E' quanto chiesto da Fresa nella sua requisitoria di fronte al Csm nell'ambito del processo a carico dei due magistrati. Entrambi sono accusati di aver violato i diritti di difesa dell’ex consigliere di Palazzo Chigi, ascoltato nell’inchiesta Consip come testimone, e dunque senza difensore, quando in realtà secondo l’accusa c'erano già gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati
Il procuratore generale della Cassazione Mario Fresa ha chiesto alla Sezione disciplinare del Csm di condannare il pm di Napoli Henry John Woodcock alla censura e la sua collega Celestina Carrano all’ammonimento. La richiesta è arrivata nell’ambito del processo a carico dei due magistrati. Entrambi sono accusati di aver violato i diritti di difesa dell’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, ascoltato nell’inchiesta Consip come testimone, e dunque senza difensore, quando in realtà secondo l’accusa c’erano già gli elementi per iscriverlo nel registro degli indagati.
La mancata iscrizione, ha detto Fresa nella sua requisitoria, “configura pienamente l’illecito contestato” di “grave e inescusabile negligenza è grave scorrettezza “; è stata “una scelta non conforme al protocollo, non argomentata e contraddittoria”. I due pm, ha continuato “si dovevano rendere conto che Vannoni non poteva essere sentito come persona informata dei fatti”. E’ stato “scelto il soggetto più debole per farlo parlare” e secondo il pg si è trattato “di una strategia investigativa: si è ascoltato Vannoni per vestire meglio la notizia di reato” da trasmettere ai pm di Roma, titolari di un altro filone dell’inchiesta. “L’iscrizione nel registro degli indagati quando ci sono i presupposti di legge è un atto dovuto “, ha sottolineato Fresa.
Ai due pm viene contestata anche la violazione delle norme a garanzia degli indagati per il modo in cui è stato condotto l’interrogatorio. “Che bisogno c’era che in quella stanza ci fossero 5 persone, o di dire a Vannoni ‘ti vuoi fare una vacanza a Poggioreale’ o mostrargli i fili delle microspie?”, ha chiesto il pg, che ha poi ha detto di non credere che il nome di Matteo Renzi nel corso di quel l’interrogatorio fosse stato fatto spontaneamente da Vannoni: “E’ impossibile che sia venuto fuori così, senza una domanda. Vannoni era il soggetto più debole, il nome di Renzi è stato chiesto”, ha affermato, definendo l’interrogatorio “veramente scorretto”. Anche per l’intervista rilasciata a Repubblica Fresa ha parlato di “comportamento gravemente scorretto ” e di interferenza con i pm romani”.
Wodcock ha invece difeso il suo operato: “Ho sempre cercato di accogliere le parti private delle vicende processuali con il sorriso”, ha detto davanti alla Sezione disciplinare del Csm, “ho sempre immaginato che il potere legato a questo mestiere vada esercitato con responsabilità. Ho sempre immaginato il senso di angoscia che prova l’estraneo che entra nel Palazzo di giustizia”. In quell’interrogatorio “Vannoni arrivò già sconvolto e trafelato” ha detto Woodcock, aggiungendo che per metterlo a suo agio sia lui che la collega Carrano gli chiesero se voleva un bicchiere d’acqua o andare in bagno”, ed evidenziando che il contesto delle domande fu “ordinario”. Al pm vengono contestate anche alcuni giudizi sull’inchiesta che vennero pubblicati da Repubblica: “Il colloquio con Liana Milella (ndr l’autrice dell’articolo) fu salottiero, cioè tra due amici che si conoscono da più di 20 anni, e si chiuse la conversazione con il giuramento solenne da parte sua che non avrebbe pubblicato nulla”.
L’udienza è stata aggiornata al 18 febbraio, quando sono previsti gli interventi dei difensori, per Woodcock Marcello Maddalena e per Carrano Antonio Patrono, e la camera di consiglio del collegio disciplinare, presieduto dal laico M5S Fulvio Gigliotti, per la decisione finale.