"Firenze in festa" di Marco Ferri è un viaggio, da gennaio a dicembre, tra gli appuntamenti più spettacolari della città. Un modo per ricordare la storia anche dei suoi governanti visionari (in senso buono). Che fecero della Toscana il primo Stato senza pena di morte. E tutelarono i beni culturali nel passaggio di consegne tra sovrani
Avete già pensato a cosa fare a Capodanno? Non manca molto: poco più di un mese. Non in via Sarpi a Milano né nelle comunità ebraiche. Ma a Firenze: il Capodanno fiorentino infatti cade il 25 marzo e si festeggia ancora, anche senza cenone, spumante e botti. Dal Duemila viene ricordato con una sfilata del Corteo della Repubblica Fiorentina, ma la città era talmente legata al proprio scandire dell’anno che quando Papa Gregorio XIII inaugurò il calendario che da allora regola la clessidra del mondo la città del Giglio per aggiornarsi
Ferri con questo libro mette a frutto tutte le sue conoscenze, con un lavoro che riesce a mettere insieme aneddoti e leggende con la storia (in buona parte, inevitabilmente, quella dei Medici), l’arte e le tradizioni popolari di Firenze, sempre a metà tra il religioso e il pagano. Le feste, appunto: quelle più conosciute (come lo Scoppio del Carro a Pasqua o il torneo del calcio in costume) e quelle meno, forse anche per qualche fiorentino. “Il passato ci cerca – scrive Ferri nell’introduzione – E’ la nostra memoria, è l’identità della civiltà cui apparteniamo e, se si ha la fortuna di ammirarlo e capirlo, non può che insegnarci a vivere meglio”.
Tra queste storie se ne possono citare un paio che fanno anche da simbolo dell’avanguardia di una certa visionarietà moderna e anticipatrice di diversi granduchi di Toscana tra il Cinquecento e il Settecento. La prima è la Festa della Toscana che si festeggia ancora oggi nelle scuole della regione: celebra l’entrata in vigore nel 1786 della riforma penale, col Codice Leopoldino voluto dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena. Con la cosiddetta “Leopoldina” la Toscana fu il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte.
Il 18 febbraio, invece, per tutto il giorno come ogni anno il Comune di Firenze celebrerà l’Elettrice Palatina, cioè Anna Maria Luisa de’ Medici, figlia di Cosimo III e sorella di Gian Gastone, l’ultimo della dinastia che per trecento anni ha guidato Firenze e quasi tutta la Toscana. Elettrice Palatina: veniva chiamata così perché era la vedova di Johann Wilhelm von der Pfalz-Neuburg di casa Wittelsach, che era appunto Elettore Palatino. Gian Gastone infatti non aveva avuto nessun erede: era un intellettuale colto, che si comportò più o meno come una rockstar ma alla moglie Anna Maria Francesca di Sassonia preferiva il suo party planner Giuliano Dami. E così, mentre il granducato passava di mano alla nuova dinastia dei Lorena (che avrebbe governato con varie interruzioni fino al 1860), Anna Maria Luisa ebbe l’intuizione – visionaria – di preoccuparsi della salvezza del patrimonio artistico di Firenze. Con una “nuova arma”, come sottolinea Ferri, “quella del diritto”. All’articolo 3 del “Patto di Famiglia” con cui nel 1737 le collezioni d’arte dei Medici venivano cedute a Francesco Stefano dei Lorena le opere venivano “vincolate” per sempre a Firenze e alla Toscana. “Per utilità del pubblico e per attirare la curiosità dei forestieri”, c’è scritto nel Patto. “Una lungimiranza – conclude Ferri – rispettata in toto”.