“Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo” cantava, con l’inconfondibile voce piena di disperata tristezza, Mia Martini sul palco di quel teatro che, contro tutte le assurde insinuazioni, non venne mai giù. Semmai tremò di emozione e di ammirazione per quella straordinaria artista che aprì il Festival di Sanremo 1989 e nessun pezzo, nessuna esibizione dopo fu mai all’altezza della sua.
Perché diversa lo era davvero Mia Martini nata Bertè, unica nel suo genere, poetica e tormentata, ma per questo speciale. Nel corso degli anni in tanti hanno provato a cantare Almeno tu nell’universo: grandi artisti, nomi illustri, ma solo lei è stata davvero in grado di farlo, di dare anima a quelle parole. La sua anima. Con quella voce graffiata e potente, piena di vita vera, di sofferenza e di rabbia.
Ieri sera la Rai ha mandato in onda Io sono Mia, il film per la tv dedicato alla vita di Mia Martini per la regia di Riccardo Donna e interpretato da una sorprendente Serena Rossi che, nonostante abbia dentro il sole di Napoli, è riuscita a restituire tutta la malinconia e il tormento di Mimì senza forzature, con una recitazione naturale e coinvolgente dall’inizio alla fine.
Devo ammettere di essere stata abbastanza scettica riguardo la riuscita di questo film. Pensavo di trovarmi di fronte a un prodotto mediocre che, come spesso accade, anziché valorizzare la figura del protagonista la sminuisce, sciupandone il ricordo. E invece il film, così delicato e ben recitato, è stata una vera sorpresa, una di quelle cose che ti fanno ben sperare nella televisione pubblica, insieme a Le Meraviglie di Alberto Angela.
Io sono Mia è un tributo assolutamente degno a una grande artista come Mia Martini, ingiustamente denigrata ed emarginata dal mondo della musica italiana per l’assurda convinzione che portasse sfortuna. Un modo per chiedere scusa per tutta quella pochezza e l’inettitudine che hanno costretto un’artista di quel calibro a stare nell’ombra per troppo tempo, per poi spegnersi lentamente. Una colpa che non può essere espiata, ma che deve per forza essere ammessa. Col capo chino di fronte al grande talento, così miseramente svilito, di Mia Martini.