L’Atac di Roma ha messo in bilancio 5,7 milioni di euro pur di garantirsi un servizio efficiente di rimorchiatura: i suoi bus vanno in panne e hanno bisogno di essere trasferiti in officina. Rimorchiare (e non fraintendete!) costa sempre di più. Se quasi tutta la flotta è in cattive condizioni (dodici anni la vita media di ciascun bus) e si blocca, singhiozza e s’intruppa, la spesa si innalza fino ad assumere i contorni parossistici di un buco nero nel già ampio buco nero della spesa pubblica.

L’esempio mi pare perfetto per illustrare il paradosso: serve una mole gigantesca di inettitudine per giungere a simili traguardi. Non bastano piccole dosi di truffe e sprechi, non ce la si fa se si è dilettanti. Bisogna essere proprio organizzati, dei professionisti spericolati, lavoratori del sabotaggio senza requie. A Roma, in decenni di impegno, ce l’hanno fatta.  L’esempio, non ce ne voglia la nuova dirigenza dell’azienda che non porta responsabilità, è la vetta che si può raggiungere, e per di più senza necessità di vergognarsene e persino di dare conto. Di quanta disonestà abbiamo avuto bisogno per erigere questo monumento?

Ps. Buona notizia. Negli ultimi tempi le rotture sono un po’ diminuite e da 90.606 corse perse all’anno (e 17.703 guasti rilevati) si è giunti alla cifra di 49.092 corse in meno. Felicitazioni!

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