Articolo ad alto tasso di spoiler, fruirne dopo l’uso di on-demand e di Spotify per sentire Cristicchi
Partenza in tromba, thriller, suspense e il primo vero scandalo al sole. Sembra la strategia dei Cinquestelle che salveranno Salvini dal processo e invece è MasterChef 8 che, alla quinta serata, sia lodato il cielo mostra un po’ di canini, di sangue sudore e lacrime e di decisioni opinabili, cioè il vero sale e pepe di tutte le gare, con i 4 giudici che si ritrovano a liberarsi dai piedi Jerry il cowboy che non era l’Artusi ma nemmeno questa fetecchia, soprattutto a vedere chi è rimasto dentro. Però è questa la legge di MasterChef, che alla fine di tutto il programma premia sempre il migliore, ma prima si diverte a cambiare l’ordine degli addendi. Almeno finché non se ne accorge Di Maio che magari domani ci propina 4mila battute spazi inclusi su facebook per comunicarci che lui tifava Jerry, che ha visto in loop la preparazione del suo cervo alla mistery box e sul fatto che non è possibile che a giudicare chi cucina siano Barbieri e Locatelli, gli chef dell’establishment, e che invece dovrebbe essere il popolo: il sempre gentile geometra Santonastaso di Rionero in Vulture, per esempio, che ha un curriculum degnissimo visto che – racconta la sorella è ghiottissimo di gnocchi al pesto o magari l’ottima signora Fedrocchi Mariolina di Pescopennataro celebratissima dal genero per la sua pasta pasticciata che leva uno di galera e lo manda al camposanto.
Leccapentole, calamari violentati, travasi di bile
Ma l’eliminazione di Jerry il cowboy è solo la fine di questa puntata adrenalinica. Si capisce come andrà tutto malissimo già dalla mistery box che si sviluppa così: i concorrenti hanno un po’ di utensili (perfino un leccapentole, absit iniuria verbis) e un po’ di ingredienti, carne, pesce, funghi, olive, sedano rapa. Ogni utensile che scelgono vale un ingrediente in meno, il totale dev’essere dieci. Sembra tutto chiaro e invece Giovanni il fuoricorso ne sceglie solo 9 perché se ne dimentica uno, Virginia l’avvocata col piantino inverte gli ingredienti scelti con quelli scartati e Locatelli già prepara le mani nella tipica posizione dello strangolamento delle anatre. Poi nell’ordine: la stessa Virgi mette i calamari tipo quasi a stufare col risultato che fa incazzare anche Cannavacciuolo: “Lo stai violentando quel calamaro”; Alessandro il genero davanti a Barbieri non si ricorda che quella che chiama insalata è la scarola e alla domanda se i finferli vanno cotti tanto o poco, sbaglia anche col 50 e 50; Valeria sta per chiamare ascolane le olive taggiasche; e infine Jerry si dimentica che gli ingredienti scelti vanno usati tutti, nel suo caso oltre al cervo anche la quaglia. Nel frattempo Verando (nonostante tutto si chiama ancora così) è carichissimo: “Oggi relax”. E infatti non è tra i migliori nemmeno questa settimana tanto da conquistare il titolo di Medioman del mese non solo di MasterChef ma di tutta la programmazione di Sky, Tv8 compresa.
Ci si aspetta il solito battaglione di migliori e invece vivaddio sono solo tre: col cervo Jerry che con 6 ingredienti fa un “piatto meraviglioso” come dice Locatelli e Guido con Verando (già, proprio Verando si chiama) che potrebbe fare un eccellente sughetto col suo travaso di bile, visto che ha appena finito di dire che un piatto così non lo servirebbe mai), mentre con la quaglia la Valeriona (che nel frattempo ha capito che olive sono). Vince Guido con un piatto “complesso e delicato”, parole di Locatelli, e nonostante un paio di pantaloni color vinaccia. Sembra il favorito alla vittoria finale e a MasterChef di solito porta bene quanto un post di sostegno di Salvini, che ormai ne ha impagliati parecchi, dalla Croazia ai Mondiali a Ultimo al Festival (o forse il “ragazzo” Ultimo).
Come l’acqua per il cioccolato
La stiamo facendo già lunga e allora passiamo all’invention test, dove la base su cui lavorare sono due ingredienti: pane e cioccolato e questa volta no- giuramento – non c’entrano i selfie di Salvini. Guido l’avvocato pentito ha il vantaggio di affidare un po’ di piatti salati e un po’ dolci. Scelte tutte strategiche e in un caso Guido arriva ad adombrare la necessità del Lebensraum, cioè dice che vuole fare fuori Giuseppe l’ambulante perché così può avere più spazio al suo bancone. Di solito le strategie a MasterChef sono sinonimo di dirigibile Lindberg. E invece no, la classe di MasterChef si trasforma grazie a Guido in un settore del Père Lachaise.
Gilberto, detto Ego, viene gettato nell’angoscia perché Locatelli gli regala l’epifania che nel cioccolato c’è acidità. Migliora la sua posizione scandendo con lo scetticismo di Odifreddi “ah, lei la chiama acidità”. “La chiamo acidità perché è acidità” risponde Locatelli, con del positivismo ma anche un discreto giramento di coglioni. “Naturalmente il cioccolato, non le barrette – gli tocca precisare – Quelle non sono acide perché ci mettono zucchero, latte di tutto proprio per togliere l’acidità”. Tiziana la bionda, dopo che la scorsa settimana ha fatto gli occhi dolci e le palpebre slap slap a Locatelli, questa volta cerca di circuire Bastianich. Lui le fa le domande solite quando gigioneggia (come stai, come ti trovi con gli altri, credi di essere simpatica) e lei risponde che sì, si ritiene simpatica perché “mi fanno gli sconti”. Sembra l’ennesima battuta e invece è cronaca, per quanto incredibile. Suo, comunque, il primo mappazzone di questa edizione. Per Barbieri è doppietta perché finalmente, per la prima volta nell’edizione 8 assegna il premio “Arzdora” in riferimento alle tagliatelle di cioccolato di Anna la nonna. Proprio lei è tra i pochi che restano a galla. Il primo a cui fanno i complimenti, dopo una dozzina di piatti assaggiati, è Samuele il macellaio di 22 anni. I peggiori sono Giuseppe l’ambulante, Vito il gommista pugliese che ha fatto un dolce ispirato alla cucina giapponese e Tiziana col mappazzone. E incredibilmente il mappazzone (che comunque ha una sua storia) batte il mostriciattolo finto-giapponese del gommista, orripilante per forma e per sostanza (per tagliarne un pezzo a Locatelli è servita una mola circolare).
Oh capitano non capitano
Esterna nelle Langhe, nel castello di Grinzane Cavour. Patria del tartufo bianco di Alba. E il luogo in cui il conte Camillo Benso, predecessore di Giuseppe Conte e Matteo Renzi (giusto per far capire che non proprio tutto è andato a buca in questi 158 anni), vinificò per la prima volta il Barolo. I concorrenti cucinano per 30 viticoltori e 30 trifulau, cioè i cercatori di tartufi. Unico obbligo usare il tartufo bianco d’Alba. Samuele è capitano solo come costume di Carnevale perché con la scusa che Guido il legale controvoglia è del posto comanda tutto lui, menù compreso. Samu, giovanissimo macellaio, ha la consistenza dell’ectoplasma. Dall’altra parte il capitano è Gloria, che da secchioncella delle prime puntate si ritrova cianotica a stronfiare come a un corso di Zumba. Nonostante risuoni un illusorio “velooooce” che non è di Cracco ma di Barbieri, gli invitati mangiano quando ormai sono avviliti dalla fame e stanno per chiamare Amnesty. Finisce 45 a 15 per i blu, cioè la squadra capitanata da Samuele, cioè da Guido.
Tortellini, la sala delle torture
Il pressure test è una macchina infernale, una specie di sala delle torture organizzata dai autori di MasterChef, evidentemente ispirati dalla Raffaele con quel richiamo a Belzebù. Gloria, ex capitana ed ex sicura di sé, deve scegliere i tre migliori per formare la sua squadra. Poi ogni squadra è rappresentata da uno solo: ne vengono fuori la stessa Gloria e Valeria, la segretaria che passin passetto sta tirando fuori la cazzimma. Test del duello: i tortellini che come noto per Barbieri sono come il Sacro Graal. Li prepara davanti a tutti, c’è chi va in estasi come Santa Teresa d’Avila: “E’ come vedere Picasso che disegna” sussurra Alessandro, sotto incantesimo. La chiusura del tortellino in particolare è evidentemente una forma di altissima tecnologia di minuteria. Per Barbieri “non è difficile”. Ah ok.
La prova è fare il maggior numero di tortellini in 35 minuti. Ovviamente chiusi a regola d’arte. Il numero si vede da lontano, non c’è gara: vince Gloria. E però: uno incrociato, uno senza buco, uno chiuso. Uno stillicidio. I buoni alla fine sono 16. Anche di là, da Valeria, c’è del casino: alcuni staccati, altri incompleti. La conta dei belli supera 10, 13, 15, 16. Così siamo pari. Di buoni – per il giudice unico Barbieri – ce ne sono altri 4-5. Così Gloria trascina all’ultimo giro di valzer quelli che aveva scelto, cioè quelli che riteneva i bravi e i forti. Sono cavolini di Bruxelles amarissimi.
Voglio un’esibizione alla National Gallery di @barbierichef che fa tortellini. Arte ai livelli di Caravaggio #Masterchefit
— Guè (@xGueeta) 14 febbraio 2019
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E si vede nell’ultima straziante prova del fritto di 4 tipi: tempura, pastella, impanatura e infarinatura ed è meglio non pensare ai costi di lavanderia per gli abiti ultrachic di Barbieri e Locatelli. Le differenze tra migliori e peggiori sono minime ma si salvano Virginia e finalmente Gloria, spossata come Robert Korzeniowski agli ultimi 5 chilometri. Il giudizio finale è un playout: da una parte Alessandro il genero che dovrebbe essere lì per far vedere al suocero-datore di lavoro che sa spaccare il mondo a metà e invece sembra a ogni prova il ricercato numero uno e dall’altra parte Jerry il cowboy, sempre sorridente, sempre sereno, sempre “hiyaaa!!!”. E qui sta lo scandalo che meriterebbe un corteo dei gilet gialli che tanto ormai manifestano per tutto, dalla fame nel mondo alla rotatoria di Porta Schiavonia a Forlì: il genero mette nel piatto un cervello crudo come se dovesse servire Hannibal ma si salva (dicono i giudici) con la tempura, mentre Jerry farà pure una tempura non tempura, ma viene accompagnato all’uscita per una rana fritta la cui unica colpa senza essere disossata. Che irrefrenabile voglia di Tar del Lazio, a volte.