L'ospedale Sant'Andrea di Roma ha indetto una selezione per 258 posti e ha ricevuto già 26mila domande, nel quadro del tanto sospirato sblocco delle assunzioni. Ma gli operatori sanitari “atipici”, dipendenti di coop e di società interinali, cui negli ultimi 10 anni le Asl hanno attinto a piene mani pur di bloccare l’emorragia di pensionamenti, dovranno gareggiare senza che venga riconosciuta la loro esperienza lavorativa
Hanno tirato la carretta per 10 anni. O anche di più. Hanno fatto sì che la fragile sanità laziale reggesse l’urto della crisi nonostante la spada di Damocle di un commissariamento, lavorando ogni giorno nell’emergenza allo stesso livello e con le stesse responsabilità dei loro colleghi più “fortunati”. Eppure, oggi che si profila il tanto sospirato sblocco delle assunzioni, in 3.500 rischiano di rimanere al palo, magari “colpevoli” di non ricordare – ad esempio – la data della presa della Bastiglia o il nome dell’autrice di Orgoglio e Pregiudizio. E il prossimo concorso per 258 persone all’Ospedale Sant’Andrea di Roma – per il quale sono arrivate già 26.000 domande – rischia di essere un bagno di sangue.
Arriva al pettine, nel Lazio, il nodo degli operatori sanitari “atipici”, dipendenti di cooperative o addirittura di società interinali, cui in questi 10 anni le Asl del territorio hanno attinto a piene mani pur di bloccare l’emorragia di pensionamenti e fronte dello stop alle assunzioni. Lavoratori di serie B in tutto e per tutto, che per guadagnarsi il “posto fisso” ora dovranno gareggiare con una folla oceanica di contendenti, senza che la loro esperienza lavorativa possa rappresentare almeno una discriminante, un titolo di merito che possa farli emergere dalla massa. In pratica, come in quegli ospedali non avessero mai lavorato un solo giorno.
I NUMERI DEL PRECARIATO – Andiamo con ordine. Secondo i dati forniti a IlFattoQuotidiano.it dalla Cisl Fp Lazio, attualmente negli ospedali della Regione operano circa 2.200 dipendenti Asl a tempo determinato che aspettano la stabilizzazione assicurata a più riprese dal presidente Nicola Zingaretti, cui si aggiungono – appunto – i 3.500 lavoratori di cooperative e agenzie interinali. Secondo il sindacato, sommate tutti queste persone ai dipendenti a tempo indeterminato, considerato il sotto organico, i pensionamenti e le uscite per ‘quota 100’, per il prossimo triennio servirebbero almeno altre 8.500 assunzioni ex novo. Il governatore, anche nei giorni scorsi, ne ha promesse 5mila appena la Regione riuscirà ad uscire dal commissariamento. Cosa che – salvo colpi di scena – dovrebbe avvenire entro il 2019.
Per legge, però, non si può assumere senza concorso e fra chi aspira ad entrare solo i dipendenti Asl precari hanno superato una selezione, non certo quelli arruolati dalle cooperative, i quali non possono ambire ad un canale preferenziale per rientrare nelle 2.800 posizioni libere. “Queste persone possono liberamente partecipare al concorso”, spiegano dalla Regione Lazio. Ma la Cisl non ci sta. “Sappiamo che non si può assumere senza selezione pubblica – afferma il segretario di Roma e Lazio, Roberto Chierchia – ma 10-15 anni di servizio devono valere pur qualcosa. E invece questi lavoratori rischiano di ritrovarsi incagliati nei meandri di un test di cultura generale che vede i più giovani evidentemente avvantaggiati”.
IL CASO DELL’UMBERTO I – Il caso-scuola è quello del Policlinico Umberto I. Il 7 dicembre 2018 la direzione generale dell’ospedale romano aveva disposto l’assunzione di 153 infermieri sulla base dello scorrimento di una graduatoria del 2017, cui sarebbe seguita la puntuale sostituzione di dipendenti della Cooperativa Osa, che opera da 15 anni all’interno del Policlinico con oltre 700 persone. Questi ultimi, ovviamente, nel 2017 parteciparono in massa al concorso ma, come spiega Chierchia, “solo 35-40 persone riuscirono a superare le pre-selezioni”. E solo un accordo fra la Regione Lazio, i vertici dell’ospedale e i sindacati, sottoscritto il 21 gennaio scorso, è riuscito a salvarli dal licenziamento. Almeno per ora. “Anche il concorso del Sant’Andrea segue gli stessi criteri”, dice il sindacalista, che ora chiede alla Regione Lazio di “far valere gli anni di servizio come titolo, affinché a queste persone possa essere riconosciuto il lavoro fin qui svolto e di potersi giocare le loro chance alla pari con chi, legittimamente, aspira ad entrare ex novo”.
LA NORMA DEL GOVERNO – Dall’entourage dell’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, viene spiegato che “ci sono delle regole da rispettare” e che “i criteri vengono dettati dalle leggi dello Stato”. A questo proposito, si fa riferimento a un provvedimento del Ministero dell’Istruzione che, nell’ultima Legge Finanziaria, ha inserito una norma che consente l’internalizzazione dei bidelli scolastici dipendenti delle cooperative. “Servirebbe una norma simile”, sottolineano da via Rosa Raimondi Garibaldi. Non del tutto d’accordo il sindacato. “Sicuramente ci faremo sentire anche presso il Governo – spiega Chierchia – ma quando si parla di sanità la Regione ha molte armi in più per farsi valere. Non vorrei fosse uno scaricabarile. Il Lazio torni ad essere una Regione normale”.