Davvero i Comuni contribuiscono troppo poco alla lotta all’evasione delle tasse statali? I dati ufficiali mostrano che le “soffiate” inviate dagli enti locali all’Agenzia delle Entrate negli ultimi anni sono crollate. Ma secondo gli enti locali dietro il calo delle segnalazioni c’è anche il fatto che non sempre i controllori del fisco si attivano nei confronti dei presunti furbetti. Per cui – è il ragionamento di chi ogni giorno deve star dietro alla riscossione di Imu, Tasi e tassa sui rifiuti – il gioco non vale la candela e tanto vale concentrarsi sui tributi locali.
Partiamo dai numeri. Ogni anno il Viminale pubblica i dati sul contributo dei sindaci al contrasto all’evasione dei tributi statali, dall’Irpef all’Iva, e sulle cifre recuperate. Cifre che dal 2012 finiscono interamente nelle casse del Comune da cui è partito l’alert. Eppure nei cinque anni successivi gli accertamenti fatti partendo da queste “soffiate” sono crollati da 3.455 a 1.172. E il bottino riscosso, che nel 2014 aveva raggiunto i 21,7 milioni premiando in particolare Milano, Torino e Genova, due anni dopo è sceso a 13 milioni. In apparenza, quindi, i municipi non sfruttano a sufficienza i dati anagrafici e catastali e quelli su utenze, permessi edilizi e licenze commerciali per stanare chi non paga le imposte sui redditi e sul valore aggiunto o l’imposta di registro.
L’Associazione nazionale uffici tributi enti locali (Anutel), però, ha raccolto le testimonianze di molti funzionari che le segnalazioni le hanno fatte, ma dicono di non aver mai ricevuto risposta o di averle viste archiviare senza spiegazioni. “Dal 2009 abbiamo effettuato 3.239 segnalazioni di cui 2.142 archiviate, di cui la maggior parte scartate perché avrebbero dato origine ad accertamenti di esigua entità”, scrivono per esempio da un Comune dell’Emilia Romagna. Del resto, ricorda un altro responsabile, “le Entrate intervengono solo in presenza di proficuità comparata”: vale a dire che, se l’imponibile segnalato è inferiore a quello medio che risulta dagli accertamenti di quell’imposta, per l’Agenzia non vale la pena di procedere. Un altro funzionario racconta di aver segnalato, ma senza riscontro, “un soggetto che gira in Ferrari e dichiara un reddito ridicolo e associazioni sportive sedicenti dilettantistiche che hanno anche ristoranti sulla guida Michelin”. E ancora, qualcuno lamenta che il sistema di tracciatura è “insoddisfacente” perché “manca il collegamento tra le somme erogate al Comune e la singola segnalazione che ha generato l’accertamento”. Secondo Francesco Tuccio, presidente di Anutel, “è per questo che molti Comuni negli ultimi anni hanno preferito concentrarsi sulla riscossione dei tributi locali”.
In effetti i dati dell’agenzia fiscale mostrano che su 95mila segnalazioni trasmesse da febbraio 2009 a settembre 2017 solo 17mila, meno del 18%, sono sfociate in atti di accertamento, che hanno permesso di riscuotere in totale 105 milioni di euro. La media è di circa 20mila euro accertati e 6mila riscossi per ogni segnalazione lavorata.
Del resto, spiegano dalle Entrate, due provvedimenti del direttore dell’agenzia datati 3 dicembre 2007 e 29 maggio 2012 prevedono che “le segnalazioni trasmesse dai Comuni sono oggetto di valutazione da parte dell’Ufficio competente secondo gli ordinari criteri di proficuità comparata per la predisposizione del piano annuale dei controlli”, e questo “conduce a privilegiare gli elementi da cui possono scaturire maggiori imposte accertabili, tralasciando quelli di scarsa rilevanza in termini di recupero dell’imposta o di minore sostenibilità”.
Per quanto riguarda i riscontri dati agli enti locali, secondo l’Agenzia “il sistema Siatel v2.0 – PuntoFisco assicura un efficace sistema di tracciatura delle singole segnalazioni qualificate trasmesse dai Comuni, così da permettere a questi ultimi di verificare lo stato di lavorazione delle segnalazioni trasmesse”. Le schermate del portale mostrano in effetti se sono sfociate in verifiche e accertamenti o se sono state archiviate, ma senza riportare le motivazioni.