Mamma e papà sono bruciati. Sono morti. Siamo tutti morti”. Wafa ha quattro anni e sua sorella Shaida ne ha due. Sono state ferite duramente un attacco aereo nella città portuale di Hodeida, in Yemen, a giugno 2018. I genitori hanno perso la vita e le bambine hanno dovuto subire numerose operazioni chirurgiche per estrarre le schegge delle bombe che hanno colpito la loro casa. Queste bombe si fabbricano anche in Italia. Come documentano rapporti, foto e reportage, infatti, alcuni resti degli ordigni esplosi in zone civili, su case e villaggi in cui c’erano famiglie con figli, recavano il codice A4447 che riconduce a una fabbrica di armi in Sardegna, la RWM. Wafa ha una cicatrice di 15 centimetri sul cranio ed è seguita dai medici e dagli operatori sanitari di Save the Children. Quello vissuto dalle due sorelline è solo uno dei numerosi attacchi aerei a obiettivi civili che hanno causato numerose vittime in Yemen, coinvolgendo tantissimi bambini. Secondo le stime sarebbero circa 6500 quelli rimasti uccisi o feriti dai bombardamenti da quando è iniziato il conflitto, nel 2015. “Le bombe fabbricate in Italia e vendute alla Coalizione Saudita sono utilizzate in Yemen per colpire case, villaggi, aree civili, per uccidere i bambini” ribadisce Valerio Neri, direttore generale di Save the Children. In occasione dei 100 anni dalla sua fondazione, l’organizzazione lancia il rapporto ‘Stop alla guerra sui bambini’, accompagnato da una petizione pubblica contro la vendita delle armi italiane usate in Yemen dalla coalizione a guida Saudita.

LE ARMI ITALIANE CHE UCCIDONO BAMBINI IN YEMEN – La fabbrica sarda di armamenti è parte del conglomerato industriale tedesco della Rheinmetall. La principale attività è la produzione di sistemi antimine, munizioni e testate di medio, grosso calibro. La compagnia ha sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimento produttivo a Domusnovas, in provincia di Carbonia-Iglesias. L’utilizzo di ordigni della serie MK da 500 a 2000 libbre di fabbricazione italiana da parte dell’aviazione saudita è confermato dal Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen, commissionato dall’Onu. Uccidere bambini in un conflitto è vietato dal diritto internazionale umanitario. Inoltre la legge italiana sul controllo dell’esportazione importazione e transito dei materiali di armamento (L.185/90), proibisce l’esportazione verso paesi che violano i diritti umani.

LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEI BAMBINI – Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha identificato sei gravissime violazioni dei diritti dei bambini durante i conflitti. L’uccisione e la mutilazione in primis. Sarebbero oltre 10mila i bambini uccisi o mutilati nel 2017, il 6% in più rispetto all’anno precedente. Solo in Afghanistan sono stati oltre 3mila. L’altra grave violazione è rappresentata dal reclutamento e dall’uso dei bambini soldato, fenomeno in crescita del 3% dal 2016 al 2017, soprattutto in paesi come la Repubblica Centrafricana o la Repubblica democratica del Congo. Ci sono poi la violenza sessuale (secondo le delle Nazioni Unite nel 2017 c’è stato un incremento del 12% dei casi in zone di conflitto, con dati particolarmente allarmanti in Siria e Myanmar), i rapimenti (2556 episodi, con un aumento del 62%), gli attacchi a scuole e ospedali (sono stati 1432 quelli alle scuole, la maggior parte dei quali in Siria e Yemen), la negazione dell’accesso degli aiuti umanitari (più di 1500 i casi in cui è stato impedito l’accesso agli aiuti in aree di conflitto, il 50% in più rispetto al 2016).

LA STRAGE DEI BAMBINI – Il rapporto lanciato oggi dall’organizzazione parla di 420 milioni di bambini (uno su cinque al mondo) che vivono in aree di conflitto (dati del 2017), un numero in crescita di 30 milioni rispetto al 2016, che è raddoppiato dalla fine della Guerra Fredda ad oggi. Sono oltre 10mila quelli rimasti uccisi o mutilati a causa di bombardamenti, mentre si stima che almeno 100mila neonati perdano la vita ogni anno per cause dirette e indirette delle guerre, come malattie e malnutrizione. Circa 4,5 milioni di bambini hanno rischiato di morire per fame nel 2018 nei dieci paesi peggiori in conflitto: Afghanistan, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Iraq, Mali, Nigeria e Somalia. Questi sono i paesi in cui i bambini sono stati i più colpiti dai conflitti nel 2017. Dal 2010 a oggi il numero di violazioni dei diritti dei minori in queste aree si è triplicato. “Non possiamo renderci complici della morte di migliaia di civili inermi e di bambini, vendendo armi a paesi che violano palesemente il diritto internazionale e i diritti dei bambini”, spiega Valerio Neri, chiedendo “che l’Italia fermi immediatamente l’esportazione di armamenti verso i paesi responsabili delle sei gravi violazioni dei diritti di minori in conflitto armato” e che si faccia promotrice di “un’iniziativa globale per fermare questo commercio sulla pelle dei bambini in Europa e nel mondo”. Save the Children chiede, inoltre, al ministro degli Affari Esteri di fermare immediatamente l’esportazione, la fornitura e il trasferimento di materiali di armamento alla Coalizione Saudita.

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