Il boss Sebastiano Nirta è stato condannato all’ergastolo per la strage di Duisburg, la mattanza consumata il 15 agosto 2007 quando, nei parcheggi del ristorante Da Bruno, la polizia tedesca ha trovato sei morti ammazzati tutti originari di San Luca, in Calabria. Dopo un annullamento con rinvio della Cassazione, la Corte d’Assise d’appello di Reggio Calabria presieduta dal giudice Daniele Cappuccio ha confermato il carcere a vita per l’ultimo imputato della strage di ferragosto. Quel giorno la ‘ndrangheta ha esportato la faida di San Luca in Germania.
Con oltre 70 colpi di pistola erano stati trucidati i fratelli Francesco e Marco Pergola, Tommaso Venturi, Francesco Giorgi, Sebastiano Strangio e Marco Marmo. Il principale obiettivo dei killer era proprio quest’ultimo che sarebbe stato mandato a Duisburg da Antonio Pelle, detto la “Mamma”, per acquistare un furgone Peugeot blindato (per il quale era stata pagata già una caparra di 300 euro) e un fucile d’assalto americano Colt Ar-15 (rinvenuto all’interno del ristorante).
Il furgone e il fucile sarebbero serviti per tendere un agguato in grande stile al boss avversario Gianluca Nirta, sfuggito alla strage di Natale dove morì, invece, la moglie Maria Strangio. Per vendicare quest’ultima, ma anche per non consentire ai Pelle-Vottari l’ennesima rappresaglia, i Nirta-Strangio avrebbero agito d’anticipo colpendo gli avversari a Duisburg. L’inchiesta, all’epoca coordinata dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri (oggi a capo della procura di Catanzaro) ha svelato i retroscena della faida, una scia di sangue lunga oltre 15 anni. Dopo aver individuato in Giovanni Strangio uno dei killer presenti nel parcheggio del ristorante in Germania, le indagini della Mobile hanno consentito agli inquirenti di identificare anche Sebastiano Nirta.
Condannato all’ergastolo in primo grado, l’imputato era stato assolto in Appello con una sentenza che poi è stata annullata dalla Cassazione che, nel maggio 2016, aveva accolto il riscorso della Procura generale. L’ufficio, oggi guidato da pg Bernardo Petralia, è riuscito a valorizzare tutto il materiale probatorio già emerso nei vari filoni del processo e conclusi con sentenze di condanna passate in giudicato. L’avvocato generale Fulvio Rizzo ha dimostrato la presenza di Sebastiano Nirta grazie a una perizia sulla “traccia 710” – cioè tracce generiche riconducibili ai boss – che ancora non era stata acquisita. Dopo la famosa “traccia 13”, trovata sul pomello del cambio della Renault Clio (utilizzata da Strangio e Nirta per allontanarsi da Duisburg e poi abbandonata in Belgio), si tratta di un’altra traccia mista rinvenuta sul tappo della benzina.
L’ennesimo riscontro che fa il paio con il dna di Nirta trovato su un bicchiere, su due bottiglie di birra e su un mozzicone di sigaretta rinvenuti in un appartamento a Dusseldorf che fungeva da base logistica per i killer della strage di ferragosto. In attesa delle motivazioni della sentenza, tra 90 giorni, la Corte d’Assise d’appello ha condannato Nirta a pagare le spese legali alle parti civili.