La conferma del vicedirettore generale di Bankitalia è il nuovo fronte che incendia i rapporti tra M5s e Lega. Giovedì in Consiglio dei ministri Luigi Di Maio si è opposto al via libera a Luigi Federico Signorini, sostenuto – oltre che da via Nazionale – dal ministro del Tesoro Giovanni Tria e dalla Lega.
L’incarico di Signorini scade l’11 febbraio e il 16 gennaio scorso il Consiglio Superiore di Via Nazionale aveva proposto la sua conferma. Ma spetta al premier Giuseppe Conte, di concerto col ministro dell’Economia e sentito il Cdm, trasferire la proposta al presidente della Repubblica, che con un decreto formalizza la nomina. Nel Cdm notturno di ieri, la proposta di riconfermare Signorini ha visto salire in trincea il M5s, che vuole andare a fondo nell’opera di “spoil system” dei tecnici. E, non a caso, oggi Di Maio annuncia la rotazione di 10 direttori generali del Mise, spiegando che i restanti 5 ruoteranno entro marzo. “Per alcune direzioni ciò non avveniva da 17 anni, finalmente arriverà un pò d’aria fresca”, dice il vicepremier.
Parole che, di fatto, sono traducibili per il “caso Signorini“. Con un’appendice. Le considerazioni, non certo morbide, che il vicedirettore di Bankitalia ha dedicato lo scorso ottobre in audizione in Parlamento sul reddito di cittadinanza. “Una misura dagli effetti graduali e modesti”, era stato il suo giudizio. La Lega, però, non ci sta. E ieri, si è fatta sentire, contestando, con Tria, due punti al M5s: un simile diniego va motivato e, anche se così fosse, si rischierebbe di ledere l’indipendenza della banca centrale, fissata dai Trattati Ue.
Ma il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, partendo dal nodo Signorini, avrebbe anche fatto una riflessione sulla tenuta del governo: “Così non arriviamo neanche a fine mese“, avrebbe avvertito. Al momento, però, l’iter per il rinnovo di Signorini resta aperto, non essendo giunto nessun diniego formale. Il caso Bankitalia è un ulteriore spia delle fibrillazioni di M5s e Lega. L’offensiva anti-Macron di Di Maio si inscrive in questo binario. “Non c’è nessuna lite con la Francia ma Macron è un avversario politico”, ribadisce il vicepremier da Pescara, dove si reca con Paola Taverna e diversi altri parlamentari per sostenere la candidata Sara Marcozzi. E dall’Abruzzo Di Maio rivendica il “gemellaggio” con i gilet gialli ponendosi così in una posizione simile – ma da un punto di vista diverso – a quella di Salvini, in chiave Europee.