All’apparenza i risultati delle elezioni regionali in Abruzzo sono stati un a grave sconfitta per il M5s, penalizzato molto più degli altri partiti dall’elevata astensione. Sono stati invece un grande successo per il gruppo Lega-FI-FdI, e un insuccesso per il Pd e il gruppo di liste coalizzate.
Le ragioni della sconfitta del M5s sono abbastanza facili da interpretare: un partito creato dal nulla attraverso una propaganda velleitaria, che aveva promesso tutto e il contrario di tutto e aveva delegittimato gli esperti che ne mettevano in luce la velleitarietà, messo alla prova del governo ha dimostrato l’inconsistenza delle promesse precedenti e ha deluso gli elettori che ci avevano creduto. Inoltre la propaganda M5s faceva leva su argomenti che attraggono una frangia elettorale di sinistra un po’ radical chic: la corte ai no-Vax contro Big Pharma, l’assistenzialismo pagato col debito pubblico, il rifiuto delle grandi opere dalla Tav al Tap. Questo elettorato di sinistra insoddisfatto del Pd si era riversato sul M5s, ma probabilmente non ha gradito l’alleanza di governo con la Lega e ha punito il M5s con l’astensione.
Le analisi ovvie, però, hanno un punto debole: proprio perché ovvie sono alla portata di chiunque e non è credibile che non siano state considerate dai vertici del partito che è stato punito alle elezioni. Ovvero, il M5s ha marciato fiduciosamente verso una disfatta annunciata e prevista. Perché? L’ipotesi semplicistica, che il M5s sia prigioniero della sua propaganda e che non abbia sostanziali vie di uscita e di rinnovamento, è poco credibile: dopo tutto è abbastanza avvezzo a giravolte impreviste. È invece da considerare l’ipotesi che quanto è successo in Abruzzo (ma anche in altre Regioni) sia desiderato e desiderabile: che il M5s sia un partito “usa e getta”, creato per drenare elettorato dal Pd e dagli altri partiti della sinistra tradizionale verso il blocco Lega-FI-FdI o verso l’astensionismo (che ottiene lo stesso risultato, la crescita percentuale del blocco Lega-Fi-FdI). Questa ipotesi, che nessuno dai vertici del M5s confermerebbe mai, è consistente con gli eventi della politica recente: l’alleanza con la Lega; la benevola astensione di FI e FdI, che della Lega rimangono alleati a livello regionale; la guerra totale combattuta contro il Pd, al quale si rimprovera oltretutto la mancata alleanza. Anche le parole di favore rivolte dai vertici della Lega all’alleato sconfitto assumono un preciso significato se lo scopo finale del M5s è quello di cannibalizzare il Pd per poi farsi cannibalizzare dalla Lega.
Ipotesi di fantapolitica e di becera dietrologia? Può darsi. Io di solito diffido della dietrologia perché l’ipotesi di piani complessi che si realizzano con precisione millimetrica è sempre implausibile: i piani complessi di solito combinano pasticci. Però qui il piano sarebbe semplicissimo: saccheggiare il bacino elettorale della sinistra tradizionale creando un partito che sembri sposare tematiche care a una parte della sinistra e che poi fallisca per la ovvia irrealizzabilità delle sue promesse, nella speranza che gli elettori delusi non tornino indietro. È ovvio che favorire il blocco Lega-FI-FdI creando un nuovo partito di destra non sarebbe una grande strategia: il nuovo partito entrerebbe in competizione con i suoi potenziali alleati. Creare un partito “né di destra né di sinistra” che entri in competizione con la sinistra tradizionale potrebbe essere una strategia molto più elegante ed efficace. A ogni modo, l’ipotesi del partito usa e getta, il cui scopo è traghettare voti da sinistra a destra, è facile da verificare nell’immediato futuro: in politica non si fanno regali ma scambi, quindi se l’ipotesi è vera il gruppo Lega-FI-FdI manifesterà riconoscenza verso i vertici M5s, accogliendone i profughi o in altri modi.