Matteo Salvini – ministro & vicepremier, nonché leader della Lega nazionapopulista – ci propina ogni giorno una “salvineide” online così varia ed eventuale da essere una via di mezzo tra una persecuzione e l’esibizione di un trasformista. Il modo in cui cerca di rifilarci in tutte le salse il suo punto di vista – su ogni tema dello scibile e e su ogni fronte degli istinti più o meno alti – meriterebbe un trattato. Infatti ormai è diventato un tema per tesi di laurea e analisi sociologiche.

La sua strategia mediatica a base di anatemi e ammiccamenti, inclusi quelli culinari più trash, è stata analizzata persino da un lungo articolo del New York Times. Il quotidiano sottolinea che non si tratta di “product placement o di nazionalismo culinario”, bensì di “una strategia di successo attentamente studiata – come confermano le persone che hanno lavorato con lui – per vendere il suo brand di uomo comune in un’era ostile alle élite”.

Nel giorno di San Valentino, per esempio, ci ha fatto commuovere con un post in cui si vede lui che guarda l’orizzonte come una ragazzina qualsiasi. Il messaggio: “Un abbraccio a tutte voi amiche, che fate vivere, sognare e crescere questa pagina e l’Italia. San Valentino? Avete ragioni voi, probabilmente sarebbe una ‘festa’ da abolire… vi voglio bene”. Come dire: potrei essere il principe azzurro, anzi verde, che salva da draghi perversi, buonisti cattivi e migranti invadenti; ma, incredibilmente, non ho uno straccio di fidanzata. È un amo per simpatizzanti single? Vai a sapere.

Di certo, la sequenza di post – che ballano tra l’intimistico e il politico, tra il paternalistico e il distopico – lascia interdetti. Su Facebook, poco dopo il post di San Valentino, Salvini appare vestito da trattorista, mentre intrattiene gli “amici di Coldiretti”, e, subito dopo, nelle vesti di fustigatore di “burocrati europei” (tipo lui, fino a qualche mese fa), invitati a fare gli scatoloni. Prima del post, eccolo, in ordine cronologicamente decrescente, mentre:

1. fa sapere che gli manca tanto il ciclista Marco Pantani;
2. promette “passerò San Valentino con i pastori sardi” (salvo poi guardare contraddittoriamente il tramonto pensando alle leghiste single);
3. ririripromette che abbasserà le tasse;
4. se la prende con una vegana pensando di fare contenti i suddetti pastori;
5. attacca “il business di chi specula sull’accoglienza” dei migranti;
6. intima “state con me!”, in diretta dalla Camera;
7. “si “congratula” con le forze dell’Ordine perché fanno le forze dell’Ordine;
8. va sul trenino, esibendo sua figlia nel parchetto;
9. grida “alla faccia sua!” a Roberto Saviano, sfoggiando un’altra divisa;
10. strizza l’occhio agli esorcisti confermando che lo sketch di Virginia Raffaele è “un’invocazione a Satana”;
11. lancia anatemi contro “la rom borseggiatrice seriale”;
12. inveisce contro la giuria “non popolare” di Sanremo;
13. se la prende col mitico piddì e il solito Matteo Renzi;
14. si fa il consueto selfie sorridente nella stanza del Viminale;
15. simula un petting mediatico con Bruno Vespa;
16. se la prende con “Sea Watch”;
17. si ingozza, come sempre, con la Nutella (sponsorizzato o benefattore?);
18. esibisce il gommone d’ordinanza pieno di migranti, godendo perché li stanno riportando in Libia (nei lager, ma non lo dice).

E via postando, in un tripudio di tramonti, auto-mitizzazioni, sfilate di divise e quadretti da soap opera, quasi tutti ripresi dai media in cerca di like.

Ordunque: sappiamo che questa produzione a ciclo continuo di post accalappianti non è tutta farina del suo sacco, ma è frutto di un’invidiabile macchina del consenso usa-e-getta. Ci lavorano guru del web, vice guru e plotoni di maghetti dei social opportunamente stipendiati, spesso con lautissimi stipendi (altro che quota 100 e reddito di cittadinanza…). Sul Fatto Quotidiano abbiamo letto chi sono e quanto incassano Luca Morisi, il suo socio Andrea Paganella e i ragazzi che ogni giorno inondano Facebook, Twitter e Instagram con la propaganda salviniana.

A quanto pare, costano mille euro al giorno. Tutti meritatissimi, ovvio, visti i risultati della Lega, anche se sarebbe carino non farli stipendiare in gran parte dai contribuentiTanto di cappello, al netto della tipica invidia che di certo, più o meno consapevolmente, pervade un buonista, salottiero, radical chic ecc. ecc. come il sottoscritto. Di certo, Salvini non va sottovalutato né deriso; semmai, bisogna riconoscere che conosce i suoi polli meglio degli avversari e pure dei suoi “alleati”, i pentastellati, che un tempo lo cavalcavano come surfisti.

Non resta che attendere il prossimo post “intimista”, seguito da uno “mediamente razzista”, poi da uno “razzista sopra la media”, quindi da uno nutelloso e da un altro con foto in divisa da Gran Mogol della Giovani Marmotte (voteranno pure a Topolinia e Paperopoli, prima o poi. O no?). Resta l’amarezza – almeno tra chi ha avuto 20 anni in altre epoche, forse più dure ma meno superficiali – per un quadro morale, sociale e politico che legittima chi mette nel ventilatore dei social questo genere di pietanze virtuali: roba da far apparire il peggiore fast food un ristorante da guida Michelin. È esattamente quello che ci meritiamo. Buon appetito.

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