Allo scadere dell’ultimatum a Nicolas Maduro per la convocazione di elezioni presidenziali, arriva una pioggia di sì al riconoscimento di Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela. Sono finora 19 i Paesi europei che – trascinati da Francia, Gran Bretagna, Spagna e Germania – legittimano le rivendicazioni del presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana. All’appello dei “big” europei manca l’Italia, perché il governo non è arrivato a esprimere una posizione unanime su Guaidò, con la Lega si schiera contro Maduro e i 5 Stelle non riconoscono il nuovo presidente ad interim. In serata una nota di Palazzo Chigi specifica che “l’Italia appoggia il desiderio del popolo venezuelano di giungere nei tempi più rapidi a nuove elezioni presidenziali libere e trasparenti, attraverso un percorso pacifico e democratico, nel rispetto del principio di autodeterminazione”.
Nel documento della presidenza del Consiglio non c’è quindi un riconoscimento esplicito di Guaidò come presidente ad interim. Viene inoltre spiegato che l’Italia “parteciperà attivamente ai lavori del gruppo di contatto internazionale”, a partire dalla riunione del 7 febbraio a Montevideo a cui parteciperà il Ministro degli Affari Esteri Enzo Moavero Milanesi. “È urgente – si legge – intervenire subito per alleviare le sofferenze materiali della popolazione e per consentire l’immediato accesso agli aiuti umanitari. Va inoltre garantita la sicurezza dei cittadini astenendosi da ogni forma di violenza e va garantita la libera e pacifica manifestazione del dissenso e della protesta, senza alcuna forma di coercizione”.
A sollecitare il governo a prendere posizione a favore di Guaidò è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Tra Venezuela e Italia il legame è strettissimo, questa condizione ci richiede senso di responsabilità e linea condivisa con partner europei. E nella scelta non vi può essere né incertezza né esitazione”, ha detto nel corso dell’inaugurazione del nuovo centro per i rifugiati Matteo Ricci a Roma. “La scelta – ha aggiunto il Capo dello Stato – tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato e dall’altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile”. A Mattarella, peraltro, si era rivolta sabato la comunità italo-venezuelana, che dal palco della manifestazione pro Guaidò aveva gridato: “Il governo italiano si è messo dalla parte sbagliata della storia”.
Come ha fatto sapere una fonte diplomatica a Europa Press, l’Italia è stata anche l’unico Paese che non ha firmato la dichiarazione congiunta dei 28 che, quindi, non ci sarà. La testata ricorda poi che già giovedì Roma aveva respinto una formula di compromesso nell’Ue, affinché tutta l’Unione riconoscesse implicitamente Guaidò, accettando che l’oppositore lavorasse per nuove elezioni “in virtù della sua capacità istituzionale come presidente dell’Assemblea nazionale“. “Ci sono divisioni nel governo italiano sul riconoscimento”, hanno detto fonti diplomatiche. Chiede all’Italia di “seguire l’Europa” anche Guaidó che parlando al Corriere della Sera sottolinea la necessità di “ascoltare la voce degli italiani che vivono in Venezuela. La via del dialogo è esaurita”.
La posizione di Lega e 5 Stelle – Ma sia Lega che 5 Stelle intervengono per ribadire la differenza di vedute. In mattinata, fonti della Lega riferite dalle agenzie, ribadiscono la posizione già espressa nei giorni scorsi: “Maduro è uno degli ultimi dittatori di sinistra rimasti in giro, che governa con la forza e affama il suo popolo. L’auspicio sono libere elezioni il prima possibile”. Posizione opposta rispetto a quella di Alessandro Di Battista che in un post su Facebook scrive: “Ci vuole coraggio a mantenere una posizione neutrale in questo momento, lo so. L’Italia non è abituata a farlo. Ci siamo sempre accodati in modo vile agli “esportatori di democrazia. L’Europa dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini statunitensi. Il mondo va avanti. Suggerisco coraggio e lungimiranza e soprattutto una difesa sostanziale dell’art.11 della Costituzione”. Allo stesso tempo, però, i senatori M5S della commissione Affari Esteri precisano che “non riconoscere la presidenza Guaidò non significa rimanere neutrali né, tanto meno, appoggiare Maduro: significa sostenere con fermezza la strada del dialogo e della non ingerenza per scongiurare una situazione che, in assenza di accordo tra le parti, rischia di condurre il Venezuela non verso libere elezioni, democrazia e benessere, ma verso una guerra civile e magari a un intervento militare esterno che condannerebbe i venezuelani a un inferno in stile Iraq o Libia“.
La crisi a Caracas diventa anche occasione di nuovo scontro a distanza tra Russia e Stati Uniti. Mosca considera i tentativi di alcuni Paesi di legittimare il cambio di potere in Venezuela come “intromissione negli affari interni” del Paese e critica le dichiarazioni di Trump sulla possibilità di usare la forza perché “mina tutti i principi di base del diritto internazionale”, ha detto il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, citato dalla Tass. “Gli Stati Uniti non fanno mistero del fatto che vogliono ottenere un cambio di regime a qualunque costo”, ha sottolineato poi il ministro. La crisi politica interna in Venezuela può essere risolta solo dai venezuelani stessi”, ha sottolineato Peskov. “L’imposizione di qualsiasi soluzione o il tentativo di legittimare il tentativo di usurpazione del potere è, a nostro avviso, interferenza diretta negli affari interni del Venezuela”. A schierarsi
L’appoggio dei Paesi Ue e Guaidò – La prima a rompere gli indugi è stata Parigi, seguita nel giro di pochi minuti da altri governi europei. “È presidente ad interim” ed “è legittimato” a indire nuove elezioni presidenziali, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese, Jean Yves Le Drian, intervistato dall’emittente radio France inter. Una posizione ribadita da Emmanuel Macron: “I venezuelani hanno il diritto di esprimersi liberamente e democraticamente – ha scritto in un tweet il presidente della Repubblica –. La Francia riconosce Juan Guaidó come ‘presidente incaricato’ per attuare un processo elettorale. Sosteniamo il gruppo di contatto, creato con l’Ue, in questo periodo di transizione”. Le Drian ha sottolineato che l’Assemblea Nazionale di cui Guaidò è presidente è stata legittimamente eletta nel 2015, mentre contesta l’elezione di Maduro per un secondo mandato. “Bisogna uscire da questa crisi con elezioni pienamente legittime”, ha rimarcato il capo della diplomazia francese. Secondo Le Drian, non si può parlare di ingerenza negli affari interni internazionali, quanto “di un tentativo di far sì che questa crisi si risolva nella calma”.
“Nelle prossime ore – ha detto invece il premier spagnolo Pedro Sanchez – mi metterò in contatto con i governi europei e latinoamericani che vogliono unirsi” a questo riconoscimento. Guaidó “deve convocare il prima possibile elezioni libere – ha aggiunto -perché il popolo del Venezuela deve poter decidere del proprio futuro”. La comunità internazionale “dovrà rispettare il risultato e verificare questo processo”, ha concluso Sanchez. La Gran Bretagna “assieme con i suoi alleati europei riconosce Juan Guaidò come presidente ad interim del Venezuela fino a quando si potranno tenere elezioni credibili”, è stato invece l’annuncio del ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt. “Nicolas Maduro non ha convocato le elezioni presidenziali entro il limite di otto giorni che avevamo stabilito”, ha sottolineato il ministro augurandosi che questa riconoscimento “ci porti più vicini alla fine di questa crisi umanitaria”. Negli stessi termini si sono espressi anche il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il ministro degli Esteri svedese, Margot Wallstrom.
Cuba: “L’aiuto umanitario è il pretesto per un intervento” – Per il ministro cubano degli Esteri Bruno Rodriguez i centri di raccolta per l’assistenza umanitaria internazionale annunciati da Juan Guaidò costituiscono “una grave provocazione” e sono solo un “pretesto per l’aggressione militare” contro il governo di Nicolas Maduro. Dopo aver ricordato che Guaidò ha annunciato sabato scorso la creazione di centri per la distribuzione dell’assistenza in Colombia, Brasile e un paese dei Caraibi non identificato, Rodriguez ha detto che questa iniziativa è in realtà “un attacco alla sovranità della regione”. Il capo della diplomazia cubana ha indicato che si tratta di un “pretesto” per arrivare ad un intervento militare americano in Venezuela, ricordando dichiarazioni recenti da Washington. “Uso dei militari? Trump: ‘certamente è una possibilità’. Pence: ‘non è il momento del dialogo è il momento dell’azione’, Bolton; ‘5 mila soldati in Colombià. Si imporrà un corridoio umanitario? Claver-Carone: ‘sì, assolutamente”, ha scritto Rodriguez.