Il favorito alla corsa per la segreteria flirta con i fuoriusciti e da Carlo Calenda ai renziani è tutto un richiamo all'ordine. Ed è polemica per le parole di Massimiliano Smeriglio: "Dopo il 4 marzo, bisogna costruire in discontinuità". L'ex ministro dello Sviluppo Economico: "Ora basta, chiarezza". Ma Madia, ex collega di governo: "Non puoi mettere sempre all'indice chi la pensa diversamente"
Segnali di apertura da sinistra per la partecipazione alle primarie del Pd e la parola Ulivo che ritorna, prepotente, perché a pronunciarla è il coordinatore della campagna congressuale di Nicola Zingaretti. Il favorito alla corsa per la segreteria del Partito Democratico flirta con i fuoriusciti e da Carlo Calenda ai renziani è tutto un richiamo all’ordine, perché “ci hanno fatto la guerra” e serve “chiarezza”. Le acque vengono agitate da Laura Boldrini, che in un’intervista a Il Foglio dice di riflettere sulla possibilità di votare alle primarie dem e, implicitamente, di schierare la sua associazione, Futura, a sostegno del governatore del Lazio.
Il confronto è aperto e nulla è stato deciso, ma i segnali vengono da lontano. A metà gennaio il coordinatore regionale toscano di Futura, Diego Blasi, disse esplicitamente: “Non siamo iscritti al Pd, ma voteremo Zingaretti alle primarie”. E al di là delle primarie, c’è anche la questione Europee. Quando nelle settimane scorse Zingaretti (che a novembre, tra l’altro, fu tra gli ospiti dell’assemblea nazionale di Futura) lanciò la proposta di una lista unitaria, dall’associazione dell’ex presidente della Camera arrivarono subito reazioni positive. “Apprezzo la proposta di Zingaretti – commentò Boldrini – è una prospettiva sulla quale io stessa sto lavorando da mesi”.
E anche dal versante Zingaretti le cose si muovono. Il coordinatore di Piazza Grande, Massimigliano Smeriglio in un’intervista al Tempo sulle polemiche renziane per il possibile voto pro-Zingaretti da parte di Boldrini e dei fuorisciti di Mdp, ha risposto: “Le primarie, aperte per scelta politica e per statuto del Pd, potrebbero diventare l’occasione della ricomposizione di tutte le culture uliviste del Paese, da quelle più moderate a quelle più radicali”. Dopo il voto del 4 marzo, ha aggiunto, “bisogna costruire in discontinuità, cercando nuove strade per uscire dalla residualità in cui la sinistra tutta si è cacciata. Con umiltà e con la determinazione di mettere in campo nuove biografie nuove generazioni e nuove idee”. Un gioco di sponda con l’area di Mdp e un giudizio netto sui precedenti governi che innervosisce Calenda e i fedelissimi di Matteo Renzi.
“Le primarie, previste dallo statuto, servono per scegliere il segretario e per rafforzare il Pd, non per creare un nuovo partito insieme a chi per anni ha fatto la guerra ai nostri governi”, dice il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci. Sulla stessa lunghezza d’onda la pasdaran renziana, Alessia Morani. E via, via tanti altri. Mentre l’ex ministro dello Sviluppo Economico chiede invece al governatore del Lazio e candidato alla segreteria di chiarire se condivide “i giudizi sprezzanti” di Smeriglio sui governi guidati da Letta, Renzi e Gentiloni: “Ora basta. Chiarezza”. Chiusa lì? No, perché proprio un ex ministra renziana, Marianna Madia, che ora appoggia la mozione Zingaretti, si rivolge al suo ex collega di governo: “Caro Carlo – scrive su Twitter – ho firmato il tuo manifesto e credo che i nostri governi abbiano fatto molte cose ottime. Ma se l’obiettivo è (e deve essere) unire, non si può costantemente mettere all’indice chiunque, nel nostro campo, è portatore di idee non identiche”.