Una bottiglia d’olio extravergine costa 31 dollari, un chilo di latte in polvere 14 dollari. Pomodori pelati in scatola 5 dollari. E cinque dollari è il salario minimo. Cinque dollari è anche la pensione di chi ha lavorato tutta una vita. La gente, poveri e non poveri, ridotta alla fame, rovista nelle pattumiere. Ma lui, Nicolas Maduro, rifiuta 50 tonnellate di aiuti umanitari che sono bloccati al confine.

Non possono entrare in Venezuela perché dal 6 febbraio l’autostrada che, attraverso il ponte Tienditas, collega Cúcuta con Ureña è bloccata da due grandi container e dal rimorchio di un camion messi di traverso. Il dittatore Maduro, altro che Excelentisimo señor come si è a lui rivolto il Papa in una lettera, fa sapere che non ha bisogno di aiuti e che il suo popolo sta benissimo. Anzi dice che il cargo umanitario sarebbe infettato di sostanze cancerogene.

Siamo a cena dall’artista Domiziana Giordano con suo marito Mimmo Cosenza, creatore di Linfa, la serra idroponica all’avanguardia nel mondo, Massimo Fini, la stilista Marina Spadafora, suo marito, il regista americano Jordan Stone e Marco Antonio Romeo, imprenditore pubblicitario. Grazie a lui ci colleghiamo via Skype con sua cugina, una firma importante del quotidiano El Universal, tra i più diffusi nel Venezuela. Per ovvie ragioni di sicurezza personale desidera rimanere in anonimato.

Siamo incollati davanti al computer, una voce rotta dai singhiozzi, i suoi dati da Caracas sono agghiaccianti: “Gli ospedali sono collassati perché manca la manutenzione dei macchinari, mancano disinfettanti e antibiotici, i bambini muoiono per un’appendicite e per una bronchite. Una clinica privata non accetta più il rimborso delle assicurazioni perché l’inflazione sale ogni giorno. Si accettano pagamenti solo in dollari e a cifre folli. Le donne partoriscono per strada. Si ammazza per un cellulare da rivendere per un dollaro”.

Chiede Fini: “Vi augurate un intervento americano?”. Il dittatore tiene duro perché la vedrebbe come un’invasione da parte dello straniero. Lei invece: “Sono per il principio di autodeterminazione dei popoli, ma se Maduro non lascia entrare gli aiuti umanitari non vedo altra soluzione. Per Caracas girano gli squadroni della morte, formati da ex galeotti, armati fino ai denti, ammazzano i civili dissidenti. Le forze d’opposizione sono state torturate e uccise. Alcuni di loro buttati dalla finestra della Questura. È come se un intero Paese fosse tenuto sotto sequestro da Maduro”.

Ma come è arrivato Maduro al potere? “Era l’autista di Hugo Chavez, poi promosso a suo tirapiedi. Basta ricordare che una delle cinque figlie di Chavez, la sua prediletta Maria Gabriela, vive a Parigi nello stesso lussuosissimo palazzo in Champ de Mars dove abita Carolina di Monaco e ha un tesoretto personale di 4 miliardi di dollari, di provenienza sospetta. I nipoti della moglie di Maduro furono arrestati dalla Dea ad Haiti nel novembre del 2015 perché sul loro jet privato trasportavano 800 chili di cocaina purissima pronta per essere tagliata”.

Intanto si continua a protestare. La nostra amica ci invia un video dove una folla oceanica si è riversata per tre giorni per le strade. Impressionante: sembra che tutto il Paese sia sceso in piazza a chiedere libere elezioni. Visto che in Venezuela vivono e lavorano 124mila cittadini italiani e che la comunità di oriundi (mezzi italiani e mezzi venezuelani) è all’incirca di due milioni, la nostra amica chiede un intervento diplomatico più determinato da parte del nostro governo.

Maduro ha ridotto allo stremo un Paese, il secondo produttore al mondo di petrolio. E mentre precipita nell’abisso, consegna l’ultimo messaggio alla sua propaganda becera: “il Venezuela trionferà contro l’aggressione criminale dell’impero statunitense, non ci arrenderemo”.

Instagram: januaria_piromallo

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