Il gasdotto EastMed che dovrebbe portare in Europa il gas dei giacimenti israeliani e ciprioti mette il governo italiano di fronte a un bivio. Da un lato c’è il progetto che mira a diversificare ulteriormente le fonti di gas naturale che contribuiscono a soddisfare la domanda interna dell’Unione e grazie al quale Roma potrebbe giocare un ruolo da protagonista in un progetto di integrazione del mercato energetico europeo e affrancamento dagli idrocarburi russi. Dall’altro c’è la collaborazione tra Eni e il governo egiziano: Il Cairo, oggi principale paese consumatore di gas naturale in tutta l’Africa, punta a diventare un importante esportatore e oscurare le chance di eventuali concorrenti nel Mediterraneo orientale. Occorrerà quindi scegliere quale strategia adottare fra due opzioni che al momento sembrano antitetiche, soprattutto alla luce del prevedibile ristagno dei consumi energetici nel prossimo futuro per effetto del rallentamento dell’economia.
Il progetto del gasdotto dal Mediterrano orientale a Otranto – Durante l’ultimo vertice MED7 a cui hanno partecipato i primi ministri di Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Grecia, Italia e Cipro si è tenuto anche un bilaterale fra il premier italiano Giuseppe Conte e Nicos Anastasiades, presidente della Repubblica di Cipro, durante il quale si è parlato anche di EastMed. Il gasdotto fa parte di una diversificata rete di infrastrutture di trasporto del gas che l’Unione Europea riconduce al più amplio progetto di corridoio meridionale, alternativo alle attuali importazioni di gas naturale dalla Federazione Russa. Con l’obiettivo generale di assicurare una maggiore indipendenza politica ed economica di Bruxelles nel suo rapporto con Mosca.
Quando, sul finire dello decennio scorso, sono stati scoperti diversi giacimenti al largo della costa di Israele, in particolare quello di Tamar a circa 80 chilometri a ovest di Haifa, l’Unione Europea è sembrata da subito interessata a studiare l’opportunità di importare gas naturale nei paesi dell’Unione affacciati sul Mediterraneo. L’invidiabile posizione geografica dell’Italia, al centro di questo bacino, rende il nostro paese un perfetto approdo per molti progetti infrastrutturali che hanno al centro la sicurezza energetica non soltanto del nostro paese, ma per l’appunto dell’intero continente europeo.
Grazie alle successive scoperte nel Bacino del Levante, portate a termine da parte dell’americana Noble Energy nel 2010, sempre al largo delle coste di Israele, si è fatta più concreta la possibilità di prevedere un gasdotto capace di trasportare una quantità consistente di gas, almeno 10 miliardi di metri cubi, dal Mediterraneo Orientale verso l’isola di Creta, la Grecia e l’Italia. Un consorzio che vede la partecipazione alla pari di Edison (controllata dalla francese Edf) e Depa, la compagnia di stato responsabile della distribuzione di gas per Atene, ha proposto di collegare questo gasdotto al sistema di interconnessione fra Grecia e Italia, realizzando a sua volta un gasdotto che possa attraversare l’Adriatico, approdando nella città di Otranto. Un progetto assai ambizioso quello di EastMed, in base al quale ben oltre la metà dello stesso gasdotto dovrà attraversare il Mediterraneo a profondità sottomarine che raggiungono un massimo di 3,5 chilometri. Il tratto marittimo sarà fra i più lunghi al mondo, circa 1.300 chilometri senza contarne la sezione adriatica, e con ogni probabilità raggiungerebbe profondità mai toccate prima.
Il ruolo di Cipro e i contrasti con la Turchia – Oltre a Italia, Grecia e Israele, un altro fondamentale attore per la realizzazione di questo gasdotto è proprio il governo di Nicosia. L’interesse della Repubblica di Cipro nel realizzare il gasdotto è infatti duplice. Da una parte la piccola nazione, una fra le economie più arretrate dell’intera Unione Europea, intende massimizzare i proventi derivanti dai propri giacimenti offshore come Afrodite, sempre gestito dall’americana Noble Energy, e Calypso, dove la compagnia operatrice è l’italiana Eni, proprietaria al 50% insieme alla francese Total. Nel febbraio del 2018 è stata qui confermata la presenza di ulteriore gas, rendendone ancora più appetibile lo sfruttamento. In totale Eni detiene 6 licenze nella zona economica esclusiva afferente a Nicosia.
La questione economica va però letta in parallelo con la questione politica che vede la Repubblica di Cipro opposta alla presa di posizione, assai rigida sulla questione, della Turchia. Ankara infatti supporta apertamente le rivendicazioni della Repubblica Turca di Cipro del Nord, autoproclamatasi nel novembre del 1983, la quale non riconosce il diritto di Nicosia a sfruttare esclusivamente le risorse del fondale marittimo attorno la costa. Nel novembre del 2018, durante la cerimonia di consegna di un nuovo vascello militare appartenente al programma di ammodernamento della flotta turca, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha assicurato che “non permetterà mai alcun tentativo di estorcere risorse nel Mediterraneo orientale alla Repubblica Turca o a quella di Cipro del Nord”.
Proprio nel febbraio dello scorso anno la nave della compagnia italiana Saipem 12000, diretta verso un pozzo di perforazione operato da Eni nella zona economica esclusiva della Repubblica di Cipro, era stata bloccata da diverse navi dalla flotta militare turca, provocando un innalzamento della tensione fra Roma, Parigi e Ankara. Dopo aver ricevuto minacce di affondamento il vascello aveva invertito la rotta, dirigendosi verso altre aree di trivellazione.
Eastmed e Tap per ridurre la dipendenza dal gas russo – Difficile è al momento prevedere gli sviluppi di questo progetto. Fattori di incertezza politica ed economica rendono la posizione dell’Italia ancor più delicata. Il nostro paese è infatti il primo potenziale beneficiario di una possibile rotta alternativa di approvvigionamento. L’Italia si gioca proprio con la stessa Turchia il poco ambito secondo posto fra i paesi che importano più gas naturale dalla Federazione Russa, all’incirca il 40% dei volumi totali acquistati dall’estero nel 2018. Non è un caso che Washington appoggi apertamente il gasdotto, come confermato durante l’incontro del 13 dicembre scorso fra il Segretario di Stato americano Mike Pompeo e il ministro degli Esteri greco George Katrougalos, a cui la stessa Exxon Mobil sarebbe pronta a parteciparvi.
EastMed, agli occhi degli alleati atlantici, va così ad aggiungersi al gasdotto Tap, il quale trasporta gas dal giacimento azero di Shah Deniz 2, come strumento per “liberare” l’Europa meridionale dalla dipendenza dal gas russo. Un obiettivo a cui l’Italia ambisce, anche se timidamente, tramite il supporto a questo progetto. L’endorsement più importante in tal senso è venuto dal ministro degli Interni Matteo Salvini, durante la sua recente visita in Israele dello scorso dicembre. Un’opera che “aiuterebbe l’Italia” e su cui lo stesso ministro si è impegnato a chiedere “alle nostre aziende e imprenditori di cooperare e collaborare”. L’argomento è invece rimasto sotto traccia, almeno a leggere le dichiarazioni ufficiali, nel corso dell’ultima visita a Gerusalemme del Ministro degli Esteri Enzo Moavero, nel corso delle commemorazioni per la Giornata della Memoria.
Il fronte egiziano e la collaborazione con Eni – Roma è però al contempo impegnata a sostenere la collaborazione fra Eni e il governo egiziano, un rapporto reso molto delicato dal caso dell’assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni. Pare quasi impossibile che l’Egitto possa essere coinvolto nel progetto del gasdotto EastMed, soprattutto visto l’interesse del paese a sfruttare gli enormi giacimenti di Zohr e Noor, operati proprio dalla compagnia italiana, che hanno il potenziale di estinguere per molti decenni le preoccupazioni energetiche del Cairo. Il paese mira a divenire un importante esportatore di gas nella regione e a oscurare le chance di eventuali concorrenti nel Mediterraneo orientale.
Eni si trova dunque in una posizione privilegiata per sfruttare l’ascesa regionale dell’Egitto nel campo del gas naturale e al governo attuale spetta una scelta di carattere strategico, dato che difficilmente le due opzioni disponibili saranno economicamente e politicamente sostenibili contemporaneamente. A maggior ragione in questo frangente, viste le difficoltà economiche dimostrate dai dati negativi riguardanti il pil italiano negli ultimi trimestri.
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