La commissione regionale Ambiente e Protezione civile ha approvato un ordine del giorno che impegna la giunta di Vincenzo De Luca a modificare i gemellaggi per l'accoglienza degli abitanti che in caso di eruzione devono lasciare le zone vesuviane: non più in altre regioni di Italia, ma nei paesi campani. Il motivo? "Ridurre i centri decisionali per la gestione del rischio” e “limitare i fenomeni di spopolamento di diverse aree"
In caso di eruzione del Vesuvio, i residenti della zona rossa potrebbero rimanere in Campania. Cambio di rotta sul piano di evacuazione della Regione Campania che prevede, in caso di eruzione, che i residenti delle aree più a rischio vengano evacuati e accolti da altre regioni italiane. Si va verso una nuova soluzione: il piano va rivisto. La VII Commissione permanente del Consiglio regionale (Ambiente e protezione civile) ha infatti approvato un ordine del giorno che impegna la Giunta regionale a convocare un tavolo tecnico con la Protezione civile “per l’aggiornamento del Piano di evacuazione dell’area vesuviana, secondo il principio per cui i gemellaggi avvengono all’interno del territorio regionale”. La Commissione invita inoltre la Regione a dotarsi “di un piano di allontanamento regionale della popolazione residente nelle zone rosse, che punti alla valorizzazione delle aree interne della Campania”.
I COMUNI INTERESSATI – Insomma si mette totalmente in discussione il piano di evacuazione elaborato dalla Regione. Con le Direttive del presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2014 e del 16 novembre 2015 sono state ridefinite, rispettivamente, le nuove zone rosse e gialle connesse al rischio vulcanico nella Regione Campania. La zona rossa comprende 25 comuni, mentre nella zona gialla ne ricadono 63. Secondo l’attuale piano di evacuazione i gemellaggi prevedono che i residenti di Portici siano evacuati in Piemonte, quelli di Nola in Valle D’Aosta, di Torre del Greco e Somma Vesuviana in Lombardia, quelli di Cercola in Liguria, i residenti di Pollena Trocchia in Trentino Alto Adige, di Palma Campania in Friuli Venezia-Giulia, di Ercolano in Emilia Romagna, di San Giorgio a Cremano in Toscana, di San Giuseppe Vesuviano e Sant’Anastasia (compreso Pomigliano D’Arco) in Veneto, di San Gennaro Vesuviano in Umbria, di Poggiomarino nelle Marche, di Ottaviano e delle circoscrizioni di Napoli nel Lazio, di Terzigno in Abruzzo, di Massa di Somma in Molise, di Torre Annunziata e San Sebastiano al Vesuvio in Puglia, di Boscotrecase in Basilicata, di Boscoreale in Calabria, di Scafati e Trecase in Sicilia e di Pompei in Sardegna. Si tratta di circa un milione e 250mila persone da evacuare, di cui 700mila per l’area vesuviana e 550mila per l’area flegrea. Secondo l’ultimo aggiornamento del piano del governatore Vincenzo De Luca, l’evacuazione dovrebbe avvenire in 72 ore con l’utilizzo di 500 bus e 220 treni al giorno. In alto mare, però, l’iter per la firma dei protocolli di gemellaggio. A questo punto, però, potrebbe saltare tutto. O meglio, i protocolli restano, ma cambiano le località da individuare per i gemellaggi.
L’ODG DELLA COMMISSIONE AMBIENTE – La Commissione Ambiente, infatti, ha svolto un ciclo di audizioni con le associazioni del territorio, per valutare lo stato di attuazione delle attività di previsione e prevenzione avviate in collaborazione con la Protezione Civile, nell’ambito delle quali sono emerse alcune valutazioni sulla necessità che i piani di evacuazione prevedano una più stretta sinergia con i territori limitrofi in ambito regionale. “I gemellaggi – si legge nell’ordine del giorno – non possono essere legati esclusivamente all’accoglienza dei rifugiati, ma devono creare condizioni strutturali, in sinergia con i territori interessati, valorizzando i rispettivi processi economici, culturali e sociali”.
L’IMPEGNO PER LA GIUNTA – Il documento impegna così la giunta regionale a ridefinire i gemellaggi “al fine di ridurre i centri decisionali per la gestione del rischio” e “limitare i fenomeni di spopolamento di diverse aree della Campania”. L’odg del giorno sollecita la giunta anche all’organizzazione, in via sperimentale e sotto la supervisione e il coordinamento della Protezione civile, di una esercitazione che interessi almeno 40mila cittadini vesuviani, che dovranno raggiungere i comuni di accoglienza, individuati tra quelli delle aree interne soggette a spopolamento e con surplus abitativi.