazara del Vallo, la cittadina in provincia di Trapani che si trova a poche miglia di navigazione dalla Tunisia. La vicenda è analoga a quella di Vito Bigione, broker della droga vicino al superlatitante Matteo Messina Denaro, che nell’agosto dello scorso anno, in attesa di una sentenza della corte di Cassazione, si rese latitante mentre si trovava a Mazara. Bigione fu arrestato a ottobre in Romania, Lumia è irreperibile da domenica sera. “Al momento non si può definire latitante“, precisano dalla Questura di Trapani. L’uomo era sottoposto all’obbligo di firma, in seguito a una condanna in primo grado per aver coltivato e detenuto una piantagione di marijuana. Il giudice del tribunale di Marsala lo aveva condannato a un anno e due mesi e in attesa del giudizio di Appello gli aveva imposto l’obbligo di presentarsi ogni giorno in commissariato.
Nel 2013 era stato condannato a 20 anni di carcere “associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacente”. La condanna fu confermata anche in Appello e si attende il giudizio della corte di Cassazione. Gli investigatori ritengono che abbia fatto perdere le sue tracce proprio in vista della sentenza definitiva. Adesso spetterà al giudice emettere una nuova misura cautelare: a quel punto gli investigatori dovranno notificargliela. Se non dovessero rintracciarlo, Lumia diventerebbe a tutti gli effetti latitante.
Per gli investigatori Lumia non è un personaggio di secondo piano. Il presunto narcos è considerato uno degli esponenti delle famiglie mafiose di Porta Nuova e Bagheria, in provincia di Palermo. Lumia finì indagato nel marzo 2011 nell’ambito dell’operazione Lampara. L’indagine venne coordinata dalla Dda di Palermo dell’aggiunto Maria Teresa Principato e i sostituti Marcello Viola e Pierangelo Padova. Il blitz smantellò una rete di trafficanti che – attraverso la Spagna – importava in Italia cocaina proveniente dalla Colombia. L’indagine fu eseguita dagli agenti delle squadre mobili di Trapani e Palermo ma collaborò anche l’Interpol. Finì in manette anche Paolo Liga, nipote di Giuseppe Scaduto, boss di Bagheria ma la Principato precisò che “non risulta ci sia stata un’autorizzazione di Cosa nostra”. Lumia a Barcellona era “titolare di almeno due discoteche – disse un collaboratore di giustizia – una delle quali immensa, numerosi e molti garage che egli utilizzava per tagliare e confezionare personalmente la droga dato che non si fidava di nessuno”. Uno di questi sarebbe stato il “Terrazze Positano” che si trovava al porto olimpico di Barcellona. “La droga arrivava con diverse modalità – si legge nell’ordinanza Lampara disposta nel 2011 dal gip Luigi Petrucci – compresa la forma liquida unitamente alle barche della Coppa America di Vela che si sarebbe dovuta svolgere a Valencia”.
Nell’indagine furono ricostruiti i contatti “assai intensi” di Lumia con i narcotrafficanti colombiani e boliviani, agevolati anche da una relazione che l’uomo avrebbe intrattenuto con “la figlia di uno dei più grossi narcotrafficanti sudamericani”. I poliziotti non riuscirono ad arrestarlo perchè nel frattempo era finito in manette ad Anversa e trasferito nel carcere di Hasselt: durante un controllo in un centro fitness lo trovarono con 283 chili di cocaina. Nel 2013 il gup di Palermo lo condannò a vent’anni di carcere per le accuse mosse dalla Dda di Palermo e insieme a lui fu condannato a otto anni anche il cugino Francesco Verde. Nel marzo 2015 fu estradato in Italia, atterrato a Fiumicino fu subito trasferito in carcere. Dopo aver scontato una parte della pena tornò in libertà. Nel luglio 2017 finì nuovamente in manette, assieme al fidato Giuseppe Bastone, in passato accusato di aver preso il suo posto a Barcellona per il traffico di stupefacenti ma arrestato a sua volta dopo una latitanza trascorsa all’estero. I due avevano messo su una piantagione di cannabis indica per la produzione di marijuana. Gli agenti della polizia di Mazara trovarono 119 piante, altre 130 stavano per essere piantate. In primo grado furono condannati e il processo d’Appello non è ancora iniziato. Nei prossimi giorni il mancato rispetto dell’obbligo di firma sarà comunicato al Tribunale di Marsala che riformulerà la misura cautelare, emettendo un mandato di cattura. Nel frattempo la sua fuga pare sia ricominciata.