La guerra delle trivelle è (ancora una volta) servita. Con Ravenna che diventa capofila delle città che chiedono al governo di ritirare l’emendamento che blocca per 18 mesi la ricerca di gas inserito nel Ddl semplificazioni. In un incontro che si è svolto nel municipio della città romagnola il sindaco e presidente della Provincia Michele de Pascale ha lanciato un appello al vicepremier Salvini, facendo leva non a caso sul suo ruolo di “segretario della Lega”, per fermare il provvedimento definito “demagogico” e sul quale non è un mistero che si sia trovato un accordo, accontentando più il Movimento 5 Stelle che il Carroccio. È improbabile che l’emendamento non venga approvato dalla Camera, come previsto, entro il 12 febbraio. Da parte sua, l’industria oil & gas si prepara alla guerra legale. Il network ‘Per l’energia nazionale’, di cui fanno parte diverse compagnie, ha annunciato un ricorso sulla costituzionalità dell’emendamento. E poi c’è l’ultima spiaggia: quella delle cause per danni. Tra l’altro, si tiene proprio in questi giorni l’udienza per l’arbitrato internazionale contro l’Italia da parte della compagnia Rockhopper per lo stop a Ombrina Mare. Un’altra storia certo, ma che potrebbe segnare un precedente significativo. Intanto Legambiente parla di “battaglie anacronistiche” evidenziando che l’unica strada è la conversione a energie pulite.
RAVENNA GUIDA LA LOTTA ALL’EMENDAMENTO – “Da Ravenna e dall’Emilia-Romagna arriva un segnale molto forte al Governo: stralciate una norma che uccide il settore, bloccando il lavoro e gli investimenti”. Queste le parole pronunciate dal governatore Stefano Bonaccini all’incontro organizzato dal sindaco de Pascale, ieri, 5 febbraio, a sostegno del comparto delle estrazioni e a proposito dell’emendamento sulle trivelle e al quale hanno partecipato rappresentanti degli enti locali, imprenditori e lavoratori del comparto (arrivati da diverse regioni). Al primo cittadino di Ravenna è stato chiesto di formare un coordinamento nazionale e di organizzare, per il momento, una manifestazione nazionale per fine febbraio. Nel frattempo, già prima (il 9 febbraio) si terrà la manifestazione nazionale dei sindacati.
L’APPELLO A SALVINI – Nonostante il messaggio che proprio il sindaco ha diretto a Salvini: “A nome di tutto il comparto economico dell’offshore, lavoratori e imprese che insieme a me hanno sottoscritto un appello pubblico, chiedo al vicepremier Matteo Salvini, anche in qualità di segretario della Lega, di fermare l’approvazione di un provvedimento demagogico che metterà in crisi uno dei settori economici più importanti del nostro Paese. Il gas naturale è la fonte fossile meno inquinante e proprio per questo è essenziale per accompagnarci nell’urgente transizione verso le energie rinnovabili”. D’altronde è ancora vivo il ricordo delle tensioni accumulate in seno al governo sulle trivelle, in seguito alle quali aveva minacciato le dimissioni il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5s). Dopo la sua presa di posizione, un vertice notturno convocato dal premier Giuseppe Conte e la tregua. Sulla base di un accordo che, c’è da dirlo, non ha accontentato tutti. Come dimostrato dalle dichiarazioni rilasciate da Salvini dopo poche ore: “Adesso cominceremo a imporre un po’ di sì, garantito”. Ed è su quello che ora fanno leva gli imprenditori del settore. Il governatore Stefano Bonaccini fa da eco a de Pascale (“Ravenna sia tenuta fuori da questo pasticcio”), ma si rivolge a Luigi Di Maio: “Venga aperto subito un tavolo con il ministero dello Sviluppo economico. Perché è chiaro che un minuto dopo l’approvazione del dl Semplificazione bisognerà dichiarare lo stato di crisi del settore”.
IL BLITZ DI LEGAMBIENTE – Contraria all’organizzazione dell’incontro pro-trivelle l’associazione Legambiente che, davanti alla sede del Comune, ha manifestato definendo l’incontro un “un summit totalmente anacronistico, perché la priorità su cui si deve concentrare la politica è la decarbonizzazione dell’economia, con il taglio dei 16 miliardi di euro di sussidi annuali alle fonti fossili e la riconversione del settore energetico”. Secondo Legambiente la strada da percorrere per tutelare davvero i lavoratori dell’industria oil and gas e dell’indotto è la riconversione del settore nelle fonti rinnovabili. “Riorganizzare il comparto – ha dichiarato il presidente di Legambiente Emilia Romagna, Lorenzo Frattini – significa anche andare a vedere quanti soldi vengono regalati alle compagnie che estraggono idrocarburi”.
QUALCHE DATO – In Emilia Romagna, nel 2017, per una produzione regionale di idrocarburi pari a 18.352 tonnellate di petrolio e 1.819 milioni di Smc di gas, sono stati versati come royalties, tra Regione e Comuni, circa 3,7 milioni di euro. “In base alle soglie di esenzione stabilite dalla normativa italiana – sottolinea Legambiente – quell’anno tutto il petrolio estratto e circa il 62,9% di gas, pari a 1.145 milioni di metri cubi standard sono stati esenti dal pagamento delle royalties da parte delle compagnie petrolifere per un mancato introito stimabile in circa 24 milioni e 800mila euro. Sui 18 Comuni coinvolti dalle attività estrattive, uno soltanto riceve le royalties spettanti”.
L’OFFENSIVA DELLE COMPAGNIE PETROLIFERE – Di fatto proprio le compagnie che verrebbero penalizzate dal Decreto Semplificazioni si stanno preparando a chiedere il conto. Al quotidiano La Stampa il ceo di AleAnna, Sioux Sinnott, ha spiegato che l’azienda “è nata per sviluppare il gas italiano e contribuire alla crescita economica del Paese e farà di tutto per portare a termine questa missione”. Da par sua, il governo ha previsto che l’approvazione del decreto porterà a una spesa ingente sia per la perdita da parte delle compagnie legata agli investimenti, sia per il cosiddetto ‘lucro cessante’, ossia per quei profitti persi che sarebbero potuti derivare dallo sfruttamento di eventuali giacimenti scoperti. Ma mentre la cifra ipotizzata dal governo ammonta a circa 470 milioni di euro, per i legali delle compagnie direttamente interessate agli effetti dell’emendamento sarebbero più importanti (perché vanno aggiornate) le cifre legate alla perdita degli investimenti. Cifre? Impossibile dirlo con certezza, ma si parla di richieste miliardarie. Di fatto, come riporta il quotidiano torinese, da parte del network ‘Per l’energia nazionale’ (ne fanno parte AleAnna, Audax Energy, Po Valley, Pengas italiana, Delta Energy, Northsun Italia, Irminio, Appenine e PXOG Marshall) è già pronto un ricorso sulla costituzionalità dell’emendamento. A seconda di come andrà, scatteranno poi le cause delle diverse compagnie.
L’ARBITRATO PER OMBRINA MARE – E proprio in questi giorni si terrà una udienza nell’ambito dell’arbitrato internazionale della Rockhopper. La compagnia inglese nel 2017 ha chiesto all’Italia centinaia di milioni di euro per il progetto andato in fumo della piattaforma Ombrina Mare, che avrebbe dovuto sorgere, nel Mare Adriatico, a poca distanza dalle spiagge della Costa deiTrabocchi, in provincia di Chieti. Prima ci fu la sospensione per un anno del permesso di ricerca di cui Rockhopper era titolare e poi, all’inizio del 2016, fu rigettata la richiesta di concessione a estrarre petrolio dal giacimento scoperto una ventina di anni fa e sfruttato da una piattaforma costruita a 6 miglia dalla costa abruzzese e poi smantellata. Lo stop è stato, in realtà, una conseguenza delle modifiche inserite nella legge di Stabilità 2016 da Palazzo Chigi. Un’altra storia, va sottolineato, su cui ora però sono puntati gli occhi di tutto il comparto, convinto che potrebbe rappresentare un precedente significativo.