Fermare il Tav non costerebbe fino a 4,2 miliardi di euro ma solo fino a 1,7. Nel giorno della pubblicazione dell’analisi sui costi benefici della Torino-Lione sul sito del ministero, c’è anche spazio per un piccolo caso. È legato alla relazione giuridica collegata all’analisi, dove secondo l’ufficio stampa del ministero dei trasporti e delle Infrastrutture c’è errore. Ed è a causa di quell’errore l’eventuale “costo di uscita dall’opera”, diffuso in un primo momento, è “assolutamente abnorme rispetto alla realtà”.
Per la verità nelle conclusioni della relazione tecnico giuridica gli esperti scrivevano che i costi in caso di scioglimento dei contratti sottoscritti per la Torino – Lione sono difficili da determinare “in maniera netta“: su questo calcolo, infatti, pesa “la variabile costituita dall’esistenza di più soggetti sovrani che dovrebbero inevitabilmente considerare in sede negoziale le rispettive posizioni”. Nella relazione sono indicate cinque diverse voci tra penali, rimborsi e possibile richieste dei rivalsa.
A far nascere il caso è la prima – e più costosa – di queste voci, cioè quella realtiva al “titolo di risarcimento per lo scioglimento dei contratti in corso per servizi d’ingegneria e lavori”. A pagina 51 della relazione i tecnici scrivono che “il costo del contenzioso derivante dalla rescissione dei contratti sottoscritti con le imprese e delle sanzioni, viene considerato nel costo derivante dallo scioglimento dei contratti, che, anche tenuto conto delle criticità derivanti dall’individuazione del diritto di volta in volta applicabile (in conseguenza del carattere transnazionale dell’opera e degli strumenti regolatori), in un range che può arrivare a un massimo del 30% dell’ammontare complessivo dei costi quantificati”. I costi quantificati vengono indicati a pagina 38 in una “forchetta compresa tra un valore minimo di 8.405,8 M€ ed un valore massimo di 8.609,7 miliardi di euro complessivi in Euro costanti gennaio 2012″. Quei due passaggi portano a stimare quel 30% in 2,889 miliardi di euro. La rettifica del ministero è semplice: “La percentuale tra 10 e 30% prevista a titolo di risarcimento non va parametrata sul costo totale dell’opera ma sui contratti effettivamente in essere al momento, cioè su circa 1,3 miliardi: il conto finale per questa voce si aggirerebbe tra i 130 e i 400 milioni”. In questo modo, dunque, si risparmierebbero più di due miliardi e quattrocentomilioni: è quindi uscire dall’opera costerebbe al massimo 1,7 miliardi.
Il dicastero di Toninelli, per la verità, diffonde una doppia errata corrige visto che in un primo momento aveva rettificato un passaggio della relazione, contenuto a pagina 52 che è in realtà corretto. “Il punto A delle conclusioni dell’analisi giuridica – dicono dal Mit – parla chiaramente di “contratti in corso”, per cui il valore del possibile contenzioso, in caso di scioglimento anticipato, andrà parametrato sul valore residuo (cioè il non pagato) dei soli contratti in essere. Dunque, il documento esprime correttamente la necessità di tener conto dei contratti in corso e solo della parte di essi che resta da pagare”. A trarre in errore, come detto, è l’interpretazione di quanto scritto a pagine 51 – dove il 30% è riferito “all’ammontare complessivo dei costi quantificati” – collegato al costo quantificato a pagina 38.
Una seconda voce a titolo di risarcimento o ‘penalità” è esplicitamente prevista dal Grant Agreement che si verificano solo nell’ipotesi in cui lo scioglimento venisse giudicato alla stregua di una violazione dell’accordo per colpa grave. L’importo tra il 2% e il 10% varia – viene calcolato nel rapporto – tra un minimo di 16 milioni e un massimo di 81 milioni. Il terzo punto, considerato in uno “scenario peggiore”, è relativo alla possibile rivalsa da parte dei costi sostenuti dalla Francia. La somma indicata ammonta a circa 400 milioni. Ma “è lecito ipotizzare che la pretesa risarcitoria legittima difficilmente raggiungerebbe l’intero ammontare”. Ci sono poi i fondi versati dall’Unione Europea: 535 milioni che potrebbero essere richiesti come restituzione e altri 297 milioni di somme non ancora ricevute in base al ‘Grant Agreement’. “Ammontano alla data odierna -si legge – a 535 milioni di euro, di cui 404 erogati sulla base delle decisioni adottate nel periodo 2001-2015 e 131 a valere sul Grant Agreement; anche in questo caso tale cifra rappresenta il massimo ipotizzabile in relazione a tutte le variabili da considerare”. Per ciò che riguarda, infine, le somme non ancora ricevute in base al Grant Agreement, si sottolinea, 297 milioni di euro circa costituiscono la quota spettante alla Francia non ancora erogata; in relazione alla sua mancata percezione potrebbero essere avanzate pretese risarcitorie: anche in questo caso la somma indicata costituisce il limite massimo, difficilmente raggiungibile in considerazione del fatto che esse non costituirebbero la contropartita di opere realizzate per le quali sarebbe ipotizzabile un costo”.
Cronaca
Tav, il caso delle penali. Ministero corregge relazione giuridica: ‘Non fare opera costerebbe al massimo 1,7 miliardi’
Per il ministero dei Trasporti l'eventuale "costo di uscita dall'opera" che si ottiene sommando le stime dei tecnici è "assolutamente abnorme rispetto alla realtà". Il motivo? "La percentuale di risarcimento - spiegano - non va parametrata sul costo totale dell’opera ma sui contratti effettivamente in essere al momento". A indurre in errore l'interpretazione della relazione giuridica, dove a pagina 51 è scritto che il contenzioso "può arrivare a un massimo del 30% dell’ammontare complessivo dei costi quantificati"
Fermare il Tav non costerebbe fino a 4,2 miliardi di euro ma solo fino a 1,7. Nel giorno della pubblicazione dell’analisi sui costi benefici della Torino-Lione sul sito del ministero, c’è anche spazio per un piccolo caso. È legato alla relazione giuridica collegata all’analisi, dove secondo l’ufficio stampa del ministero dei trasporti e delle Infrastrutture c’è errore. Ed è a causa di quell’errore l’eventuale “costo di uscita dall’opera”, diffuso in un primo momento, è “assolutamente abnorme rispetto alla realtà”.
A far nascere il caso è la prima – e più costosa – di queste voci, cioè quella realtiva al “titolo di risarcimento per lo scioglimento dei contratti in corso per servizi d’ingegneria e lavori”. A pagina 51 della relazione i tecnici scrivono che “il costo del contenzioso derivante dalla rescissione dei contratti sottoscritti con le imprese e delle sanzioni, viene considerato nel costo derivante dallo scioglimento dei contratti, che, anche tenuto conto delle criticità derivanti dall’individuazione del diritto di volta in volta applicabile (in conseguenza del carattere transnazionale dell’opera e degli strumenti regolatori), in un range che può arrivare a un massimo del 30% dell’ammontare complessivo dei costi quantificati”. I costi quantificati vengono indicati a pagina 38 in una “forchetta compresa tra un valore minimo di 8.405,8 M€ ed un valore massimo di 8.609,7 miliardi di euro complessivi in Euro costanti gennaio 2012″. Quei due passaggi portano a stimare quel 30% in 2,889 miliardi di euro. La rettifica del ministero è semplice: “La percentuale tra 10 e 30% prevista a titolo di risarcimento non va parametrata sul costo totale dell’opera ma sui contratti effettivamente in essere al momento, cioè su circa 1,3 miliardi: il conto finale per questa voce si aggirerebbe tra i 130 e i 400 milioni”. In questo modo, dunque, si risparmierebbero più di due miliardi e quattrocentomilioni: è quindi uscire dall’opera costerebbe al massimo 1,7 miliardi.
Il dicastero di Toninelli, per la verità, diffonde una doppia errata corrige visto che in un primo momento aveva rettificato un passaggio della relazione, contenuto a pagina 52 che è in realtà corretto. “Il punto A delle conclusioni dell’analisi giuridica – dicono dal Mit – parla chiaramente di “contratti in corso”, per cui il valore del possibile contenzioso, in caso di scioglimento anticipato, andrà parametrato sul valore residuo (cioè il non pagato) dei soli contratti in essere. Dunque, il documento esprime correttamente la necessità di tener conto dei contratti in corso e solo della parte di essi che resta da pagare”. A trarre in errore, come detto, è l’interpretazione di quanto scritto a pagine 51 – dove il 30% è riferito “all’ammontare complessivo dei costi quantificati” – collegato al costo quantificato a pagina 38.
Una seconda voce a titolo di risarcimento o ‘penalità” è esplicitamente prevista dal Grant Agreement che si verificano solo nell’ipotesi in cui lo scioglimento venisse giudicato alla stregua di una violazione dell’accordo per colpa grave. L’importo tra il 2% e il 10% varia – viene calcolato nel rapporto – tra un minimo di 16 milioni e un massimo di 81 milioni. Il terzo punto, considerato in uno “scenario peggiore”, è relativo alla possibile rivalsa da parte dei costi sostenuti dalla Francia. La somma indicata ammonta a circa 400 milioni. Ma “è lecito ipotizzare che la pretesa risarcitoria legittima difficilmente raggiungerebbe l’intero ammontare”. Ci sono poi i fondi versati dall’Unione Europea: 535 milioni che potrebbero essere richiesti come restituzione e altri 297 milioni di somme non ancora ricevute in base al ‘Grant Agreement’. “Ammontano alla data odierna -si legge – a 535 milioni di euro, di cui 404 erogati sulla base delle decisioni adottate nel periodo 2001-2015 e 131 a valere sul Grant Agreement; anche in questo caso tale cifra rappresenta il massimo ipotizzabile in relazione a tutte le variabili da considerare”. Per ciò che riguarda, infine, le somme non ancora ricevute in base al Grant Agreement, si sottolinea, 297 milioni di euro circa costituiscono la quota spettante alla Francia non ancora erogata; in relazione alla sua mancata percezione potrebbero essere avanzate pretese risarcitorie: anche in questo caso la somma indicata costituisce il limite massimo, difficilmente raggiungibile in considerazione del fatto che esse non costituirebbero la contropartita di opere realizzate per le quali sarebbe ipotizzabile un costo”.
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Roma, 28 gen. (Adnkronos) - Siparietto alla Camera durante l'intervento della deputata di Italia viva Maria Elena Boschi, che insieme ad altri rappresentanti dei Gruppi di opposizione sta chiedendo un'informativa del ministro dell'Interno. Il microfono non funziona e l'ex ministra è costretta a spostarsi dal suo scranno e a cambiare vari posti, anche perché sembra che il malfunzionamento riguardi tutta la fila. "Così arrivo a Forza Italia, non so se è l'obiettivo, sto andando verso Forza Italia, è il prossimo step", scherza Boschi quando riesce a trovare un microfono funzionante. "Forse è il destino, che le debbo dire, sarà il fato", replica Giorgio Mulè, deputato azzurro che in qualità di vicepresidente in quel momento presiede l'Aula.
Palermo, 28 gen. (Adnkronos) - "Bisogna trovare le migliori soluzioni per contemperare le esigenze delle imprese e quelle della sicurezza dei locali pubblici. L’aspetto positivo è che le sollecitazioni avanzate anche da Palermo dalla nostra categoria sui temi della sicurezza non sono cadute nel vuoto e c’è la volontà di adottare interventi migliorativi. Così com’è, però, il decreto impone oneri e responsabilità sull’ordine pubblico che non possono competere ai pubblici esercenti”. Antonio Cottone, presidente di Fipe Confcommercio Palermo, commenta così il Decreto sicurezza adottato dal Viminale e già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che prevede alcuni adempimenti a carico dei locali pubblici (compresi bar, discoteche, sale giochi e luoghi di spettacolo) come ad esempio l’installazione di sofisticati sistemi di videosorveglianza, l’adeguata illuminazione dell’area circostante, l’obbligo di identificazione dei minori, la designazione di un referente per la sicurezza del locale o la pubblicazione all’interno del locale di un “codice di condotta” che dovrà essere seguito dagli avventori.
“Già da tempo - osserva Cottone - abbiamo fatto sforzi, anche economici, per aumentare i livelli di sicurezza all’interno dei nostri locali ma non è possibile ribaltare sugli esercenti l’onere di alcune azioni che devono necessariamente essere garantite dalle forze dell’ordine. Se si verifica, ad esempio, una rissa all’esterno del locale non abbiamo certo gli strumenti per intervenire. E non siamo nemmeno nelle condizioni di imporre ai nostri clienti la lettura e l’osservanza del codice di condotta dell’avventore modello”.
Nelle ultime ore il Viminale ha chiarito che l’adesione alle linee guida previste nel decreto sicurezza è su base volontaria. “Una precisazione - conclude Cottone - che va accolta con soddisfazione ma noi ci auguriamo che un approfondito confronto con le associazioni di categoria, già sollecitato con successo dai vertici nazionali di Fipe Confcommercio, porti a un miglioramento dei livelli di sicurezza e a una sempre più proficua collaborazione con le Forze dell’Ordine che da parte nostra non è mai mancata e mai mancherà, a garanzia della migliore sicurezza dei titolari dei locali pubblici, dei loro clienti e della città tutta”.
Washington, 28 gen. (Adnkronos/Afp) - "L'implacabile assalto all'Unrwa sta danneggiando le vite e il futuro dei palestinesi in tutto il territorio palestinese occupato. Sta erodendo la loro fiducia nella comunità internazionale, mettendo a repentaglio qualsiasi prospettiva di pace e sicurezza". Lo ha detto il capo dell'Agenzia Philippe Lazzarini parlando, durante una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, della decisione di Israele di interrompere ogni contatto con la sua organizzazione.
Washington, 28 gen. (Adnkronos/Afp) - Israele cesserà ogni contatto con l'agenzia di soccorso palestinese delle Nazioni Unite (Unrwa) e con qualsiasi altro organismo che agisca per suo conto. Lo ha affermato l'inviato di Israele all'Onu, dopo aver ripetutamente accusato l'organizzazione di minare la sua sicurezza.
"Israele interromperà ogni collaborazione, comunicazione e contatto con l'Unrwa o chiunque agisca per suo conto", ha affermato Danny Danon prima di una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione.
Roma, 28 gen. (Adnkronos) - Con 192 voti a favore e 41 contrari la Camera ha approvato in via definitiva il decreto legge che prevede la proroga fino alla fine di quest'anno dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell'Ucraina.
Gaza, 28 gen. (Adnkronos) - Un'ambulanza della Mezzaluna Rossa Palestinese è stata colpita dal fuoco dei cecchini israeliani nella zona di Tal as-Sultan, a ovest di Rafah, nella striscia di Gaza meridionale. Lo ha reso noto la stessa organizzazione sanitaria, pubblicando un video su X che mostra quello che sembra un foro di proiettile sulla fiancata di un mezzo di soccorso.
Tel Aviv, 28 gen. (Adnkronos) - L'esercito israeliano rimarrà nella zona di sicurezza dl lato siriano del monte Hermon per "un periodo di tempo illimitato per garantire la sicurezza dei residenti di Israele". Lo ha detto il ministro israeliano della Difesa Israel Katz.
"Non permetteremo a forze ostili di stabilirsi nella zona di sicurezza della Siria meridionale", ha dichiarato il ministro. "E non dipenderemo da altri per la nostra difesa, qui e in qualsiasi altro posto", ha affermato, aggiungendo che saranno stabiliti legami con le comunità vicine, in particolare con la popolazione drusa della zona.