Si era inventato una malattia contagiosissima, il ‘morbo K’, per salvare decine di ebrei romani dalle persecuzioni nazifasciste e dai campi di sterminio dopo il rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943. Adriano Ossicini aveva scelto proprio la ‘K’ per riprendere l’iniziale degli ufficiali nazisti Kesselring e Kappler, e quel suo piano era stato messo a punto per mettere in fuga le Ss. Appena leggevano quella falsa diagnosi, infatti, i nazisti se ne andavano. Ossicini, morto a 99 anni il 15 febbraio all’ospedale Fatebenefratelli di Roma, è stato un simbolo della resistenza e “fino all’ultimo – ricorda la Comunità ebraica romana sulla rivista on line Shalom – a chi veniva a trovarlo da ricoverato, ha ricordato quanto accaduto in quegli anni di resistenza”.

Ossicini è morto nell’ospedale dove era entrato da volontario subito dopo la laurea in medicina alla fine del 1944. Poi si era iscritto al corso di specializzazione in psichiatria e a quello in malattie nervose e mentali; nel 1947 è docente di psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma. Nello stesso anno, insieme a Giovanni Bollea, apre a Roma il primo Centro medico psicopedagogico d’Italia; lascia il Fatebenefratelli nel dicembre del 1947, per la carriera universitaria. Nel 1968, però rientra in politica ed è eletto al Senato come indipendente nelle liste del Pci e aderisce al gruppo degli Indipendenti di Sinistra; conferma il suo seggio a Palazzo Madama ininterrottamente fino al 1992. Tra il 1970 e il 1989 è promotore della legge per l’istituzione dell’Ordine degli psicologi. Presidente del Comitato nazionale per la bioetica dal 1992 al 1994, è ministro per la famiglia e la solidarietà sociale del governo Dini. Nel 2001 passa a La Margherita e poi al Partito Democratico.

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