La Vanoli Basket, il cui proprietario ha un 'mega' ferramenta, conquista il primo trofeo della sua storia grazie alla forza del gruppo. In finale ha sconfitto l'Happy Casa Brindisi, altra squadra concepita per obiettivi 'minimal' ma che sta disputando una stagione oltre ogni aspettativa. Mentre le big Milano e Venezia restano forti senz'anima: è la rivincita del 'basket normale'
“Si è aperta una strada che abbiamo saputo prendere”. La Vanoli Cremona l’ha imboccata, e quella strada domenica sera, a Firenze, ha portato i biancoblu ad alzare la Coppa Italia di pallacanestro, al termine di quattro giorni che un blog del New York Times ha esaltato per il loro ‘drama’ che raccontano come il basket “normale”, quello di provincia, riesca a vincere grazie alla caparbietà e alla programmazione delle piccole realtà.
Due estati fa la Vanoli era retrocessa, Sacchetti era arrivato a Cremona per le fare la A/2. Poi Caserta che non si iscrive al campionato, Cremona che viene ripescata. Così quanto è successo al Mandela Forum assume ancora più valore. La piccola che s’è fatta grande, e che alle grandi tiene testa, pure in campionato: sta lassù, ad un’incollatura dalle prime della classe. La vittoria (83-74) contro una Brindisi stanca, che fisicamente non ne aveva più complice due match difficili con Avellino e Sassari, per Cremona è la terza larga vittoria in quattro giorni.
Quattro, come i nomi che spiccano in un gruppo che non ha vere voci soliste: Sacchetti, il condottiero che nell’assemblaggio si è avvalso dell’occhio lungo di Gianmaria Vacirca; il patron Aldo Vanoli, proprietario di un’azienda di ferramenta con la sua smisurata passione per la pallacanestro; Giampaolo Ricci, chiamato a Cremona per fare la A/2 e ora esaltato dalla cura-Sacchetti; Andrew Crawford, il ‘figlio di’ (suo padre è uno storico arbitro Nba) arrivato senza troppi clamori ed eletto Mvp della Final Eight di Coppa Italia. Tre diventano, invece, le vittorie in Coppa di Sacchetti dopo i successi di Sassari: “Questa è diversa, ma non meno bella”, confida al quotidiano La Provincia.
“È il premio a tanti anni di sacrifici – sono invece le parole di Aldo Vanoli raccolte da Cremona1Tv a fine gara – Credere e lavorare porta a questo. D’altra parte sognare è lecito, almeno questo non toglietecelo”. In realtà non sono sogni, di più. Lo racconta la storia dell’altra finalista, assai simile. Cremona e Brindisi sono città lontane, ma affinità cestistiche le avvicinano: due società che hanno saputo costruire, grazie alle rispettive guide, Sacchetti e Vitucci, due squadre solide, attorno a due fidi scudieri dei rispettivi coach, Travis Diener e Adrian Banks, già condottieri con gli stessi allenatori a Sassari il primo e negli anni di Varese ed Avellino il secondo. “C’era in palio una bella pagina di storia da scrivere – dice a Ilfattoquotidiano.it il presidente di Brindisi, Nando Marino – L’ha scritta Cremona. Bravi loro. Ma anche per noi, arrivare fino a qui, è stato un miracolo sportivo”.
“Vi avevamo promesso di dare il massimo, lo abbiamo fatto – ha scritto ai tifosi Banks dopo la sconfitta in finale – Grazie a tutti, ora c’è ancora tanto basket da giocare. Restiamo concentrati per raggiungere il prossimo obiettivo della stagione”. C’è da scommetterci: come in Coppa Italia, l’anima di Cremona e Brindisi si rivedrà in primavera per i playoff scudetto. Le big sono avvisate.