Ci sono voluti otto anni e mezzo da quella drammatica sera di fine estate del 5 settembre 2010, e la scelta dei familiari di nominare un avvocato di parte civile che ha attivato indagini difensive, l’ex pm Antonio Ingroia, per far uscire i documenti delle perizie autoptiche e balistiche sull’omicidio del sindaco di Pollica (Salerno) Angelo Vassallo. E dalle carte emergono ricostruzioni e ipotesi che ribaltano le verità ufficiali finora narrate da giornali e media, a cominciare dai due colpi di pistola che sarebbero andati a vuoto. Invece i nove proiettili esplosi contro Vassallo – si legge nella perizia autoptica firmata dal professore Francesco Vinci dell’Università di Bari – sarebbero andati tutti a segno, ed uno avrebbe trapassato due volte il povero sindaco: il medico legale ispezionò dieci fori sulla salma. Il killer, scrive il professore a pagina 57 della perizia, avrebbe sparato in piedi o “dal sellino di un motorino”, circostanza ribadita nelle risposte ai quesiti della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, e la pista dell’assassino in scooter, secondo i familiari, sarebbe per loro una novità assoluta.
L’assassino esplose i colpi di pistola – una semiautomatica baby Tanfoglio 9×21 – da almeno 40-50 centimetri di distanza da Vassallo seduto nella sua auto con il finestrino abbassato, perché non furono rilevati segni di bruciature sulla pelle o sui vestiti del sindaco, che volgeva il fianco sinistro verso il suo aguzzino. Il medico legale si spinge ad ipotizzare la presenza di una seconda arma sulla scena del delitto. Una congettura compatibile con le traiettorie dei fori, che però viene smentita dagli accertamenti tecnici dei carabinieri dei Ris di Roma, riassunti in una cinquantina di pagine. I militari hanno esaminato i sei proiettili recuperati in condizioni sufficientemente buone ed hanno appurato che le rigature sono identiche, dunque provengono “da un’unica canna”.
Sono dettagli importantissimi, fondamentali per provare a tratteggiare l’identikit di un assassino ancora ignoto, al quale la Procura salernitana guidata da Luca Masini sta dando la caccia senza risparmio di energie, tramite indagini condotte dal pm Leonardo Colamonici nel massimo riserbo. I due colpi andati a vuoto avrebbero lasciato pensare ad un delitto d’impeto, non premeditato, maturato in un momento di rabbia, una pistola estratta all’improvviso e spari furiosi e imprecisi di un individuo non abituato all’uso delle armi. I nove colpi andati tutti a segno orienterebbero invece le attenzioni verso persone abituate a sparare. E la presenza di un motorino – che, è bene sottolinearlo, è una probabilità indicata dalla perizia, non una certezza – disegnerebbe la scena di un agguato. Con l’aiuto di un complice alla guida dello scooter, ci sarebbe stata una rapida fuga. Peraltro l’auto di Vassallo, una Audi A4, fu ritrovata ferma dall’altra parte della carreggiata, a pochi metri dalla casa del sindaco. Era contromano. Accostò spontaneamente, forse perché Vassallo conosceva l’assassino, o c’era un’altra macchina che la deviò verso il muro, come negli omicidi di mafia?
Dopo la lettura delle perizie Dario Vassallo, il fratello della vittima nonché presidente della Fondazione Angelo Vassallo, che ne tramanda il ricordo e le buone pratiche amministrative, si è arrabbiato e ha diramato una nota durissima: “Perché non ci hanno mai raccontato della possibile presenza di un motorino e che le armi da fuoco potevano essere più di una? Abbiamo scoperto, dopo quasi nove anni, una serie di elementi che nessuno ci aveva mai raccontato” e così “altri dubbi si incrociano con quelli precedenti e di colpo svanisce la fiducia nei confronti della Procura di Salerno e di altri uomini delle istituzioni. Percorreremo altre strade, legali e istituzionali, perché nulla può essere lasciato al caso”.
Dario Vassallo prosegue: “Si legge che ad uccidere mio fratello sono stati nove colpi su nove. Per anni invece ci hanno ‘raccontato’ che su nove colpi esplosi dall’assassino o dagli assassini, solo sette avevano raggiunto il corpo di mio fratello. Gli stessi media per anni hanno riportato questa notizia e rileggendo decine e decine di articoli, quasi tutti evidenziano che Angelo fu colpito da 7 colpi di pistola. Abbiamo trovato solo due articoli dove l’unico a parlare di nove colpi era stato il vice capo della polizia Francesco Cirillo. Perché questa notizia non è mai stata rettificata dagli organi competenti?”. L’avvocato Ingroia commenta così: “L’amarezza dei parenti delle vittime è sempre grande e la ferita si riapre quando si scopre che non tutti gli hanno detto la verità in questi anni, specie quando la verità avrebbe confermato la pista dei killer professionisti anziché del delitto d’impeto. Voglio però – conclude l’ex magistrato – ribadire la stima e la fiducia nei pm di Salerno che stanno seguendo le indagini senza tralasciare nulla e con i quali stiamo proficuamente collaborando”.