I fatti si riferiscono a quando l'ex membro del governo Renzi era sindaca di Monasterace. Rischiano il processo altri 12 imputati
La Procura di Locri ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex ministra per gli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta. Il processo è stato fissato per il 21 febbraio quando, davanti al gup, dovranno comparire altri 12 imputati accusati, a vario titolo, di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale e peculato. Tra loro ci sono quattro funzionari della Regione Calabria che rispondono anche del reato di occultamento di documenti. La Lanzetta è stata ministra per 11 mesi, all’inizio del mandato dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi.
La vicenda risale al 2009 quando la Lanzetta era sindaco di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria. Al centro dell’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Locri Ezio Arcadi, c’è il finanziamento della Regione Calabria che doveva servire a ottimizzare il sistema fognario del piccolo Comune della Locride e del depuratore consortile di Camini.
Fondi per un milione e mezzo di euro che, però, non hanno risolto i problemi della rete fognaria del comprensorio. Nonostante, all’epoca, fosse già disponibile un progetto redatto su incarico del commissario delegato per l’emergenza e il dirigente dell’ufficio tecnico comunale Vito Micelotta (anche lui imputato) si fosse dichiarato disposto ad assumerlo, lo stesso (diventato contemporaneamente responsabile del procedimento) “approvava – scrive il pm – un progetto definitivo redatto dall’ingegnere Domenico Sodaro, appartenente all’ufficio tecnico comunale”.
In sostanza, nella primavera del 2009 “decollavano” i lavori per ottimizzare il sistema fognario di Monasterace ma “sulla scorta di tutt’altro progetto, senza che nulla fosse comunicato alla Regione”. Secondo gli inquirenti, “una serie cospicua di lavori non figuravano eseguiti”. Ecco, quindi, che ancora oggi “Monasterace superiore – è scritto nella richiesta di rinvio a giudizio – sversa per intero in pozzi siti al disotto del ponte che attraversa il fiume Assi e da tali siti, a seguire, nel fiume Assi”.
Nello stesso corso d’acqua sversa la condotta di collegamento (che “è seriamente danneggiata”) tra la frazione Campomarzo e Monasterace centro dove una parte dei liquami vengono inviati al “vetusto depuratore esistente in contrada Lambrosi” e una parte finiscono “in una stradella interpoderale che conduce al fiume Stilaro”. “In definitiva – sottolinea il pm Arcadi – nulla è cambiato rispetto al passato e i lavori eseguiti sono consistiti nella semplice posa qua e là di tubazioni che non collettano nulla e sversano (inquinando) qui e lì per il territorio comunale”.
Stesso discorso per le “attrezzature elettromeccaniche necessarie alla messa a regime del sistema a servizio degli impianti di sollevamento”: elettropompe e alcuni quadri elettrici che, sulla carta, “risultano effettivamente realizzati”. Il problema è che non ci sono. Anzi – aggiunge il magistrato che ha coordinato le indagini – quelle attrezzature “risultano asportate”. Per quanto riguarda l’ex ministro, secondo la Procura di Locri, la responsabilità dell’allora sindaco di Monasterace Maria Carmela Lanzetta è quella di aver delegato, per la convenzione con la Regione Calabria, il funzionario dell’ufficio tecnico comunale Domenico Sodaro.
Nell’aprile 2009, inoltre, l’ex ministro sottoscrisse il protocollo d’intesa con gli altri comuni consorziati, “ma non si curò minimamente degli adempimenti conseguenti”. Dopo aver richiesto il progetto originario redatto su incarico del commissario per l’emergenza ambientale, infatti, la Lanzetta “consentì che la progettazione ‘autonoma’ fosse redatta dal geometra Vito Micelotta e dall’ingegnere Domenico Sodaro”. Anche per loro la Procura di Locri ha chiesto il processo così come per i funzionari dell’assessorato regionale all’Ambiente Bruno Cundari, Salvatore Epifanio, Giuseppe Graziano e Bruno Gualtieri.