Una crisi annunciata, dopo il rifiuto dell’esecutivo socialista minoritario (che ha soli soli 84 deputati su 350) di negoziare l’autodeterminazione della Catalogna e "l'ingerenza politica nel processo giudiziario" contro i 12 leader indipendentisti davanti al Tribunale Supremo
Non era obbligato a farlo, ma in vista non c’erano possibili alleanze per tenere in piedi il governo. Così il premier spagnolo Pedro Sanchez ha dovuto cedere e ha annunciato ai suoi ministri che le elezioni generali anticipate si terranno il 28 aprile, dopo che giovedì il Parlamento ha bocciato il progetto di Finanziaria, con i voti dei partiti di centro destra Pp e Ciudadanos e degli indipendentisti catalani. Il premier ha evitato così di sovrapporre le elezioni politiche a quelle europee del 26 maggio, quando si rinnoveranno anche i municipi e le amministrazioni di 13 regioni. Sanchez guidava un governo di minoranza dallo scorso 2 giugno, dopo la mozione di censura che aveva fatto cadere l’esecutivo di Mariano Rajoy, del Partito Popolare.
Una crisi annunciata, dopo il rifiuto dell’esecutivo socialista minoritario (che ha soli soli 84 deputati su 350) di negoziare l’autodeterminazione della Catalogna e “l’ingerenza politica nel processo giudiziario” contro i 12 leader indipendentisti davanti al Tribunale Supremo, ha riconosciuto la portavoce socialista alla Camera, Adriana Lastra. Inutili i tentativi del Psoe, di Podemos e dei nazionalisti baschi del PNV di salvare l’iter della legge di bilancio, sbarrato sul nascere da 6 emendamenti (presentati da Erc, PdeCat, oltre che dal Pp, Ciudadanos, Foro Asturias e Coalición Canaria), approvati con 191 sì, 158 no e una astensione.
Il governo non è riuscito a coagulare la maggioranza sulla Finanziaria “più sociale della democrazia”, come l’ha difesa la ministra delle Finanze, Maria Jesus Montero. Restano carta straccia l’aumento della spesa sociale, quello delle pensioni, il salario minimo interprofessionale a 900 euro e il piano da 3 miliardi per il lavoro giovanile. Neanche l’aumento del 52% degli investimenti in Catalogna (pari a oltre 2 miliardi) è bastato a persuadere gli indipendentisti. “Si sono uniti nel voto al blocco di destra che chiede il 155”, ovvero il commissariamento sine die della Catalogna, “per non fare avanzare il Paese”, ha recriminato Montero.
Agli attacchi dell’opposizione al “traditore” Sanchez, colpevole di aver “umiliato” lo Stato con presunte concessioni agli indipendentisti, è seguita la mobilitazione in piazza, domenica a Madrid, di 45mila persone convocate da Pp, Ciudadanos e la forza di estrema destra Vox. Con i tre leader Casado, Rivera e Santiago Abascal, il tripartito che governa in Andalusia, nella stessa foto. Sul fronte opposto, i separatisti catalani, che hanno accusato Sanchez di non voler negoziare il diritto all’autodeterminazione, per aprire la porta a un referendum legale.