Sindaco e assessori. Tutti rinviati a giudizio per abuso d’ufficio e falso. Lo ha deciso il gup di Reggio Calabria su richiesta del procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Walter Ignazitto che hanno chiesto e ottenuto il processo per il sindaco Giuseppe Falcomatà (Pd) e per tutta la sua giunta composta da Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti. Al centro dell’indagine c’è l’affidamento del Grand Hotel Miramare all’imprenditore Paolo Zagarella (anche lui rinviato a giudizio) che, durante la campagna elettorale del 2014, aveva concesso i suoi locali per la segreteria di Falcomatà. Anche Zagarella, in qualità di presidente e legale rappresentante dell’associazione “Il sottoscala”, è stato rinviato a giudizio assieme al segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva e alla dirigente comunale Maria Luisa Spanò che si occupava del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico”.

Il processo per tutti inizierà il 18 aprile, mentre l’ex assessore Angela Marcianò ha chiesto di essere processata con il rito abbreviato che si concluderà il prossimo 18 marzo. In sostanza, stando al capo di imputazione contestato dalla Procura, sindaco e giunta hanno concorso il 16 luglio 2015 ad adottare una delibera con la quale “statuivano l’ammissibilità della proposta proveniente dall’associazione “Il Sottoscala” per l’utilizzo del piano terra del “Miramare”, uno dei palazzi storici e prestigiosi di Reggio Calabria. Con quella delibera, l’amministrazione Falcomatà ha incaricato la dirigente Spanò per l’assegnazione dell’immobile all’imprenditore Zagarella consegnando a quest’ultimo le chiavi del Miramare.

Secondo i pm, però, sindaco e assessori hanno violato “i doveri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione” previsti dalla legge in quanto “omettevano di dare preventivo avviso pubblico per consentire a terzi di manifestare l’interesse per l’assegnazione dell’immobile”. In altre parole nessun bando pubblico ma una concessione diretta. Impietosi i pm che accusano la giunta di aver concordato “l’affidamento con la sola associazione ‘Il Sottoscala’, indebitamente beneficiando Zagarella che (al fine di ottenere l’assegnazione, utilizzando lo schermo formale della onlus) veniva nominato presidente dell’associazione il giorno precedente la delibera di giunta”. Il sospetto, secondo i magistrati, è che proprio con Zagarella, Falcomatà e i suoi assessori avessero concordato “modalità e tempi di presentazione dell’istanza, assumendo nei suoi confronti l’impegno all’affidamento temporaneo dell’immobile prima della formale deliberazione di giunta”.

In questo modo lo stesso imprenditore che, durante la campagna elettorale per le comunali del 2014, ha concesso i locali della segreteria del sindaco, ha ricevuto le chiavi del Miramare prima della formale assegnazione dell’immobile e prima della data di pubblicazione della delibera sull’albo pretorio del Comune. Se questo, per la Procura, si chiama abuso d’ufficio, il reato di falso si sarebbe consumato il 5 agosto 2015 quando Falcomatà e il segretario comunale Acquaviva, “di intesa con gli altri assessori e con il dirigente Spanò”, hanno pubblicato la delibera di giunta scritta il mese prima “attestando falsamente” che la decisione di assegnare il “Miramare” all’associazione “Il Sottoscala” era stata assunta “con voto unanime in data 16 luglio 2015”. In realtà “la discussione relativa all’affidamento” si era protratta in occasione della riunione il 27 luglio”, cioè 11 giorni dopo, “in presenza di opinioni divergenti in seno alla giunta”.

E mentre a Palazzo San Giorgio, sede del Comune, si discuteva tra assessori e dirigenti comunali, all’imprenditore Zagarella erano state date le chiavi del Miramare non “per raccogliere elementi di valutazione per la successiva procedura ad evidenza pubblica” come è scritto nella delibera incriminata ma “sulla base – sostengono i magistrati che hanno coordinato le indagini – degli accordi assunti con il sindaco Falcomatà”. Prima della richiesta di rinvio a giudizio, durante la fase delle indagini, il pm Antonio Cristillo (all’epoca in servizio a Reggio Calabria) aveva chiesto l’archiviazione per gli indagati. Circostanza ricordata in aula da quasi tutti i difensori interessati nel processo. Quella richiesta fu bloccata dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni che volle proseguire le indagini e a cui oggi il gup ha dato ragione.

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