Dopo quasi dieci anni dal terremoto dell’Aquila e due e mezzo da quello che ha sconvolto l’Italia Centrale, percorrendo gli itinerari della sofferenza risaltano ritardi e magagne degli interventi pubblici, nell’ambito di un territorio dove continua a latitare la messa in sicurezza delle infrastrutture. Tuttavia, quello che preoccupa di più è la pressoché totale assenza di prevenzione e informazione a supporto di una cittadinanza indifesa, poiché non preparata all’emergenza.
Lavori a intermittenza e ponti pericolanti
Lungo la Salaria, da Ascoli Piceno fino alla deviazione per L’Aquila, percorrendo la via crucis del terremoto di agosto 2016, il tragitto è a singhiozzo per le soste continue dovute ai sensi unici alternati e ai semafori; misure necessarie per consentire i lavori di ripristino delle gallerie lesionate dal sisma, che ha provocato circa 300 vittime e la distruzione di centri urbani nel Lazio e nelle Marche/Umbria. Allo stato attuale, si stanno ancora rinforzando le pareti rocciose che scendono a picco sulla statale con l’applicazione di reti d’acciaio, per evitare frane e slavine causate dalla neve o da eventuali scosse sismiche.
Misure tardive: otto viadotti e dieci gallerie da ricostruire, che fino ad agosto dello scorso anno avevano causato il blocco della circolazione lungo la statale Tre Valli tra Norcia e Arquata del Tronto, e il tragitto a fasce orarie prefissate sulla Salaria. Ogni qualvolta il traffico riprendeva, i lavori si fermavano. Sono volati così due anni e mezzo, tra disagi per gli automobilisti e la disperazione dei centri colpiti, che adesso in pieno inverno non vedono ancora la luce in fondo al tunnel, metaforicamente e letteralmente parlando.
Non basta: il paradosso peggiore, proprio ora che si fa un gran trambusto sulla ricostruzione del ponte Morandi a Genova, si erge ai lati della carreggiata, dove – dimenticati dalle autorità e dai riflettori dei media – giacciono tuttora i monconi del viadotto lesionato da ripristinare, all’altezza dello svincolo per Arquata del Tronto. I ferri penzolanti nel vuoto, che collegano i due del ponte successivo, potrebbero cedere – in caso di maltempo e folate di vento – sulla strada sottostante e provocare nuove disgrazie. Nessuno se ne cura. Gli operai interpellati non hanno né tempo né voglia di rispondere. Non c’è traccia d’ingegneri o direttori ai lavori, né di polizia o municipale.
Ci sono ponti di serie A e di serie B. La loro retrocessione è direttamente proporzionale all’acqua che scorre sotto di essi. Più passa il tempo e meno se ne parla. E non va meglio alla gente. Cinquantamila sfollati ancora senzatetto, durante la consegna dei 125 prefabbricati (denominati moduli Sae – Soluzioni Abitative d’Emergenza) avvenuta nel novembre 2017, a Pieve Torina. Le casette, pur spartane nel loro design, non lo erano nel prezzo: 6.750 euro al metro quadro, per un totale di 6.722.100 euro, più 160.118 euro extra per oneri di sicurezza. Cifre esposte sul cartello che conteneva anche i dettagli del cantiere.
Al contrario, le casette consegnate in dicembre a Visso, Ussita, Norcia e Preci, colpiti dai sismi di ottobre 2016 e gennaio 2017, erano in condizioni così pietose (sporcizia, muffa, difetti idraulici, scarti di cantiere e via elencando) che gli abitanti rifiutarono di entrarci. A gennaio 2018, stesso triste destino per Accumoli e Amatrice: acqua gelata che bloccava i tubi, black-out continui, impianti fognari che vomitavano liquami fuori dai tombini e altre delizie del genere. Emerse poi che tali moduli non erano stati sottoposti a collaudi in condizioni climatiche avverse.
Come sempre il menefreghismo predomina, laddove non c’è troppo da lucrare. A Preturo, alla periferia dell’Aquila, tirano ancora avanti con i prefabbricati voluti da Guido Bertolaso, ex responsabile della Protezione Civile, nel 2009. Fortunatamente sono in condizioni decenti all’interno, mentre fuori avrebbero solo bisogno di una tinteggiata e impermeabilizzazione contro le intemperie, ma non ci sono i soldi. A Onna va peggio: il paesino è stato ormai abbandonato nel degrado, macerie transennate e ruderi imperano ad aeternum.
Educazione civica
Nonostante tali squallori, la pecca principale in concomitanza d’ogni calamità naturale che affligge un territorio come il nostro – soggetto a terremoti e alluvioni – va ricercata nell’impreparazione della gente al cospetto delle avversità. Comparando la situazione italiana con quella di altri Paesi, il contrasto risalta stridente. Durante il mio reportage in Ecuador nell’aprile del 2016 – quando un sisma devastante di magnitudo 8 distrusse la costa Nord del Paese – notai un’organizzazione di prim’ordine, che fu in grado di alloggiare fin dall’inizio oltre 60mila persone, non facendo mancar loro nulla.
Le infrastrutture cruciali, quali il ponte Los Caras che collega il centro con il Nord del paese, essendo costruite in acciaio ressero la mostruosa onda d’urto. È però nella prevenzione e nell’addestramento della popolazione per affrontare eventi come terremoti ed eruzioni vulcaniche che affliggono i Paesi andini – oppure uragani come nel caso di Cuba e Giamaica nei Caraibi – che si vede la differenza. In queste nazioni “in via di sviluppo”, la preparazione a cura di reparti specializzati dell’esercito comincia fin dalle scuole elementari, con simulazioni di soccorso e corsi basici. Da noi non esiste nulla del genere. Basti pensare che solo una settimana fa è arrivata l’approvazione del Comune di Roma per il piano di gestione emergenze della Protezione Civile, dopo ben dieci anni di attesa.
Nelle scuole italiane non si fa più educazione civica e la geografia è stata rimossa dalle materie di base, per cui mancano i presupposti culturali della prevenzione. Rimane solo Civilino, un video tutorial per bambini sempre a cura della Protezione Civile, a sancire il solco che separa noi dagli altri in termini di sicurezza.
Flavio Bacchetta
Reporter indipendente e fotografo
Ambiente & Veleni
Infrastrutture, in Italia mancano prevenzione e sicurezza. E il menefreghismo predomina
Dopo quasi dieci anni dal terremoto dell’Aquila e due e mezzo da quello che ha sconvolto l’Italia Centrale, percorrendo gli itinerari della sofferenza risaltano ritardi e magagne degli interventi pubblici, nell’ambito di un territorio dove continua a latitare la messa in sicurezza delle infrastrutture. Tuttavia, quello che preoccupa di più è la pressoché totale assenza di prevenzione e informazione a supporto di una cittadinanza indifesa, poiché non preparata all’emergenza.
Lavori a intermittenza e ponti pericolanti
Lungo la Salaria, da Ascoli Piceno fino alla deviazione per L’Aquila, percorrendo la via crucis del terremoto di agosto 2016, il tragitto è a singhiozzo per le soste continue dovute ai sensi unici alternati e ai semafori; misure necessarie per consentire i lavori di ripristino delle gallerie lesionate dal sisma, che ha provocato circa 300 vittime e la distruzione di centri urbani nel Lazio e nelle Marche/Umbria. Allo stato attuale, si stanno ancora rinforzando le pareti rocciose che scendono a picco sulla statale con l’applicazione di reti d’acciaio, per evitare frane e slavine causate dalla neve o da eventuali scosse sismiche.
Misure tardive: otto viadotti e dieci gallerie da ricostruire, che fino ad agosto dello scorso anno avevano causato il blocco della circolazione lungo la statale Tre Valli tra Norcia e Arquata del Tronto, e il tragitto a fasce orarie prefissate sulla Salaria. Ogni qualvolta il traffico riprendeva, i lavori si fermavano. Sono volati così due anni e mezzo, tra disagi per gli automobilisti e la disperazione dei centri colpiti, che adesso in pieno inverno non vedono ancora la luce in fondo al tunnel, metaforicamente e letteralmente parlando.
Non basta: il paradosso peggiore, proprio ora che si fa un gran trambusto sulla ricostruzione del ponte Morandi a Genova, si erge ai lati della carreggiata, dove – dimenticati dalle autorità e dai riflettori dei media – giacciono tuttora i monconi del viadotto lesionato da ripristinare, all’altezza dello svincolo per Arquata del Tronto. I ferri penzolanti nel vuoto, che collegano i due del ponte successivo, potrebbero cedere – in caso di maltempo e folate di vento – sulla strada sottostante e provocare nuove disgrazie. Nessuno se ne cura. Gli operai interpellati non hanno né tempo né voglia di rispondere. Non c’è traccia d’ingegneri o direttori ai lavori, né di polizia o municipale.
Ci sono ponti di serie A e di serie B. La loro retrocessione è direttamente proporzionale all’acqua che scorre sotto di essi. Più passa il tempo e meno se ne parla. E non va meglio alla gente. Cinquantamila sfollati ancora senzatetto, durante la consegna dei 125 prefabbricati (denominati moduli Sae – Soluzioni Abitative d’Emergenza) avvenuta nel novembre 2017, a Pieve Torina. Le casette, pur spartane nel loro design, non lo erano nel prezzo: 6.750 euro al metro quadro, per un totale di 6.722.100 euro, più 160.118 euro extra per oneri di sicurezza. Cifre esposte sul cartello che conteneva anche i dettagli del cantiere.
Al contrario, le casette consegnate in dicembre a Visso, Ussita, Norcia e Preci, colpiti dai sismi di ottobre 2016 e gennaio 2017, erano in condizioni così pietose (sporcizia, muffa, difetti idraulici, scarti di cantiere e via elencando) che gli abitanti rifiutarono di entrarci. A gennaio 2018, stesso triste destino per Accumoli e Amatrice: acqua gelata che bloccava i tubi, black-out continui, impianti fognari che vomitavano liquami fuori dai tombini e altre delizie del genere. Emerse poi che tali moduli non erano stati sottoposti a collaudi in condizioni climatiche avverse.
Come sempre il menefreghismo predomina, laddove non c’è troppo da lucrare. A Preturo, alla periferia dell’Aquila, tirano ancora avanti con i prefabbricati voluti da Guido Bertolaso, ex responsabile della Protezione Civile, nel 2009. Fortunatamente sono in condizioni decenti all’interno, mentre fuori avrebbero solo bisogno di una tinteggiata e impermeabilizzazione contro le intemperie, ma non ci sono i soldi. A Onna va peggio: il paesino è stato ormai abbandonato nel degrado, macerie transennate e ruderi imperano ad aeternum.
Educazione civica
Nonostante tali squallori, la pecca principale in concomitanza d’ogni calamità naturale che affligge un territorio come il nostro – soggetto a terremoti e alluvioni – va ricercata nell’impreparazione della gente al cospetto delle avversità. Comparando la situazione italiana con quella di altri Paesi, il contrasto risalta stridente. Durante il mio reportage in Ecuador nell’aprile del 2016 – quando un sisma devastante di magnitudo 8 distrusse la costa Nord del Paese – notai un’organizzazione di prim’ordine, che fu in grado di alloggiare fin dall’inizio oltre 60mila persone, non facendo mancar loro nulla.
Le infrastrutture cruciali, quali il ponte Los Caras che collega il centro con il Nord del paese, essendo costruite in acciaio ressero la mostruosa onda d’urto. È però nella prevenzione e nell’addestramento della popolazione per affrontare eventi come terremoti ed eruzioni vulcaniche che affliggono i Paesi andini – oppure uragani come nel caso di Cuba e Giamaica nei Caraibi – che si vede la differenza. In queste nazioni “in via di sviluppo”, la preparazione a cura di reparti specializzati dell’esercito comincia fin dalle scuole elementari, con simulazioni di soccorso e corsi basici. Da noi non esiste nulla del genere. Basti pensare che solo una settimana fa è arrivata l’approvazione del Comune di Roma per il piano di gestione emergenze della Protezione Civile, dopo ben dieci anni di attesa.
Nelle scuole italiane non si fa più educazione civica e la geografia è stata rimossa dalle materie di base, per cui mancano i presupposti culturali della prevenzione. Rimane solo Civilino, un video tutorial per bambini sempre a cura della Protezione Civile, a sancire il solco che separa noi dagli altri in termini di sicurezza.
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Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "Morte naturale per infarto". Sono questi i primi risultati dell'autopsia per Carmine Gallo, l'ex super poliziotto protagonista della lotta contro la criminalità organizzata a Milano e ai domiciliari dallo scorso ottobre per l'inchiesta Equalize sui presunti dossier illeciti, morto domenica nella sua abitazione a Garbagnate Milanese. Si tratta dei primi riscontri dei medici legali, poi "arriveranno i tossicologici" chiesti in via precauzionale per escludere qualsiasi altra causa.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - "Il libro di Follini rappresenta la foto di un mondo rovesciato rispetto al presente, un’America rovesciata, ieri prevaleva il senso della misura e il ragionamento, oggi prevale il populismo”. Lo ha detto il deputato del Pd Stefano Graziano presentando in conferenza stampa a Montecitorio il libro di Marco Follini 'Beneficio d’inventario'.
"Centrale è la parte che racconta della vita politica all’epoca del padre di Marco Follini, Vittorio, e dei leader politici del tempo da Francesco Cossiga, ad Aldo Moro, passando per Marco Pannella. Non tutti avevano la stessa idea politica ma erano tutti uniti nella forza di voler difendere la democrazia, una democrazia ottenuta con lotte, sangue, catastrofi e quindi seppur lontani politicamente, erano uniti dal dialogo. Una differenza abissale con l’Italia di oggi pericolosamente in mano ai sovranisti, dove tutto è concepito fuorché il dialogo. Forse questo abisso non è solo italiano ma sta prevalendo in tutto l’Occidente e la cosa è abbastanza preoccupante”, ha aggiunto Graziano.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - "La manovra repentina, improvvisa e del tutto imprevedibile, frutto certamente di una decisione di decimi di secondo attuata dal conducente del motoveicolo TMax non ha consentito al conducente del veicolo Giulietta di poter attuare alcuna manovra difensiva efficace". E' quanto sostiene la consulenza cinematica disposta dalla Procura di Milano e affidata all'ingegnere Domenico Romaniello. La relazione attribuisce la responsabilità dell'incidente a Fares Bouzidi, già indagato per omicidio stradale, l’amico di Ramy Elgaml che guidava lo scooter. Quando lo scooter da via Ripamonti svolta a sinistra verso via Quaranta, "con una deviazione improvvisa", per il consulente Fares imprime "una correzione di rotta verso destra", in direzione del marciapiede, e il carabiniere alla guida "non poteva certamente prevedere tale pericolosissima manovra e nulla ha potuto fare per evitare tale contatto, in ragione della impossibilità di poter attuare sia una correzione di rotta, sia una frenata efficace nello spazio a disposizione".
Non solo: il militare alla guida "non avrebbe altresì potuto neanche sterzare verso destra per la presenza del pedone (il testimone che riprende la scena con il cellulare) che per il conducente dell’autovettura è stato chiaramente percepito con la vista periferica" spiega l'ingegnere che ha realizzato la consulenza ricostruendo le condizioni di visibilità e velocità dell'inseguimento avvenuto la notte del 24 novembre scorso. Quella che mette in atto il carabiniere ora indagato per omicidio stradale (per lui si va verso la richiesta di archiviazione) è "una manovra difensiva obbligata": se lo scooter guidato da Fares avrebbe mantenuto la traiettoria 'naturale' chi guidava la Giulietta "non avrebbe sostanzialmente avuto problemi a mantenere il proprio veicolo iscritto nella curva da percorrere per la svolta a sinistra".
Quando Fares imposta la curva verso via Quaranta il T Max viaggia a una velocità di quasi 55 chilometri l'ora, quando il motociclo finisce la sua corsa contro il palo semaforico l'urto avviene a circa 33 chilometri orari. Per il consulente incaricato dalla procura la macchina che insegue, per evitare l'urto, "avrebbe dovuto disporre di uno spazio complessivo per l’arresto di circa 24 metri", mentre "il conducente aveva a disposizione circa 12 metri soltanto prima di giungere all’urto contro il palo semaforico".