Al momento è solo un’ipotesi, molto accreditata, sulla quale gli inquirenti preferiscono non riferire perché – hanno spiegato in conferenza stampa - “ci sono indagini in corso”. Lo stesso gip di Vibo, nell’ordinanza che l’anno scorso portò all’arresto del primo presunto killer, scrisse che “proprio l’attrazione sessuale che la vittima nutriva verso ragazzi particolarmente giovani potrebbe collocarsi fra le ragioni sottese al gravissimo gesto”
Secondo gli investigatori del commissariato di Vibo Valentia e dello Sco, dietro l’omicidio di Francesco Fiorillo potrebbe nascondersi una vendetta per le presunte tendenze pedofile della vittima che aveva contatti anche con il mondo della droga. Al momento è solo un’ipotesi, molto accreditata, sulla quale gli inquirenti preferiscono non riferire perché – hanno spiegato in conferenza stampa – “ci sono indagini in corso”. Dopo l’arresto di Antonio Zuliani, nel marzo scorso, incastrato grazie al suo profilo genetico trovato su un guanto di lattice lasciato sul luogo del delitto, stamattina è scattata l’operazione “Macht Point”. Sul fatto di sangue avvenuto il 15 dicembre 2015, la Procura ha chiuso il cerchio e sono finiti in carcere altri due indagati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip.
Si tratta di Arcangelo Michele D’Angelo di 29 anni e Saverio Ramondino di 27. Quest’ultimo, nel 2014, era stato gambizzato mentre entrambi hanno precedenti per spaccio di droga. I loro nomi, sui quali stava già indagando la polizia, sono stati riscontrati proprio dal primo arrestato, Zuliani, che a novembre ha chiesto di parlare con i magistrati ai quali ha detto di essere stato incastrato da D’Angelo e Ramondino. Zuliani ha ammesso di aver saputo dell’omicidio, di conoscere gli esecutori materiali e di aver partecipato alla “prova delle armi”. I guanti di lattice utilizzati per la prova, tra cui quello di Zuliani e poi ritrovato dalla polizia, sarebbero stati poi riposti in una busta occultata vicino ad un albero.
Stando alla sua versione, Zuliani aveva chiesto a D’Angelo chi fosse “la persona da uccidere e il motivo per cui doveva commettere quel delitto. – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – L’interlocutore gli ha risposto che si trattava di tale Fiorillo Francesco e che in seguito gli avrebbe spiegato i motivi”. Ex titolare di un bar poi diventato venditore ambulante di frutta, Fiorillo è stato ucciso mentre rientrava a casa dopo che aveva parcheggiato la propria automobile nella frazione Longobardi di Vibo Valentia.
Contro di lui sono stati sparati otto colpi da due pistole diverse. Secondo quanto è emerso dalle indagini, Fiorillo potrebbe essere stato assassinato perché avrebbe tentato di adescare uno o più minori legati a persone che avrebbero poi programmato la vendetta nei suoi confronti. Il primo arresto, quello di Antonio Zuliani, e le intercettazioni disposte dalla Procura, infatti, hanno consentito di fare luce su un giro di prostituzione minorile che poi ha portato all’inchiesta “Settimo cerchio”.
In quell’operazione era stato coinvolto un pensionato, Francesco Pugliese, condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi di carcere perché, assieme all’ex parroco di Zungrì don Felice La Rosa (pure lui condannato a 2 anni e 4 mesi), avrebbe avuto rapporti sessuali con minorenni reclutati dal bulgaro Miroslaev Iliev. Condannato a 5 anni e 6 mesi, il bulgaro incassava 20 delle 50 euro che i clienti pagavano ai minori per ogni prestazione sessuale consumata nell’abitazione del pensionato. Quella casa, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, era solito frequentarla anche Francesco Fiorillo, assieme a qualche ragazzo sedicenne dedito alla prostituzione. Lo stesso gip di Vibo, nell’ordinanza che l’anno scorso portò all’arresto del primo presunto killer, scrisse che “proprio l’attrazione sessuale che la vittima nutriva verso ragazzi particolarmente giovani potrebbe collocarsi fra le ragioni sottese al gravissimo gesto ai danni di Fiorillo”. Incrociando le risultanze investigative delle varie inchieste, l’ipotesi legata al giro di prostituzione minorile è solo un forte sospetto sul quale la squadra mobile e la Procura di Vibo Valentia stanno ancora indagando.
Le prove schiaccianti che hanno portato all’ordinanza di custodia cautelare di oggi, invece, riguardano la fase esecutiva dell’omicidio. Per l’operazione “Macth point”, infatti, si è rivelato fondamentale ilsistema gps installato da una società di assicurazioni sull’automobile di uno dei due arrestati. Grazie a questa apparecchiatura, infatti, la polizia è riuscita a ricostruire i movimenti effettuati dall’automobile del presunto omicida e inchiodarlo alle sue responsabilità.