… Intanto il furbo Comandante Salvini si era rapidamente sfilato dalla confusa bagarre elettoral/bellica giallo-verde stipulando un armistizio con l’Olanda e lasciando al solo Giggino Di Maio l’onore problematico di contendere a Donald Trump l’ambito riconoscimento di “Dottor Stranamore 2019”. Difatti, come proclamò dal balcone de L’aria che tira il vice premier pentastellato, “la guerra continua”. Contro les francais mangia-rane.
Il cuore patriottico degli italiani vibrò come un diapason: dopo la furbata di Marco Matterazzi per far espellere nella finale dai mondiali 2006 l’ombroso Zizou Zidane, mai un nuovo trionfo sugli odiati cugini era stato così concretamente a portata di ola “campioni del mondo!”. Da replicare sulla terrazza di Palazzo Chigi dopo la falsa partenza del tripudio per un Def al 2,4% bocciato da Bruxelles e che il governo dovette rimangiarsi non proprio gloriosamente.
Ma nel frattempo la diana guerresca aveva effetti imprevisti anche sul piccolo Emmanuel Macron, che crebbe improvvisamente di 46 centimetri, assumendo la taglia extra-lunga del generale De Gaulle; quello che definiva l’Italia “non un Paese povero ma un povero Paese” e poi soggiungeva in privato di non provare alcun interesse né per lo Yemen né tanto meno per il fu Bel Paese.
Ormai lo scontro stava diventando inevitabile. Per questo al consigliori Rocco Casalino, forte dell’appellativo di Cardinal Mazzarino (solo per assonanza: quello era “un’eminenza grigia”, l’ex Grande Fratello rimane “un narcisista arlecchinesco”), venne la brillante idea, tratta da Wikipedia, di risolvere la questione con una nuova disfida di Barletta; stavolta dirottata nella natia Ceglie Messapica. Un’ordalia per stabilire a chi andasse la benevolenza divina sulla falsariga di un antico precedente: il 27 aprile 1340 frate Francesco vescovo di Bisaccia si fece latore della proposta del principe Edoardo d’Inghilterra a Filippo di Valois di porre fine alla guerra dei Cent’anni riconoscendo il legittimo pretendente al trono di Francia mediante una gara “di tocco”; l’imposizione delle mani che guarisce le plebi dalle scrofole (adenite tubercolare) a riprova delle capacità taumaturgiche, quindi divine, del “toccatore”. Con un aggiornamento: al posto delle linfoghiandole infiammate la prova decisiva avrebbe riguardato la fecondazione di fanciulle certificate sterili. Proposta che però venne lasciata cadere un po’ per l’incerta virilità dei contendenti e per il diniego transalpino della location, reputata assai poco chic.
La controproposta fu una sessione di Masterchef, in cui Macron poteva affogare il contendente in una marmite di bouillabaisse e Di Maio avrebbe reso pariglia incaprettandolo in un calzone farcito. Ancora una volta non si trovò l’accordo perché i padrini del presidente francese (l’intera commissione aggiudicatrice delle stelle Michelin) considerarono disdicevole accettare come pari grado i giudici proposti dal vice premier italiano: due pizzaioli maghrebini e un kebabbaro di Acerra.
Si era allo stallo. Per questo l’intrepido Di Maio pensò di rifarsi in ambito coalizionale al luminoso esempio del padre fondatore Beppe Grillo; quando stipulò la Santa Alleanza Ue con l’apostolo della Brexit Nigel Farage. Uno che se ora gli elettori inglesi lo incontrano lo prendono a revolverate.
Chi meglio del suprematista Christophe Chalencon, profeta del golpismo d’oltralpe per imporre all’Eliseo il generale destrorso Pierre de Villiers, potrebbe rappresentare il corrispettivo del sovranista britannico?
La mossa per prendere alle spalle Macron. Per cui, accompagnato dal guardaspalle e grande esperto di finanza africana Alexandro Bolivar Di Battista, Di Maio volava all’incontro in un hangar della banlieue parigina con una delegazione di antagonisti locali. Meeting rivelatosi un disguido dovuto al confusionismo di Casalino: ci si rese conto che in questo caso “gilets jaunes” era solo il nome di un complesso corale specializzato nel repertorio di Mireille Mathieu. Con cui l’accordo fallì subito, dati i capisaldi musicali divergenti di Bolivar Di Battista: i flauti andini degli Inti Illimani.
Al canto di “allez enfants” Giggino e compañero furono rispediti a casa.
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