I tre giovani originari di Rosarno, in Calabria, si trovano nel penitenziario del capoluogo in attesa della convalida del fermo. Sono i figli di Francesco Amato, sequestratore delle Poste di Pieve Modolena a novembre e condannato nel maxi-processo alla 'ndrangheta emiliana
Tre uomini sono già in carcere per le minacce ai gestori delle pizzerie e gli spari contro le vetrate. Li hanno arrestati i carabinieri di Reggio Emilia nella giornata di sabato 9 febbraio. Si tratta di tre fratelli: Mario, Cosimo e Michele, figli di Francesco Amato, uno dei protagonisti del processo Aemilia. Era salito alla ribalta, dopo la condanna di primo grado, per il clamoroso sequestro ai primi di novembre di cinque funzionari di una agenzia di Poste Italiane, alla periferia di Reggio Emilia. Amato li tenne per otto ore sotto la minaccia di un coltello consegnandosi solo a tarda sera ai carabinieri, tra gli applausi di decine di famigliari che lo aspettavano all’esterno. Forse tra loro c’erano anche i fratelli arrestati ieri nei loro appartamenti alla periferia di Reggio e che ora attendono nel carcere della Pulce la convalida del fermo chiesto dalla procura reggiana. Uno dei tre, Mario, aveva precedenti penali per il possesso illecito di armi: un episodio che risale a una decina di anni fa.
Gli Amato sono originari di Rosarno, in Calabria, e due esponenti di rilievo della famiglia, Francesco e il fratello Alfredo, sono ritenuti uomini della ‘ndrangheta reggiana che rispondeva a Nicolino Sarcone, il capo della cosca autonoma legata a Nicolino Grande Aracri. Sono stati entrambi condannati a 19 anni nella prima sentenza del rito ordinario di Aemilia. Il collaboratore di giustizia Antonio Valerio, con una dichiarazione spontanea pronunciata in aula nell’ultima udienza del processo, disse che gli Amato (chiamati i Gitani da Valerio perché di stirpe nomade) erano pronti a lottare per prendere il comando a Reggio Emilia, ma che avrebbero dovuto sparare per farlo. E puntualmente con il nuovo anno i colpi sono arrivati.
Ma gli Amato hanno sparato, secondo le indagini lampo dei carabinieri, contro le pizzerie a fini estorsivi, lasciando tracce del loro passaggio che hanno consentito la identificazione. Mancano invece ad oggi elementi noti che possano collegare questi episodi all’incendio doloso di auto sulla via Emilia per Parma compiuto nei giorni scorsi. Quattro auto e un furgone bruciati con una plateale azione di intimidazione e/o di ritorsione. Un fatto avvenuto di notte che ancora non ha né un autore né uno o più destinatari certi e identificati. C’è ancora lavoro per la procura reggiana e per le forze dell’ordine.