“Mimì sarebbe molto fiera di questo film, ne sono convinta. E io ne sono di più”. Loredana Bertè parla come sorella di Mia Martini ed esprime tutta la sua gratitudine nei confronti di chi ha realizzato Io Sono Mia, il film che racconta il talento, la sensibilità, l’amore, la fragilità e il dolore di una delle artiste più grandi della storia musicale italiana. Tanto brava quanto bistrattata. Il film, che arriva in 285 sale cinematografiche dal 14 al 16 gennaio e poi a febbraio in tv, ripercorre la storia di Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì o Mia Martini. Tutto ruota attorno al 1989, l’anno in cui Mia torna a Sanremo con Almeno tu nell’universo dopo anni di esilio forzato a causa di quelle voci infamanti che circolavano insistentemente su di lei. Ci riferiamo proprio alla storia della “sfiga” che viene raccontata con una forza straziante all’interno del film. Con la scusa di un’intervista rilasciata a una giornalista a poche ore dalla sua esibizione sul palco dell’Ariston, la Mia Martini interpretata da Serena Rossi ripercorre la sua vita con l’utilizzo della tecnica del flashback. Gli inizi difficili, il rapporto complesso col padre, le scorribande con Loredana, il marchio infamante di iettatrice, il buio, fino alla rinascita.
C’è anche l’amore, ma la tormentata storia con Ivano Fossati viene solo accennata. Il film racconta una Mia innamorata di un personaggio di immaginazione, Andrea, un fotografo. Il motivo? Presto detto. “Ci sono due personaggi, Renato Zero e Ivano Fossati, che non hanno voluto essere nominati. Non posso dire altro. Non ci sono voluti essere. Ce lo hanno imposto, non si può forzare una persona a fare una cosa che non vuole fare. Mi spiace molto, ma non ha tolto nulla a questa meraviglia che è stata fatta”. Le motivazioni del loro veto non sono chiare, anche perché sono stati fondamentali nella storia umana e artistica della cantante.
“Questo film restituisce la memoria e il nome a una grande artista“, sostiene la direttrice di Rai Fiction Eleonora Andreatta. Io Sono Mia è un biopic musicale sulla scia del successo clamoroso di Bohemian Rhapsody. “Oggi viviamo in un’epoca terribile di maldicenze. Cadere in basso è la cosa più facile, le notizie vanno tutte verso il negativo, verso parlar male di qualcuno. Questo film racconta una donna distrutta dalla maldicenza ed è per questo che ha una grande importanza adesso”, l’opinione di Luca Barbareschi. Proprio lui, anni fa, ha avuto l’idea di proporre questa storia a Rai Fiction. “Ho subito pensato a Serena Rossi come protagonista”: d’altronde, proprio in quel periodo, assieme erano fra i protagonisti di Tale e Quale Show e l’attrice vinse una puntata del programma proprio interpretando Mimì. “Mia mi ha lasciato un esempio di dignità e di integrità, lei non si è mai piegata a compromessi. Non ho voluto imitarla: non sarebbe stato possibile e neanche giusto, sarebbe stato sterile e privo di anima. Ho provato a dedicarle un mio pezzo di cuore”, dice la Rossi.
La Bertè è rimasta piacevolmente colpita dalla realizzazione di questo film. “È stato un colpo al cuore vedere Serena Rossi nelle vesti di Mia. Lei ha preso delle cose specifiche di Mimì, che in pochi conoscevano: come si muoveva, i suoi scatti, la sua malinconia e il dolore che provava dentro ma che non dimostrava spesso. E’ stato impressionante: in certe scene mi è sembrata proprio Mia. Ora grazie a questo film Mimì rivive, anche se dentro di me e dentro il cuore dei suoi fans non è mai morta e mai lo sarà”.
La Bertè, prossima a Sanremo, ha voluto ricordare il periodo più buio della carriera della sorella. “Ricordo con tristezza molti registi famosissimi di trasmissioni varie che non volevano assolutamente Mia Martini come ospite. Quando si faceva il suo nome partivano gli scongiuri. Quando uno di questi si decise a ingaggiarla uno degli ultimi fonici, un imbecille, si toccò le palle dicendo: ‘Speriamo che non caschi il teatro’. Era ridotta a questi termini. Tutti avevano il terrore quando arrivava lei… Immaginate come poteva sentirsi Mimì. La sua voglia di fare musica era immensa, ma per 15 anni glielo hanno impedito. Chissà quanta altra musica e canzoni avrebbe potuto darci. Con questi signori ho ancora a che fare perché sono ancora vivi, ma quando ci incontriamo abbassano lo sguardo. E io non faccio mai le loro trasmissioni, mai, continuo a rifiutarle“.
E se tutto ruota attorno a Sanremo, come nel film, Sanremo ha una importanza decisiva nella storia di Mimì. “Chi organizzò quel Festival del 1989 non la voleva. Allora hanno dovuto stipulare un contratto segreto: questa persona doveva stare seduta in prima fila mentre Mimì cantava, così se il teatro fosse caduto come lui immaginava, sarebbe caduto sopra di lui. Il teatro non è caduto, non è successo niente, Mimì ha avuto un grande successo e Baudo si è dovuto arrendere all’evidenza”. Ma il racconto è poco chiaro: cosa c’entra Baudo, che non conduceva quell’edizione (c’erano i discussi ‘figli di’) e neanche la organizzava (il direttore artistico era Adriano Aragozzini)? Resta da chiarirlo.