“Noi costretti a produrre atti illegali? Se non l’abbiamo fatto e stiamo andando via, fatevi delle domande”. C’è una regia dietro le vicende degli ultimi mesi? “Stiamo mettendo in fila i fatti. In settimana ci sarà una conferenza stampa. Voi fatevi delle domande e datevi delle risposte. Noi abbiamo fatto lo stesso”. E poi sul coinvolgimento degli inquirenti: “Abbiamo fiducia che la verità verrà a galla”. Sono le ultime parole di Lorenzo Bagnacani da presidente di Ama Spa, dopo la revoca del cda da parte del Campidoglio. Parole che sembrano ammiccare all’inchiesta aperta dalla Procura di Roma per la quale è stata già sentita l’ex assessora all’Ambiente, Pinuccia Montanari.

Tutto ciò mentre rischia di slittare alle calende greche non solo la nomina dei nuovi vertici (“servirà una call”) ma addirittura il nuovo piano industriale, il documento da 500 pagine che indica come arrivare al traguardo del 75% di differenziata entro il 2023, su cui “bisognerà rimettere mano”. È sempre più profonda la crisi in cui verte Ama Spa, la municipalizzata capitolina su cui si sono aperti anche i fari della Procura della Repubblica di Roma. L’ordinanza di Raggi – controfirmata dal segretario generale e dall’assessore al Bilancio e introdotta da una missiva del capo di gabinetto – rimuove il presidente del cda Lorenzo Bagnacani e i due consiglieri Vanessa Ranieri e Andrea Masullo, in favore di un interim del Collegio sindacale guidato da Mauro Lonardo, lo stesso che con il suo parere ha ispirato la bocciatura del Bilancio 2017 di Ama da parte del Campidoglio.

Secondo il provvedimento della Giunta vi sono “ipotesi di violazione di obblighi di legge e/o statutari” per cui si è proceduto a una “rimozione per giusta causa”. Dove la giusta causa starebbe nella volontà del cda di non voler approvare il bilancio 2017 inserendo il fondo rischi da 18 milioni sui crediti contestati dal Comune nel conto economico. Determinando dunque una perdita d’esercizio. A quanto risulta a IlFattoQuotidiano.it, almeno due dei tre componenti rimossi sono pronti a presentare istanza di risarcimento danni. Ma è sulla legittimità dell’operazione che i tre hanno posto seri dubbi. “Può mai il controllore prendere il posto del controllato”? Secondo il codice civile sì, ma solo per “gli affari correnti” e non per l’approvazione del bilancio.

UNA GIORNATA TURBOLENTA – Surreale la giornata passata dai protagonisti di questa diatriba presso la sede Ama di via Calderon de la Barca. Il collegio sindacale guidato da Lonardo avrebbe voluto prendere i “pieni poteri” subito, già da oggi, sulla base dell’articolo 2386 del codice civile, secondo cui “se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione”. Una lettura subito contestata dal presidente del cda rimosso, Bagnacani, che ha anteposto l’interpretazione dell’articolo 2403 dello stesso codice – che elenca i doveri del collegio sindacale –, l’articolo 17/b dello statuto di Ama (che non prevede la fattispecie) e, soprattutto, il parere dello studio LC&P che definisce “decaduto” il collegio dei sindaci. E come può un collegio decaduto subentrare a un cda se non è più in carica? Un ‘cul de sac’ amministrativo senza precedenti. Il risultato è che Bagnacani, Ranieri e Masullo si sono asserragliati nei loro uffici negando la legittimità dell’ordinanza sindacale. “Ci troviamo come a Caracas”, commentava qualcuno dai piani alti della municipalizzata, individuando nella metafora dei due presidenti venezuelani autolegittimatosi, Maduro e Guairò, la situazione dell’azienda dei rifiuti. Per questo motivo è stato chiesto un parere pro-veritate allo studio di avvocati guidato da Pietro Cavasola (che in passato è stato anche consulente Ama). Il parere arrivato a tarda sera ha però dato ragione alla Giunta capitolina.

CHE FINE FA IL PIANO INDUSTRIALE? – Ma ora è il futuro della raccolta a Roma a essere in forte dubbio. “Dovremo rivedere anche il piano industriale”, ha confessato Virginia Raggi in mattinata alle sigle sindacali, parlando delle 500 pagine messe a punto dal cda – e in particolare dal ‘tecnico’ Andrea Masullo – che avrebbero dovuto segnare il futuro di Ama a livello di impianti di smaltimento per differenziata e indifferenziata. Il piano ‘zero waste’ tanto auspicata dal M5S e dalla prima cittadina, bloccato da un piano che – anche se il bilancio 2017 venisse approvato subito – subirà comunque una completa revisione, perché firmato da vertici sostanzialmente sfiduciati. Con i suoi 13 impianti – fabbriche di materiali, vetrificatori, compostaggio – i cui iter slitteranno ulteriormente. “Dopo 32 mesi la Sindaca ammette il fallimento di tutte le scelte fatte finora sui rifiuti – dice Svetlana Celli, consigliera capitolina di centrosinistra – Prende finalmente atto di una situazione sotto gli occhi di tutti, con un’azienda completamente destrutturata, costretta a lavorare su obiettivi sbagliati e portata sull’orlo del fallimento.

LAVORATORI IN STATO DI AGITAZIONE – Particolarmente preoccupati i 7.000 lavoratori della municipalizzata. Che ieri mattina si sono riuniti in assemblea subito dopo l’annuncio di Raggi di aver provveduto a revocare i vertici. “La sindaca ci ha rassicurato sulla regolare erogazione degli stipendi – ha spiegato Natale Di Cola, segretario della Cgil Fp – e sul fatto che il Campidoglio garantirà rispetto alle eventuali rimostranze delle banche. Dunque, per il momento, le motivazioni per un eventuale sciopero non starebbero in piedi”. Resta lo stato di agitazione. I lavoratori hanno espresso il loro nervosismo in assemblea e hanno ribadito una scarsa fiducia nell’attuale modus operandi dell’amministrazione. “Per quanto ci riguarda, ben vengano le rassicurazioni, ma servono fatti, e in tempi rapidissimi. Aspettiamo la successiva convocazione non appena saranno nominati i nuovi vertici”. Giuliano Pacetti, capogruppo M5s in Campidoglio, su Facebook ha scritto che “chi non riesce a stare al passo deve essere sostituito, la nostra amministrazione è pronta a fare qualunque cosa affinché l’azienda sia efficiente e in grado di garantire ai cittadini un servizio adeguato”.

PROSEGUONO LE INDAGINI – Nel frattempo, presso la Procura di Roma proseguono le indagini aperte dopo il dettagliato esposto presentato da Bagnacani. I componenti del consiglio d’amministrazione uscente si aspettano a breve una convocazione come persone informate sui fatti. A quanto si apprendere, quello che interessa ai pm, in particolare, sarebbe capire se esiste una sorta di “conflitto di interesse” rispetto alla contestazione del credito da 18 milioni sui servizi cimiteriali. Roma Capitale, infatti, è sia debitore che socio unico, e in qualità di socio impone alla sua controllata di cancellare – di fatto – un debito che pesa sul suo bilancio. Una “imposizione” certificata dalla delibera approvata venerdì scorso dalla Giunta capitolina sulla base delle “indicazioni del Collegio sindacale”. È stato fatto notare agli inquirenti, fra l’altro, che il Collegio presieduto da Lonardo – che è sindaco anche di Poste Italiane, Eni e Mediaset ed è in Ama da 11 anni – nell’agosto scorso era stato di fatto rimosso, prima che sui sostituti vertessero illegittimità che ne osteggiavano le nomine. Cosa è cambiato da quel momento? Perché il collegio non è stato più rimosso (oltre la sua naturale scadenza)? E soprattutto: come mai gli stessi sindaci non avevano mai contestato il credito, hanno cambiato idea con un secondo parere pervenuto all’indomani della presunta decadenza? Tutte domande cui gli inquirenti sono chiamati a rispondere.

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