Il vicepremier sposa la linea del deputato leghista Borghi, che in un'intervista alla Stampa invoca un intervento per ovviare alla "anomalia" per cui "manca una norma che dica chiaramente di chi sono" i lingotti detenuti da via Nazionale. "Ciò non significa che il governo possa venderlo", aggiunge. Secondo un retroscena del quotidiano c'è l’idea di usare una parte per evitare aumenti Iva e manovra correttiva
“L’oro è di proprietà degli italiani, non di altri. Non ho studiato bene l’idea di usare l’oro per sterilizzare l’Iva, ma l’importante è che sia certificato che quell’oro è degli italiani”. Il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha commentato così in conferenza stampa alla Camera l’intervista alla Stampa in cui Claudio Borghi, deputato della Lega e presidente della commissione Bilancio, invoca un intervento del legislatore per ovviare alla “anomalia” per cui “manca una norma che dica chiaramente di chi sono le riserve auree” detenute dalla Banca d’Italia, che a gennaio ammontavano a oltre 90 miliardi di euro.
Stando al retroscena del quotidiano torinese, dietro le prese di posizione dei vicepremier a favore di una “discontinuità” ai vertici di via Nazionale c’è “l’idea dei gialloverdi di usare una parte delle riserve auree per dirottarle sulla spesa, evitando così una manovra correttiva e l’aumento dell’Iva nella legge di Bilancio del prossimo anno, esito che nell’esecutivo cominciano a considerare scontato se la crescita continuerà a essere così rallentata”. Dalla Bce è arrivato un “no comment”, ma fonti dell’Eurotower hanno ricordato che il trattato dell’Ue all’articolo 127 attribuisce all’istituzione di Francoforte il compito di “detenere e gestire le riserve ufficiali” dei paesi aderenti all’Eurozona. Manca, quindi, un esplicito riferimento alla ‘proprietà’ di tali riserve anche se è in arrivo una risposta a una interrogazione presentata dagli europarlamentari Marco Valli (ex M5S) e Marco Zanni (Lega) che hanno chiesto alla Bce proprio “di chiarire a chi debba essere attribuita la proprietà legale delle riserve auree degli Stati membri” e “di far sapere in che modo essa possa disporre di tali riserve”. Dal canto suo il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, lunedì arrivando all’Eurogruppo è intervenuto sulla questione dicendo che “è importante preservare l’indipendenza della Banca centrale e anche delle istituzioni e dei regolatori dei mercati finanziari”.
Borghi, nell’intervista, dice che “nessuno vuole toccare le riserve auree”, “anzi noi le riserve auree le vogliamo tutelare e un pensierino andrebbe anche fatto al luogo dove tutto questo oro è depositato perché metà risulta conservato all’estero“, però “è aberrante che non abbiamo ancora un’interpretazione autentica. Cosa ci vuole a fare una legge per mettere nero su bianco che la proprietà dell’oro è dello Stato? Ciò non significa che il governo possa venderlo, però questa lacuna va colmata. L’oro appartiene agli italiani. Eppure non esiste legge che lo dichiari esplicitamente”. E anche se “Banca d’Italia è soggetto pubblico”, oggi “non c’è scritto da nessuna parte che la proprietà dell’oro è dello Stato e non degli azionisti privati”. Poi l’ex broker osserva che “ovunque le riserve auree sono formalmente detenute dallo Stato. La situazione anomala di Banca d’Italia deriva dalla sua storia”.
Le oltre 2.400 tonnellate di riserve auree, del valore di 90,8 miliardi di euro, in Italia non sono dello Stato ma della Banca d’Italia e fanno parte integrante delle riserve dell’Eurosistema. A dicembre il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi chiarì che “sull’aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell’oro si pronuncerà la Bce a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato euro”. Quella italiana è un’eccezione perché in gran parte degli altri Paesi, dagli Usa alla Germania alla Gran Bretagna, l’oro appartiene allo Stato, non alla Fed, alla Bundesbank o alla Bank of England. In ogni caso, un conto è la proprietà giuridica, altra cosa la disponibilità delle riserve auree, che fanno da fondamenta per la credibilità e solidità finanziaria di uno Stato.
Ma Bankitalia fa parte della Bce, cui le banche centrali nazionali dell’Eurozona hanno conferito oltre 500 tonnellate d’oro. Ecco perché i vari tentativi di metter mano all’”oro della patria” sono finora naufragati. In passato i governi Prodi e Berlusconi hanno manifestato l’intenzione di fare cassa con le riserve: Prodi nel 2007 disse di esser favorevole ad aprire “un dibattito serio” sul tema dell’utilizzo dell’oro “eccedente quanto richiesto dal concerto con la Bce” e l’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, aggiunse che l’uso delle riserve “non può essere un tabù”. E nel 2009 Giulio Tremonti, ministro dell’Economia del governo Berlusconi, propose di tassare le plusvalenze maturate dall’oro. In entrambi i casi i tentativi si scontrarono con lo stop della Banca centrale europea in nome dell’autonomia delle banche centrali dalla politica.