“Grazie di avermi guardata”. Verida, poco più che un’adolescente, vive nascosta sotto lunghe tuniche e strati di veli. Ma sa che gli occhi del suo giovane amico sanno vedere oltre, o almeno quanto basta per darle la forza di andare avanti. E’ un’altra bella sorpresa tricolore il film Il corpo della sposa – Flesh out di Michela Occhipinti, esordiente con un film di finzione e concorrente nella sezione Panorama. Nato dallo sguardo cosmopolita della documentarista romana durante i suoi viaggi fra popoli lontani “per trovare le similitudini che ci legano universalmente” racconta di una ragazza della capitale del Mauritania, che da promessa sposa in matrimonio combinato viene giudicata troppo magra (benché pesi 80 Kg!) e dunque sottoposta al gavage (ingrassamento forzato).
Tale pratica le consentirà di rispettare i canoni di bellezza del suo Paese e aderire allo status sociale richiesto dalla cultura locale. Ma Verida, che lavora nel centro estetico della nonna, è una ragazza moderna e conosce come funziona il mondo “là fuori”, quello dell’immaginario collettivo dettato dall’Occidente, dove è la magrezza a dettare il must look. Prendere chili di carne, costringersi ad assumere una quantità disumana di cibo per 10 pasti quotidiani (notti incluse) diventa per lei una tortura, portandola a una riflessione sull’identità e conseguenti scelte esistenziali.
“Avrei potuto farne un documentario – osserva la regista – ma il materiale e le storie raccolte erano così ricchi che avrei dovuto sacrificarli. Un racconto di finzione con sguardo il più possibile onesto mi ha aiutato invece ad essere più fedele nell’immagine di questo Paese”. Così è che Occhipinti ha iniziato a vivere con queste ragazze, a osservarne le vistose smagliature di cui erano così orgogliose, a comprendere una visione di mondo totalmente opposta alla nostra, almeno in termini estetici. Ma attratta più dalle somiglianze/comunanze che non dalle differenze, ha posto la sua attenzione su un fatto inequivocabile, “noi come loro ci sottoponiamo a mortificazioni corporali a fine estetico”.
Il parallelismo corre dagli interventi chirurgici di liposuzione per dimagrire alle pillole vendute sul mercato nero a base di cortisone per ingrassare velocemente: “non ci sono grandi differenze, il meccanismo della tortura, della sofferenze, della non accettazione di quel che siamo è il medesimo”. Certamente in Mauritania come in altri Paesi esistono delle costrizioni da parte delle famiglie – vedi il matrimonio combinato – che in Occidente non sussistono più, tuttavia i canali social permettono di confrontarsi, e nei casi migliori di condividere reciproche difficoltà. Infatti è lo smartphone il vero deus ex machina del film: altoparlanti che pubblicizzano nuovi modelli, ricariche, accessori.
È il telefonino – paradossalmente – il vero mezzo di resistenza dentro la Realtà e il disvelatore attraverso video ed immagini delle profonde contraddizioni vigenti, ad esempio in Africa. “Rendiamoci conto – continua Occhipinti – che la cura all’ingrasso avviene in un Paese che è famoso per essere indigente!”. Dalla Mauritania, dove il film verrà visto con un evento speciale giacché non esistono i cinema, sono giunte a Berlino tre delle protagoniste (fra cui Verida Beitta Ahmed Deiche) con un visto ottenuto last second grazie a un’icona vivente del cinema nazionale: il grande regista Abderrahmane Sissako. Il corpo della sposa – Flesh out uscirà prossimamente in Italia grazie a Lucky Red.