Diritti

Violenza sulle donne, così Slavi e i suoi quattro figli sono fuggiti da un inferno e sono stati salvati

“Mio marito mi ha fatto di tutto: mi ha spento le sigarette sul corpo, mi picchiava come se fossi un sacco, mi ha costretta a filmarlo mentre era con le sue amanti. A volte mi chiudeva in bagno, sotto la doccia, anche 12 ore. Per torturarmi”. Una raccolta fondi di Sos Villaggio dei Bambini

“Mio marito mi ha fatto di tutto: mi ha spento le sigarette sul corpo, mi picchiava come se fossi un sacco, mi ha costretta a filmarlo mentre era con le sue amanti. A volte mi chiudeva in bagno, sotto la doccia, anche 12 ore. Per torturarmi”. Eppure Slavi, oggi 46 anni, era arrivata in Italia dalla Serbia nel 2000 proprio per seguire quell’uomo, che sarebbe diventato il suo secondo marito. E che in cambio le ha regalato 11 anni di inferno. Alla fine, nel 2011, ha trovato il coraggio di scappare con i suoi 4 figli ed è stata portata al Villaggio SOS Bambini. Da quel momento, giorno dopo giorno, la rinascita. La storia di Slavi è quella di tante altre donne e dei loro figli. È quella di Fernanda, minacciata di morte dall’uomo con il quale aveva iniziato a convivere dopo la morte del marito e che le ha fatto tagliare i ponti con il resto del mondo. È quella di Nina, che da figlia maggiore ha dovuto farsi forza al posto della madre, la cui richiesta di aiuto è rimasta inascoltata per molto tempo, in anni in cui non c’era attenzione verso questi temi. Nina si è dovuta sostituire a lei, annientata nel corpo e nell’autostima, nella crescita dei fratelli più piccoli. In Italia, sono circa 427mila i bambini e ragazzi che hanno assistito a episodi di violenza dentro casa. D’altronde, nel nostro Paese una donna su tre, fra i 16 e i 70 anni, nel corso della propria vita ha subìto violenza fisica o sessuale. Per storie come quella di Slavi SOS Villaggi dei Bambini ha appena lanciato la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi ‘Non è un gioco’. Fernanda e Nina ce l’hanno fatta. E anche Slavi, che oggi può raccontare la sua storia.

UNDICI ANNI DI INFERNO – “In Serbia ho sempre vissuto una vita serena” spiega a ilfattoquotidiano.it. Poi la partenza per l’Italia: “L’ho fatto solo per seguire lui. Ci stavo insieme da un anno e sembrava un uomo meraviglioso”. Per problemi legati ai documenti, la bambina nata dal precedente matrimonio era rimasta in Serbia con la nonna. L’avrebbe raggiunta qualche anno dopo, quando il rapporto tra la mamma e il convivente era già andato in frantumi. “Dopo il primo anno – racconta – il mio compagno ha iniziato a mostrarsi geloso e possessivo. Alzava sempre le mani, ero la sua ossessione”. Nessuno poteva rivolgerle la parola ma quell’uomo, nel frattempo diventato suo marito, poteva stare con chi voleva. Sono arrivati altri tre figli. “Era violento soprattutto verso me e la mia primogenita – ricorda Slavi – che cercava di difendermi. E minacciava di far uccidere me e la mia famiglia, in Serbia”. Sono passati undici anni, di botte, umiliazioni e torture che duravano giorni: “Sono stata anche un mese a letto senza riuscire a muovermi, un paio di volte mi ha rotto le costole, un’altra ha cercato di colpirmi con le forbici”. Tutto con lucida crudeltà”. Slavi è scappata in Serbia con i suoi figli una prima volta, ma poi è rientrata e, dopo pochi giorni di calma apparente, lui ha iniziato di nuovo a picchiarla. Poi al marito è stato diagnosticato un tumore al cervello: “È diventato ancora più violento e un giorno ha cercato di buttarmi giù dal balcone”. Eppure quando nel soggiorno di casa lo ha colto un attacco epilettico lei, nonostante tutto, ha chiamato il 118, lo ha seguito in ambulanza e gli è rimasta accanto.

LA FUGA – Ma la situazione era ormai insostenibile. Così Slavi, dopo l’ennesima minaccia, ha deciso di andare via: “Sono scappata di casa, in infradito e pantaloncini, sono corsa a prendere i miei figli al parco e poi dai carabinieri per fare la denuncia”. Sono stati affidati prima a una struttura, ma lui ha scoperto dove si trovavano. Così, nel 2011, Slavi e i suoi bambini sono  stati accolti al Villaggio di SOS. Lui è stato arrestato. Gli hanno dato sei anni e dieci mesi, ma poi è evaso. È stato anche in Serbia, minacciando i suoceri con continui messaggi. “Mia madre lo ha denunciato – racconta Slavi – e i poliziotti serbi gli hanno proibito di avvicinarsi. Quando ha cercato di tornare in Italia è stato bloccato e arrestato in Svizzera”.

LA VITA AL VILLAGGIO DI SOS BAMBINI – La cosa più importante accaduta al Villaggio di SOS è stata la possibilità per Slavi di rimanere accanto ai figli. “Ci hanno dato tranquillità e serenità – sottolinea – insieme a un supporto psicologico e morale di cui avevamo disperatamente bisogno”. Perché insieme ai ricordi, ci sono i segni delle violenze sul corpo. “Adesso ho molte paure – racconta – se vado a farmi la doccia, non chiudo mai la cabina perché altrimenti mi sento soffocare. Se mi trovo in un posto e non posso alzarmi e andarmene via quando voglio io, mi viene un attacco di panico e di claustrofobia”. Al Villaggio di SOS Slavi ha iniziato a lavorare e, giorno dopo giorno, lei e i suoi figli si sono abituati a una nuova vita. “Questa per me è una seconda famiglia. Oggi mia figlia maggiore ha 20 anni, lavora e va all’università, fa tutto da sola. Gli altri hanno 14, 12 e 10 anni. I miei ragazzi sono stati veramente bravi” racconta con orgoglio. “Forse anche io li ho salvati in tempo – aggiunge – ma molto lo dobbiamo agli psicologi di SOS Villaggi dei Bambini che hanno fatto un lavoro stupendo con i miei figli. Anche io ho ritrovato la forza di combattere che avevo perso. Io che da ragazza non mi sarei mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Spero che la mia storia possa servire a chi si trova nella mia stessa situazione”.

LA CAMPAGNA  – I numeri delle violenze sulle donne, in Italia, vanno di pari passo con quelli delle condanne per maltrattamenti in famiglia che è più che raddoppiato negli ultimi 15 anni, passando da 1.320 nel 2000 a 2.923 nel 2016. Secondo l’osservatorio di SOS Villaggi dei Bambini negli ultimi anni sono aumentate le richieste di aiuto di donne che chiedono protezione per sé e per i figli. “Sostenere la campagna – spiega Roberta Capella, direttore generale dell’organizzazione – significa aiutare a costruire il futuro di tante mamme vittime di violenza e dei propri figli, offrire loro un luogo dove poter ritrovare il calore e la protezione di una casa e per far vivere ai bambini l’infanzia che meritano”. Con la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi ‘Non è un gioco’ si sosterrà il progetto “MammaBambino” di SOS Villaggi dei Bambini, con cui già oggi l’organizzazione gestisce una rete di alloggi in grado di accogliere circa 33 giovani donne con i loro figli, per un totale di circa 90 beneficiari l’anno. Si può sostenere la campagna con sms o chiamata da rete fissa al numero solidale 45590 fino al 3 marzo 2019. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Iliad, Coop Voce, Tiscali. Sarà di 5 euro per le chiamate da rete fissa TWT, Convergenze, PosteMobile, e di 5 e 10 euro da rete fissa TIM, Wind Tre, Fastweb, Vodafone e Tiscali.