Estorsioni, tentato omicidio, rapine e possesso di esplosivo: sono queste le accuse della procura guidata da Ludovico Vaccaro. Fermata la vendetta per l'omicidio di Rodolfo Bruno, avvenuto a novembre: tra gli arrestati il cognato e il figlio della vittima. In manette anche il nipote del superboss Rocco Moretti: "Chiedeva il pizzo". Il presidente della commissione Antimafia Morra: "In Capitanata la quarta mafia ha preso una bella botta"
C’è l’incendio di un negozio, la richiesta estorsiva, la vendetta per un omicidio sventata durante un’inchiesta per droga. Le bombe piazzate davanti alle attività commerciali di Foggia per 8 volte in un mese, ritenute un tentativo di reazione da parte delle giovani leve dei clan dopo la maxi-operazione che aveva smembrano le principali famiglie mafiose del capoluogo dauno, hanno ottenuto una risposta da quella che la procura foggiana chiama la “Squadra-Stato”. Sedici arresti per estorsioni, rapine, possesso di armi e tentato omicidio in un blitz che ha riunito 5 diverse indagini di polizia, carabinieri e Guardia di finanza.
I rampolli nella rete – E nella rete sono finiti anche i rampolli dei capi-clan, finiti in cella il 30 novembre. Tra loro, anche il 22enne Rocco Moretti, il nipote dell’omonimo boss della città, e Antonio Bruno, 21enne figlio di Rodolfo – elemento di spicco della mala foggiana, assassinato a novembre – e il cui nome compare tra le carte dell’inchiesta che aveva decapitato i clan perché lui, calciatore, sarebbe stato ingaggiato dal Foggia Calcio su pressione della criminalità organizzata. Per Moretti l’accusa è di tentata estorsione, mentre Bruno dovrà rispondere di tentato omicidio.
Il tentato omicidio – È lui infatti uno dei quattro foggiani, ritenuti legati al clan Moretti, arrestati per aver progettato un agguato sventato per tre volte a gennaio ai danni di un pregiudicato della stessa città. Doveva essere una vendetta in risposta all’omicidio di Rodolfo Bruno, avvenuto il 15 novembre in una stazione di servizio. Con Antonio Bruno sono finiti in carcere Gianfranco Bruno, detto ‘il primitivo’, 40 anni, considerato ai verticì del clan, Antonio Carmine Piscitelli, 36 anni, e Giuseppe Ricco, 55 anni, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso in quanto inserito nella organizzazione criminale che faceva capo al clan camorristico della famiglia Panico. Ricco, pur essendo di Margherita di Savoia, è infatti considerato il braccio destro del capoclan Francesco Panico che opera nell’hinterland vesuviano della provincia partenopea. L’agguato era stato programmato per l’alba del 23 gennaio, ma i quattro – indagati per altri reati – erano già ascoltati dalla Guardia di finanza. Così gli uomini del comandante provinciale Ernesto Bruno, assieme ai poliziotti, riuscirono a bloccare le due auto del commando. Dalle indagini è stato individuato successivamente il mandante presunto dell’omicidio e cioè proprio quel Gianfranco Bruno, che intendeva vendicare l’omicidio del cognato Rodolfo, colpendo a morte esponenti del clan rivale dei Sinesi-Francavilla, Gioacchino e Antonello Frascolla.
Il racket e le richieste di pizzo – Altri tre arresti vengono ricondotti direttamente a un attentato dinamitardo e due incendi avvenuti nei primi giorni di gennaio, e anche a richieste di pizzo. In particolare la polizia ha ricostruito l’attentato esplosivo ai danni della profumeria Gattullo dello scorso 7 gennaio e due attentati incendiari contro una friggitoria. Gli agenti della squadra mobile e dello Sco ritengono che il responsabile materiale dell’esplosione davanti alla profumeria sia Davide Monti, 24 anni, ma alla base ci sarebbe una richiesta estorsiva da parte di Rocco Moretti, nipote dell’omonimo superboss. Il giovane, dopo aver fatto collocare ed esplodere l’ordigno dal suo amico, avrebbe avvicinato la vittima rivendicando la paternità del danneggiamento e ordinando il pagamento di una somma di denaro ingente: “Allora non hai capito niente – diceva – La bomba l’abbiamo messa noi. Devi cominciare a pagare tutti i mesi, altrimenti ti facciamo chiudere tutti i negozi”. Nell’ambito della stessa operazione, inoltre, altri quattro foggiani sono stati raggiunti da ordini di custodia cautelare per detenzione di armi. Tra gli arrestati, infine, tre presunti rapinatori, e due uomini legati alla mala del Gargano incastrati dai carabinieri guidati da Marco Aquilio per possesso di esplosivo.
Morra: “Un bel giorno. Ora andremo a Foggia” – Pochi minuti dopo l’annuncio dell’operazione, è intervenuto su Twitter il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra: “Anche a Foggia”, ha scritto su Twitter, “si dimostra che lo Stato si fa rispettare. In Capitanata la quarta mafia ha preso una bella botta. Oggi è un bel giorno!”. Il presidente della commissione Antimafia ha anche annunciato che venerdì 8 febbraio sarà in missione a Foggia “insieme ai miei colleghi di commissione Marco Pellegrini e Paolo Lattanzio (M5S), Luigi Vitali (Fi) e Teresa Bellanova (Pd)”. “Si tratta”, ha continuato, “di una visita preparatoria per la missione ufficiale della commissione Antimafia da svolgere in tempi brevissimi”. Morra ha definito quella foggiana una “mafia pericolosa, devastante che deve essere fermata e consegnata alla giustizia. Una mafia che con gli arresti di stamattina subisce un durissimo colpo: a tutta la magistratura e le forze dell’ordine va il nostro plauso e ringraziamento. Un intero territorio è stato mortificato da bombe, minacce, incendi e uccisioni di innocenti. Lo Stato è presente, e la nostra visita vuole essere un segno tangibile, soprattutto di unità di intenti, nel voler combattere insieme la criminalità organizzata”.