Il saldo tra costi e benefici della Tav è negativo per sette miliardi, dicono Repubblica e La Stampa. E’ negativo per sei, ribatte oggi il Corriere. Balla quasi un miliardo nelle indiscrezioni sul famoso dossier di 80 pagine consegnato ieri a Parigi e Bruxelles ma non alla Lega e al Parlamento. Numeri che già lasciano intravedere la guerra di cifre che esploderà appena diverrà pubblico, cosa che – ribadiscono stamattina al Ministero – avverrà “entro la prossima settimana”. L’ok alla disclosure, infatti, non è ancora arrivato da via Caraci, dove le ricostruzioni di queste ore sono ritenute “quantomeno imprecise”, per non dire grossolane.
Nel frattempo prosegue il dialogo a distanza Di Maio-Salvini. “Con la Lega troveremo una soluzione come sempre”, ribadisce il primo. “Sono sicuro che l’analisi costi-benefici ci dirà che è un’opera che non sta in piedi. Perché se ne sono fatte tante di analisi e ora arriverà quella ufficiale“. A distanza risponde Matteo Salvini su Radio1: ”Nel contratto di governo c’era la revisione dell’opera. Costi e sprechi si possono tagliare, ad esempio le megastazioni. Si può risparmiare fino a un miliardo di euro”. Se poi non ci fosse accordo, il leader della Lega ribadisce la strada del referendum, ma si tornerà a parlare di Tav “quando avremo i numeri in mano”. Numeri che però corrono sui giornali, insieme a ricostruzioni diverse, per una sentenza di bocciatura già annunciata.
Il quotidiano di via Solferino cita le conclusioni dell’analisi, con tanto di virgolettati: “La notevole diminuzione del traffico merci non giustifica la spesa per la linea ferroviaria. E i costi superano i benefici per 6 miliardi di euro”. Nell’articolo del Corriere della Sera si spiega che il team del professor Marco Ponti “ritiene più conveniente sborsare 3,4 miliardi euro per eventuali penali e costi annessi alla rinuncia dell’opera, come previsto dall’Avvocatura dello Stato, che continuare a investire in un’opera “inutile”. Repubblica e La Stampa parlano invece di sette. Quel miliardo che si perde per strada è la cifra della confusione cui offre un contribuito la gestione pasticciata del dossier, ormai da un mese nelle disponibilità del ministro.
Il quotidiano romano fornisce altre cifre, sempre frutto di indiscrezioni, che fa smontare subito ai promotori dell’opera come fossero certe. Dalla ricostruzione emerge che l’analisi sarebbe fortemente pregiudicato da scelte ed errori di fondo compiute da Ponti. Tra le altre, la nessuna considerazione dei benefici ambientali dovuti al trasferimento delle merci dai tir ai treni per 11 miliardi da portare a compensazione dei 6 di mancato gettito sul pagamento delle accise sulla benzina. Il fatto poi che la commissione avrebbe calcolato costi e benefici sull’intera tratta tra Torino e Lione, come se l’Italia si dovesse sobbarcare l’intero costo dell’opera e non circa un quarto. “Questo spiega perché Toninelli e i grillini hanno sempre parlato di un costo di 20 miliardi”. E sulla base di quei 20 miliardi Ponti avrebbe dedotto che i costi superano i benefici di 7 miliardi. Ma i sostenitori dell’opera si preparano a smontare la tesi: “La Torino-Lione – dice il commissario di governo Paolo Foietta – costerà complessivamente 15 miliardi e non i 20 miliardi di cui parla Toninelli nascono da ipotesi non reali”. Nel calcolo, secondo l’anticipazione, c’è un costo di 7,7 miliardi per la tratta nazionale della Francia, tra il tunnel di base e Lione che porta la spesa complessiva a 20 miliardi. “Ma la Francia – replica Foietta – ha già deciso da tempo di ridurre quella spesa, che è tutta del governo di Parigi, tanto che oggi l’ipotesi più probabile è di un sostanziale dimezzamento a 3,4 miliardi”. I cinque miliardi di extracosti calcolati dalla commissione si portano via una buona fetta dei famosi 7 miliardi di costi eccessivi.
Di sicuro si arriverà a discutere anche dei decimali. I costi dell’opera stimati nel 2012 erano pari a 8,6 miliardi per la tratta internazionale tra Italia e Francia, da aggiornare all’inflazione. Per Ponti, secondo l’anticipazione di Repubblica, quell’adeguamento andrebbe calcolato all’1,5 per cento, facendone salire il costo a 9,6 miliardi. Ma l’inflazione, è il contrappunto, è stata “significativamente più bassa delle previsioni, tanto che al 31dicembre scorso gli 8,6 miliardi del 2012 erano diventati 8,7”. Idem per le accise. Tra le contestazioni che già emergono, quella di aver inserito tra i costi le minori accise sui carburanti. Repubblica cita il dato dei 6,3 miliardi, ma è relativo a una stima fatta nel 2011 su richiesta di Palazzo Chigi. Sarebbe da aggiornare, visto l’aumento delle accise intervenuto in quasi dieci anni.