1967 – Luigi Tenco
Il colpo di pistola con cui Luigi Tenco si uccide in seguito all’eliminazione di Ciao, amore ciao marchia a fuoco il Festival. Autore senza successo di canzoni meravigliose, Tenco ottiene per tragico paradosso, con un brano onesto e che non meritava il pollice verso ma che non era fra le sue cose migliori, con un’interpretazione per di più stralunata, la consacrazione postuma. Molti gli eliminati di peso, in quell’anno: Caterina Caselli con Sonny & Cher (Il cammino di ogni speranza), la bellissima Ma Piano di Gianni Meccia interpretata da Nico Fidenco e Cher, Modugno, addirittura una composizione dell’astro emergente Lucio Battisti, la bruttina Non prego per me interpretata da Mino Reitano e dagli Hollies di Graham Nash.
Vince l’insipida Non pensare a me (Claudio Villa e Iva Zanicchi), finaliste alcune canzoni di protesta all’acqua di rose – è la “linea verde” di Mogol, siamo contro ma senza comprometteci troppo – come Proposta dei Giganti (“Mettete dei fiori nei vostri cannoni”) e La rivoluzione di Gianni Pettenati (“Si farà la rivoluzione, neppure un cannone però sparerà”), i Rokes e Lucio Dalla fanno saggia propedeutica scaramantica (Bisogna saper perdere), Gian Pieretti e Antoine scopiazzano Dylan (Pietre). La canzone più bella, una delle più belle di sempre a Sanremo, la scrivono Umberto Bindi e Franco Califano: è La musica è finita, la porta in finale Ornella Vanoni.
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