È in gioco la credibilità della Chiesa cattolica. Non bisogna girarci intorno, a caccia di eventi mediatici o peggio ancora di spot propagandistici che producono solo tanto fumo, ma che poi lasciano immutata la cruda realtà. Quella che si apre per la Chiesa di Roma è una settimana cruciale. Che lo si voglia o no. Un punto di snodo epocale. E bisogna dare atto a Papa Francesco di aver avuto il coraggio di convocare in Vaticano tutti i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo per un summit sugli abusi del clero che non ha precedenti nella storia. Come non ha precedenti la riduzione allo stato laicale dell’ex cardinale Theodore Edgar McCarrick colpevole di pedofilia.
Il coraggio di Bergoglio segnerà questo pontificato. Sì, perché bisogna innanzitutto chiamare questo orrore della piaga della pedofilia con il proprio nome e a voce alta, facendo pubblicamente mea culpa di ciò che è avvenuto in passato e lavorando perché non avvenga mai più. Prima di tutto, quindi, il coraggio della verità. Quella verità troppe volte nascosta dagli occultatori di professione, che proprio grazie a questa infame operazione hanno potuto fare grande carriera nella Chiesa.
Già con Benedetto XVI il quadrante del cattolicesimo ha segnato un tempo di svolta. Una svolta epocale, per nulla facile, indigesta a molti e avversata anche dalle massime gerarchie. Ma una svolta dalla quale non si è più tornati indietro. E l’opera di Francesco oggi ne è la più grande dimostrazione. Con altrettanta chiarezza e lucidità bisogna, però, ammettere che la pedofilia del clero non finirà improvvisamente dopo decenni, e forse dopo secoli, con il termine del vertice sugli abusi. Sarebbe ingenuo crederlo.
Ciò che questo summit consegnerà alla Chiesa cattolica in tutto il mondo sarà non solo il coraggio di affrontare la piaga degli abusi, ma una procedura uguale per tutti all’insegna della tolleranza zero, da adottare immediatamente allorché si presenti un caso di pedofilia. I vescovi saranno formati per poter subito intervenire radicalmente ed evitare di continuare a coprire come si è fatto fino a oggi: abusatori seriali spostati di parrocchia in parrocchia con la complicità dei loro superiori. Quando non sono stati gli stessi cardinali e vescovi a macchiarsi di questa piaga abominevole. Questo è l’effetto del cosiddetto clericalismo, contro il quale giustamente si è scagliato il Papa nella lettera sulla pedofilia che ha scritto a tutti i fedeli del mondo.
C’è un altro aspetto molto importante sul quale bisogna fare chiarezza. La pedofilia non ha nulla a che fare con l’omosessualità. E chi la confonde commette un errore gravissimo. La Chiesa deve combattere la pedofilia del clero e sradicarla completamente. Pena, appunto, la sua credibilità. Bergoglio non ha paura di ricercare la verità con tutte le sue forze. Lo si è visto nella gravissima crisi della Chiesa cilena, con tutti i suoi vescovi costretti alle dimissioni per non aver saputo gestire la pedofilia. Lo si è visto nell’altrettanto grave crisi della Chiesa statunitense, con le cifre degli abusi a dir poco sconvolgenti. Lo si è visto ancora prima nella sconfortante e grave crisi della Chiesa irlandese alla quale già rispose con fermezza Ratzinger. Lo si è visto anche con serie politiche di contrasto agli abusi messe in atto, per esempio, dalla Chiesa italiana.
Non slogan ma gesti concreti, come ha chiesto più volte Francesco. A iniziare dall’ascolto delle vittime. Sì, perché è proprio qui che la Chiesa ha veramente fallito, non ascoltando le vittime degli abusi e facendole passare per decenni come dei calunniatori di professione. Non a caso il Papa ha voluto che, prima del vertice sulla pedofilia, le Conferenze episcopali di tutto il mondo ascoltassero alcune vittime prendendo così maggiore consapevolezza non solo delle atrocità delle violenze, ma anche della complicità dei vescovi che per decenni hanno coperto gli abusatori seriali. Alla Chiesa cattolica Bergoglio chiede di cambiare. Non per una settimana, ma per sempre. E lo fa con un coraggio che gli deve essere riconosciuto e tributato universalmente.