Oggi vi propongo – così, tanto per non perdere l’allenamento – tre esempi di differente spessore e gravità sul quotidiano sessismo e la scarsa consapevolezza del disvalore della violenza maschile contro le donne.
1. Il primo esempio riguarda l’articolo Rimini, geloso della ex moglie terrorizza amici e spasimanti pubblicato sul Resto del Carlino il 4 febbraio scorso che riguarda un caso di stalking. Ne ha già scritto Eretica e quindi vi invito a leggere il suo post. Ma è altrettanto interessante leggere anche i commenti all’articolo pubblicato sulla pagina Facebook del Resto del Carlino per comprendere come quella narrazione distorta abbia orientato i lettori e le lettrici nella percezione della gravità dello stalking.
La rappresentazione della vittima come una donna che volesse “godersela un po’” l’ha stigmatizzata negativamente come donna e come madre, influenzando l’opinione dei lettori e delle lettrici. I commenti sono orientati nel dare comprensione e indulgenza all’uomo e giudizi più severi sulla donna. Una lettrice, addirittura, ha invocato la galera per lei e la scarcerazione per lui. La morale? Ballare ed essere sessualmente attive, soprattutto se si è madri (quanto pesa il retaggio della cultura cattolica della madre, vergine e santa e sacrificale?) è più grave o è di pari gravità che pedinare, minacciare e terrorizzare le persone per invadere con violenza la loro sfera privata e la loro vita.
Questi commenti rendono evidente quanta responsabilità abbiano i media nell’orientare l’opinione pubblica e sensibilizzare sul disvalore della violenza maschile contro le donne. In questo caso il Resto del Carlino ha applicato la morale sessuale machista e patriarcale: si è dato spazio a considerazioni inopportune e irrilevanti sulla vita privata della donna e la violenza è stata narrata come se si trattasse di un pettegolezzo, con tono scanzonato, sminuendone la gravità.
2. Il secondo esempio riguarda la pubblicità di una discoteca romana, che ha promosso facendo ironia sullo stupro la serata dedicata a San Valentino. Sulla pagina Facebook della discoteca è stata pubblicata l’immagine di un ragazzo che cinge col braccio una ragazza svenuta con lo slogan “perché sedurle quando puoi sedarle?”. Immediatamente sono piovute le proteste. Invece di scusarsi i gestori della discoteca hanno risposto con la solita scusa, quella dell’ironia, come se sulla stupro si potesse ironizzare. Insomma, non sono i gestori della discoteca che invitano allo stupro: sono gli altri che pensano male.
3. Il terzo esempio è andato in onda stamattina nella trasmissione Rock morning di Radio Freccia. Gli ascoltatori e le ascoltatrici sono stati invitati a raccontare, inviando un sms o registrando un messaggio vocale, una giornata felice della loro vita. I conduttori hanno letto l’sms di un ascoltatore che ha ricordato con gioia quando fece la mano morta alle infermiere per festeggiare la sua convalescenza dopo un brutto incidente. Nessun commento da parte dei conduttori che invece ne hanno riso, forse ignorando che la Corte di Cassazione ha stabilito che la cosiddetta mano morta sia una vera e propria violenza sessuale.
Se la sottocultura che giustifica, banalizza o incita alla violenza contro le donne viene inconsapevolmente o addirittura intenzionalmente veicolata da giornalisti, conduttori o pubblicitari, ovvero da tutti coloro che lavorano con la comunicazione, dobbiamo impegnarci ancora molto per far capire che con la violenza contro una donna non si può scherzare, né dare giustificazioni, perché è la violazione di un diritto umano.