Musica

Sanremo 2019, Andrea Bocelli sul palco con il figlio Matteo: il cantante da 15 milioni di copie con il brano ‘Con te partirò’ torna all’Ariston

Non è artista, anzi cantante, ancor meglio tenore, da mezze misure. Michele Torpedine, quello che ebbe l’idea di lanciarlo e di produrlo nel 1994, disse di averlo scoperto quando ancora prendeva 160mila lire nei pianobar. Mentre ora, sempre a detta di Torpedine, sta sui 4 milioni di dollari per una serata al Bellagio di Las Vegas

di Davide Turrini

Bocellimania. 25 anni fa era Il mare calmo della sera sul palco dell’Ariston. Oggi ci sono le poltroncine da 650 dollari al Metropolitan Arena di New York o gli oltre mille dollari a biglietto per i palchi reali al palazzo del Cremlino a Mosca. Andrea Bocelli è così. Non è artista, anzi cantante, ancor meglio tenore, da mezze misure. Michele Torpedine, quello che ebbe l’idea di lanciarlo e di produrlo nel 1994, disse di averlo scoperto quando ancora prendeva 160mila lire nei pianobar. Mentre ora, sempre a detta di Torpedine, sta sui 4 milioni di dollari per una serata al Bellagio di Las Vegas. Roba che nemmeno Frank Sinatra. Alzi la mano chi, quando dietro il pianoforte della diretta di un anticoSanremo baudiano, vide quel bel ragazzone a mezzobusto, ciuffo alla Fonzie, barbetta incolta da vero macho, giubbotto di pelle altrettanto Happy Days, avrebbe pensato di ritrovarlo nemmeno quindici anni dopo in elegante smoking bianco a frantumare cristalli, acuti Vincerò, a Central Park sottobraccio a Celine Dion.

Opera o pop che sia, Bocelli fa arrivare spettatori nei live come fossero formiche. Di recente ha fatto pure una capatina a Wembley. L’amico Ed Sheeran gli ha consegnato una passerella illuminata da centinaia di migliaia di smartphone accesi sulle arie di Perfect Symphony. E ad un certo punto non si capiva più dei due chi fosse l’ospite. Andrea Bocelli, classe 1958 dal paesello di Lajatico vicino Pisa era un ragazzetto degli anni settanta che invece di Mick Jagger sul giradischi faceva girare le arie di Beniamino Gigli o Mario Del Monaco. Laurea in giurisprudenza, ma fremiti per il canto, diventa già in età adulta allievo dell’amato Franco Corelli. Poi la chiamata che dà la svolta ad una vita intera. Zucchero e Pavarotti hanno bisogno di qualcuno che canti la parte lirica di Miserere. Il provino è buono. Bocelli sale sulla carrozza del pop che in quegli anni si mescola, con una deriva vagamente kitsch, all’opera grazie proprio alle diavolerie live di Big Luciano. Torpedine, manager di Zucchero, ne comprende le potenzialità da solista e lo lancia nell’arena sanremese. Che Bocelli vince. Sezione Nuove proposte, tra La solitudine, dell’anno prima, e Le ragazze, l’anno dopo.

Subito arriva l’album d’esordio ed è subito trionfo. 100mila copie in un amen. Il palco sanremese si rimpicciolisce in un istante. Nel ’95 canta tra i big. Con te partirò, che poi si trasforma in duetto in lingua inglese con Sarah Brightman – Time to say goodbye – ed è la hit dell’album Romanza, debutto internazionale da oltre 15 milioni di copie. Ripetiamo: oltre 15 milioni di copie. Caterina Caselli e la sua Sugar che ce l’hanno sotto contratto si sfregano le mani. Bocelli è uno dei più importanti business nel campo musicale di fine novecento/inizio duemila. Due mogli, tre figli, una villa a Forte dei Marmi sorvegliata 24 ore su 24, il tenore toscano si trasforma presto in celebrities. Nessun dorma, di nuovo, prima del calcio d’inizio di Ajak-Juve, finale di Champions, poi i tour da tutto esaurito nella arene statunitensi che di solito ospitano rock star e basket. Sei album pop, sei album di classica in vent’anni di carriera.

E sempre la stessa incredibile ovazione internazionale. Nel 1998 il duetto con Celine Dion, The Preyer, finisce nelle nomination Oscar per il miglior brano musicale. Nel 1999 si ritrova con quattro album contemporaneamente nella classifica statunitense dei dischi più venduti. Bocellimania è qui. E non finisce più. Canta davanti al Papa durante il Giubileo. Apre le Olimpiadi invernali di Torino. Chiude i Mondiali di calcio in Sudafrica nel 2010. Duetta con qualunque star statunitense del pop. E tutte ad inchinarsi. Nemmeno fosse Pavarotti. Si arriva a fine primo decennio del duemila con Bocelli che canta alla cerimonia dei Nobel, Bocelli che giudica un Nobel dato a un collega (Bob Dylan, “un peccato”), Bocelli che canta brani composti da premi Nobel (Ray of light, scritta da Shimon Peres), Bocelli che risponde ad una domanda legittima: “Io nobel per la pace? È una grande responsabilità, ma sarebbe bello”.

Ora, la vera novità è che Bocelli ripassa da Sanremo, che si “rimpicciolisca” per stare dentro ad una kermesse di canzonette che oramai gli sta più stretta di una cravatta sbagliata. Bocellimania, anche a casa propria. Chiosa legittima, che riporta a terra l’alieno, con la moglie  Veronica che si confessa a Oggi raccontando la vita familiare a casa: “Mio marito vuole che a pranzo e a cena nessuno abbia il cellulare vicino… a tavola si va dall’ufologia alla religione, alla sessualità a quello che succede nel mondo. Di tutto (…) Lui è molto competitivo. Quando gli hanno detto che a 50 anni non poteva imparare a fare surf, ci ha fatto un’estate sul surf”.

 

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