Dodici pozzi contaminati da arsenico sono stati sequestrati dai carabinieri tra i comuni di Caserta e San Nicola la Strada. La quantità che è stata riscontrata supera di 900 volte i limiti di legge (la soglia legale è di 10 mg). Una “quantità abnorme” per il procuratore di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone. L’acqua dei pozzi sequestrati – su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da metalli pesanti, in particolare da arsenico, sostanza nota per la sua elevata tossicità – è stata utilizzata per anni per irrigare alcune colture ma anche per i giardini di complessi residenziali; non arriva invece nelle case, che sono allacciate alla normale condotta idrica. I militari hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo nell’ambito di un’ampia indagine ambientale che ha accertato una situazione definita “allarmante”. Sono in corso di svolgimento inoltre attività tecniche di carotaggio volte a verificare, in particolare, se la contaminazione abbia interessato anche la matrice suolo.
“Nell’area compresa tra Caserta e San Nicola la Strada in cui abbiamo sequestrato i pozzi contaminati, si registra un’alta incidenza di tumori, specie alla prostata, anche se non si può stabilire il nesso di causalità tra l’inquinamento provocato dall’attività industriale e queste morti”, ha detto Troncone nel corso della conferenza stampa in cui ha illustrato i risultati delle indagini ambientali, che hanno portato anche al sequestro di un’altra area in cui sono stati rinvenuti rifiuti speciali solidi di vario genere.
Persino il proprietario di una delle aree sequestrate è morto un anno fa proprio per un tumore alla prostata, “patologia che sembra legata proprio alla contaminazione da arsenico – spiega Troncone – che è la seconda sostanza chimica più cancerogena. L’inquinamento dell’area – ricorda – è frutto dell’attività industriale dell’opificio Saint Gobain dal 1958, quando l’area era a vocazione agricola, al 1988, quando l’azienda fu dismessa. In 30 anni la cava attigua fu riempita di rifiuti”.
L’area dove sono stati sequestrati i 12 pozzi contaminati era nota negli anni ’60 e ’70 come la “piscina rossa”: sul fondo di una cava ristagnavano liquami contenenti arsenico e altre sostanze chimiche, residui dell’attività di lavorazione del ferro e del vetro. Nella zona, nota come Lo Uttaro, sorgono altre cave trasformate in discarica; la “piscina rossa” negli anni è stata interrata insieme a tonnellate di rifiuti, e sovrastata da abitazioni civili e insediamenti produttivi. In questo contesto di veleni era avvenuta la contaminazione dei pozzi sequestrati dai carabinieri in servizio al Nucleo Operativo Ecologico di Caserta e al Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale, con il coordinamento della Procura di Santa Maria Capua Vetere.